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Manovra “blindata” in Senato e le opposizioni protestano: “Parlamento mortificato e umiliato” #finsubito richiedi prestito immediato


In Senato è giunta l’ora per la Manovra della sua seconda lettura. Quando l’anno sta per volgere al termine, con feste natalizie di mezzo, l’esame appare “blindato”: dunque non possono essere fatte modifiche. Si tratta di un metodo divenuto ormai di prassi ma che suscita la protesta delle opposizioni, in particolar modo contro i ritardi nella Manovra stessa. Italia Viva, Movimento 5 stelle, Alleanza Verdi e Sinistra e Pd si sono, infatti, lamentati delle modalità con cui si procede da anni alla lettura della Legge di Bilancio. Un metodo, secondo i senatori dell’opposizione che porterebbe quasi a un “monocameralismo di fatto” che umilia il Parlamento e che non vogliono far passare sotto silenzio.

Difatti, denunciano e rivendicano attraverso una proposta rivolta a governo e maggioranza, secondo cui occorrerebbe fare immediatamente una riforma. Ma, non sembra che tale imput venga invece colto dall’interlocutori, i quali puntano per il momento sul contenuto della manovra, di cui vanno estremamente fieri, soprattutto dall’ambito natalità. Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, tiene a sottolineare che tra assegno unico e bonus bebé, si arriva a “5.540 euro nell’arco del primo anno” per salire a 7mila dal terzo figlio, ottenendo un valore complessivo di 330 milioni nel 2025, per altrettante famiglie. Infatti, la Premier rivendica il principio secondo cui continuerebbero “a mantenere gli impegni che abbiamo preso con gli italiani“.

Manovra, un iter simbolico

Quindi, l’opposizione vuol far comprendere che l’iter in Senato che la Manovra dovrebbe affrontare è oramai divenuto una formalità. Perché una volta che si viene a incardinare il provvedimento in Aula, l’esame in commissione si chiuderà venerdì ma senza entrare nel merito delle questioni. Il testo passerà poi in Aula, dove il 28 dicembre incasserà il via libera definitivo. Nonostante qualcuno abbia il coraggio di immaginarlo, è difficile che si realizzi l’ipotesi di procedere senza piazzare la fiducia. In verità, nel caso in cui “ci fossero pochi emendamenti, si potrebbe anche pensare di discuterli ed affrontarli“, dice con trasparenza il relatore Guido Liris di Fratelli d’Italia.

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Ma, l’opposizione non si è limitata e alla scadenza, gli emendamenti presentati dai partiti sono circa 800, pertanto salta qualsiasi idea di realizzare ulteriori ritocchi alla Manovra. Il malumore secondo cui dal 2018 la Manovra viene modificata in un solo ramo del Parlamento, esautorando di fatto l’altro, aleggia da tempo nell’aria e viene ora incarnato dalla voce delle opposizioni.

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Le lamentele delle opposizioni

Il capogruppo Dem Francesco Boccia esprime “la sensazione di essere presenti per una manovra morta, arrivata inerme” e dopo sei mesi in cui non riceve risposte alle sue richieste, chiederebbe ora “un ddl di modifica delle modalità della legge di contabilità“. Mentre Stefano Patuanelli, capogruppo del Movimento 5 Stelle, sottolinea che anche quest’anno “uno dei due rami del Parlamento viene mortificato e privato delle proprie competenze“. Per cui, il pentastellato vuole rimediare e propone di sfruttare l’intero anno che si avrà davanti prima di arrivare alla prossima Legge di Bilancio, cominciando a discuterne fin da gennaio.

Dobbiamo prendere atto che questa procedura non è più sopportabile“, lamenta il capogruppo di Italia Viva, Enrico Borghi che propone risoluzioni pronte all’uso, ossia che una volta presentata la Manovra, il testo deve essere approvato o bocciato senza emendabilità. In alternativa, si potrebbe pensare che il governo non presenti più emendamenti che vadano a modificare il testo. Ma, il fatto che la Manovra sia arrivata “blindata” alle porte di Palazzo Madama, manda su di giri anche il senatore di Alleanza verdi e Sinistra Tino Magni, che la definisce anche “piena di mancette“.

Colpo di scena, però, perché il ragionamento di base sembra essere condiviso anche da alcuni esponenti della maggioranza. Il capogruppo di Forza Italia in Senato, Maurizio Gasparri, per esempio, sottolinea di condividere “nella sostanza i richiami sulla sovranità del Parlamento e delle sue assemblee legislative“.

 

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