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Genova, D’Angelo (Pd): “Candidato, coalizione e programma, ecco la nostra agenda per il cambiamento” #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


«Saranno giorni importanti», dice di questa fine anno Simone D’Angelo, segretario del Pd genovese. Del resto, l’incontro dell’area progressista convocato al teatro Stradanuova dall’ex candidato presidente Andrea Orlando, venerdì, ha segnato il via al cammino verso le Comunali di primavera dopo «un lavoro di ascolto e confronto che non si è mai fermato». «Ora si può accelerare perché l’agenda di cambiamento che stiamo costruendo possa diventare la casa più larga possibile».

D’Angelo, cosa cambia, per il Pd e l’area progressista, con la permanenza di Orlando in Liguria?

«Con la scelta di Orlando penso che il centrosinistra in Liguria abbia ritrovato un suo leader. La sua decisione rappresenta non solo un atto di coerenza, prezioso anche per rafforzare quel rapporto tra elettori e classe politica che in questi anni abbiamo visto purtroppo affievolirsi, e sul quale il nuovo Pd, non solo a Genova, ha investito tanto. Ma di fatto apre una nuova fase per l’area progressista: si chiude la fase dell’analisi della sconfitta, e si apre la corsa verso le elezioni comunali di Genova».

L’incontro di venerdì scorso promosso dallo stesso Orlando, è parso il via a questa corsa. Per tanti, però, arriva dopo troppo tempo dalla sconfitta alle Regionali.

«I passaggi politici richiedono tempo, soprattutto dopo una sconfitta bruciante. A maggior ragione se si tratta di fare elaborazione su due piani elettorali anche diversi tra loro. Ma l’attività di confronto non si è mai fermata, sia nel Pd, sia con chi con noi continua a credere nella necessità di un cambiamento. Ma è altrettanto vero che la frenesia iniziale del dibattito con le elezioni comunali genovesi all’orizzonte ha portato a innescare un cortocircuito di fondo, per cui di fronte a una sconfitta in Liguria sembravamo dover analizzare una vittoria a Genova. Un errore, che mi sembra sia stato recuperato».

L’impressione è che il Pd per ora abbia utilizzato tempo e energie per organizzarsi al proprio interno. Orlando ha parlato di passaggi e tempi precisi, per la scelta del candidato e la costruzione della coalizione. Da dove si parte?

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«Rendere più condivisi possibili i processi decisionali può essere considerato come una perdita di energie, io invece lo reputo un investimento sulla solidità dell’alternativa alle destre. L’unica certezza è che non possiamo permetterci passi a vuoto. Abbiamo il mese di gennaio per accogliere tre sfide. La prima, la più importante è la costruzione di un’agenda per il cambiamento. La naturale conseguenza saranno la definizione della coalizione più credibile possibile e l’individuazione del candidato che possa meglio interpretare quella richiesta di cambiamento che già dalle urne delle Regionali è emersa dalla città».

Cosa rimarrà, nel programma, dell’esperienza delle Regionali?

«Sul programma non partiamo da zero. In questi anni abbiamo fatto opposizione con le idee chiare, rifiutandoci di essere etichettati come il presunto “fronte del No”, ma costruendo. Abbiamo fatto una conferenza programmatica, abbiamo costruito il programma per le Regionali, e questa proposta andrà ora consolidata anche con processi di partecipazione dal basso sui territori che coinvolgano le forze politiche, sociali, i cittadini, gli attivisti di base, tutti quelli che credono in un’alternativa. E in tutto questo il Pd più di tutti deve essere il garante del progetto politico, un programma di futuro di questa città che da troppi anni viene amministrata senza una visione».

In coalizione, però, diversi dei possibili alleati fanno distinguo, sul ruolo del Pd. Dal M5s ad Azione fino ad Avs.

«Se si lasciano da parte tattica e tatticismi, e si rimette al centro la politica, molte delle discussioni alle quali abbiamo assistito perdono significato. Oggi a Genova c’è un ampio fronte di forze politiche e non solo che non si riconoscono in questa destra. Avendo guidato l’opposizione in questi anni in Comune non mai percepito differenze così marcate tra le forze del campo di alternativa, anzi, le ho viste avvicinarsi sempre più».

Pensa ci sarà, alla fine, il M5s, nella coalizione delle prossime Comunali?

«Guardo con attenzione e rispetto le riflessioni dei compagni di viaggio di questi anni del Movimento 5 Stelle. Ma di fronte alla complessità della sfida di fronte a noi, eviterei la discussione su chi potrebbe andare via, ma la farei piuttosto su chi può arrivare in questo campo per il cambiamento. Magari partendo da astenuti e delusi».

In che senso?

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«Ad esempio, trovo assurdo che finisca per rivolgersi a questa destra quel mondo del solidarismo civico della città che parla di inclusione sociale, integrazione, solidarietà per gli ultimi. Pensiamo a Enrico Costa, neo assessore in Comune che ha parlato di “far diventare genovesi quelli che oggi sono ospiti”. Cosa ci fa in un mondo dove comandano i partiti che i migranti preferirebbero lasciarli in mezzo al mare? Che a Genova multa i senzatetto e a Roma teorizza i lager per migranti in Albania?».

A destra è tutto più semplice. Loro del resto il candidato in pectore lo hanno, voi?

«Ci sono ipotesi e disponibilità. Vedo in molti evocare un nuovo Beppe Pericu e non credo oggi possa esistere una figura con quelle caratteristiche, ma penso che dobbiamo aspirare a individuare un candidato o una candidata che lo diventi».

Chi lo deve scegliere, il Pd? Iniziate a mettere in conto la possibilità di un turno di primarie, visto lo stallo in atto sulla scelta del candidato?

«La cosa di cui sono più sicuro è che un candidato che non unisca tutto il Pd difficilmente potrà diventare il candidato di tutta la coalizione. Ha ragione Orlando, il Pd è forte se unisce. Le primarie sono un nostro elemento fondativo, e penso debbano essere tenute in forte considerazione come strumento di partecipazione. Penso però che per allargare il perimetro della decisione questa volta servano quei processi dal basso spesso evocati, ma poi poco praticati».

Lei è disponibile, per una candidatura a sindaco?

«No. Sono stato eletto consigliere regionale e sono appena diventato padre e questo è per me l’orizzonte a cui guardare. Ma dopo aver dedicato buona parte degli ultimi anni a ricostruire il partito a Genova con un gruppo dirigente fortemente rinnovato, che mettesse al centro la sfida dell’innovazione e della lotta alle disuguaglianze, vorrei vedere arrivare questo patrimonio alla guida della mia città».

Che Genova diversa sogna, visto che è appena diventato padre, per suo figlio?

«Una città più giusta che sappia tornare a crescere davvero, evitando che le povertà presenti diventino anche quelle future, ricostruendo l’idea di una comunità educante in grado di garantire una cultura diffusa, sostenendo il diritto alla maternità con asili nido gratuiti, restituendo cittadinanza ai giovani, con un reale sostegno all’accesso al diritto alla casa, sapendo tenere insieme il contrasto alle disuguaglianze con il rilancio dello sviluppo, partendo – in una città che innegabilmente invecchia – da un patto tra generazioni, che da una parte deve portare all’integrazione e al rafforzamento dei servizi socio-sanitari-educativi, e dall’altra, con una forte regia pubblica, porti a determinare un rilancio della qualità del lavoro, oggi sempre più precario. Sogno una città migliore, con meno squilibri che nell’uguaglianza trovi il motore di una nuova stagione di sviluppo. Un città – dopo quello che abbiamo visto in porto in questi giorni – dove chi esce la mattina per lavorare possa torna a casa la sera, e dove la politica non si interessi di sicurezza sul lavoro solo davanti ai morti».

Pare un programma di un candidato sindaco in pectore, lo sa vero?

«Sono le cose che penso si debbano dire. E in attesa di avere un candidato o un candidata sindaco, è giusto le dica il segretario cittadino del Pd».



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