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Regime di 41bis a Giovanni Riina: la Cassazione sospende #finsubito prestito immediato


Un provvedimento controverso

La Cassazione ha recentemente accolto con rinvio il ricorso di Giovanni Riina, figlio del boss mafioso Totò Riina, annullando il decreto che prorogava il regime del 41 bis. La decisione della Suprema Corte di annullare la proroga del 41bis a Giovanni Riina è stata motivata dalla mancanza di un’adeguata argomentazione nel decreto del Tribunale di Sorveglianza di Roma. La pubblicazione della posizione giudiziaria ha suscitato un acceso dibattito politico e sociale. Per la prima volta, dopo anni di proroghe biennali, il regime carcerario del 41 bis viene sospeso per il mafioso condannato per omicidio e associazione a delinquere.

Secondo la Cassazione, il provvedimento «non realizza un percorso argomentativo effettivo e idoneo a dare conto della ‘perdurante necessità’ di sottoporre il ricorrente al regime differenziato del 41 bis» del regime differenziato. Il Tribunale di Sorveglianza aveva evidenziato la pericolosità del detenuto, sottolineando che l’associazione mafiosa di riferimento è ancora attiva e che Riina non ha mostrato segni di ravvedimento, mantenendo una condotta carceraria irregolare.

Le reazioni politiche: un coro unanime contro la decisione

La decisione della Cassazione di prorogare il regime di 41bis a Giovanni Riina ha provocato reazioni immediate da parte del mondo politico. Chiara Colosimo, presidente della Commissione parlamentare antimafia, ha dichiarato che la vicenda di Giovanni Riina “non conosce dissociazioni” e che il suo nome continua a incutere timore. La Colosimo ha inoltre annunciato l’intenzione di esaminare le carte del caso e di mobilitare la Commissione per difendere il regime del 41 bis.

Andrea Delmastro delle Vedove, sottosegretario alla Giustizia, ha espresso rispetto per la Suprema Corte, ma ha ribadito l’intenzione di insistere sull’applicazione del regime di carcere duro. “La conclamata e attuale pericolosità mafiosa di Giovanni Riina non consente di abbassare la guardia” ha affermato, aggiungendo che verranno rappresentati tutti gli elementi raccolti dagli investigatori per dimostrare il rischio che rappresenta.

Anche Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia, ha sottolineato l’importanza del 41 bis come strumento per combattere la mafia e ha dichiarato che la sua difesa resterà una priorità assoluta per il governo. “Non ci saranno cedimenti nella lotta alla mafia,” ha assicurato, lanciando un monito di continua protezione e rivendicazione del 41bis come sistema carcerario integrato nella società.

Il caso Riina: 28 anni di carcere e la mancata dissociazione

Giovanni Riina è in carcere dal 1996 e sottoposto al regime del 41 bis dal 2002. Il Tribunale di Sorveglianza, nel confermare il provvedimento lo scorso giugno, aveva descritto Riina come sovraordinato rispetto ad altri membri dell’associazione mafiosa. Inoltre, aveva rilevato la mancanza di segnali di pentimento e la capacità del detenuto di mantenere contatti con l’esterno.

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I difensori di Riina avevano contestato il decreto, sostenendo che mancava una valutazione aggiornata sulla sua pericolosità. Questa argomentazione è stata accolta dalla Cassazione, che ha giudicato “meramente apparente” la motivazione del Tribunale, aprendo così la strada a un possibile allentamento del regime di carcere duro per il mafioso.

Le implicazioni sulla lotta alla mafia

La decisione della Cassazione sulle condizioni di 41bis a Giovanni Riina ha acceso un dibattito sul delicato equilibrio tra rispetto delle procedure giuridiche e necessità di contrastare la criminalità organizzata. Giuseppe Antoci, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, ha criticato duramente la sentenza, affermando che un vizio di forma non può minacciare o annullare gran parte della storia della lotta alla mafia, che esiste da più di trent’anni. Secondo Antoci, i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati, ma non si può ogni volta riconsiderare il pericolo rappresentato da mafiosi conclamati come Riina.

Il 41 bis è stato spesso descritto come uno strumento cruciale per isolare i boss mafiosi e interrompere i loro contatti con l’organizzazione criminale. La sua applicazione richiede però una rigorosa giustificazione giuridica, il che rappresenta una sfida nei casi di lunga durata, come quello di Giovanni Riina.

Un messaggio di fermezza

Nonostante le polemiche, il governo e le istituzioni hanno ribadito il loro impegno nella lotta alla mafia. Il sottosegretario Delmastro e la presidente Colosimo hanno sottolineato che la battaglia contro la criminalità organizzata non può permettersi arretramenti.

Il caso Riina, che si posiziona in una tela molto più complicata a livello familiare, rappresenta un banco di prova per l’efficacia degli strumenti normativi contro la mafia e per il sistema giuridico italiano. Mentre la Cassazione rimanda il caso al Tribunale per una nuova valutazione, il dibattito su come bilanciare diritti costituzionali e sicurezza pubblica rimane aperto, alimentando un confronto cruciale per il futuro della lotta alla mafia in Italia.

Lucrezia Agliani



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