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«Riforma dei mercati e poi il debito comune. Ue lotti per suoi valori» #finsubito prestito immediato


Mario Draghi torna a lanciare un appello all’Unione europea per un rilancio della sua azione politica ed economica. Affinché «lotti per conservare i propri valori» e non si adagi su una fase di «declino», ma vari quelle riforme, a partire da quella «del mercato unico europeo e dei capitali» che possano sbloccare, insieme al periodo di aggiustamento del patto di Stabilità, gli investimenti su transizione, difesa e digitale. Solo a quel punto, sostiene, si potrà andare avanti con il debito comune.

Parlando a Parigi al Simposio Annuale del Centre for Economic Policy Research, l’ex premier italiano e presidente della Banca centrale europea suggerisce alcune idee e torna a sottolineare alcuni dei punti del suo rapporto sulla competitività. Proposte che la nuova Commissione guidata da Ursula Von der Leyen ha promesso di attuare nel suo mandato, perlomeno nei suoi pilastri principali. E ora Draghi ricorda che il modello export-salari bassi non è più sostenibile e esorta a togliere l’Unione dalle secche per evitare che, fra ritardi e demografia negativa, si ritrovi fra 25 anni con lo stesso Pil di ora e con spese gonfiate. Dalla presentazione del rapporto peraltro lo scenario mondiale è cambiato con la vittoria di Donald Trump e una debolezza politica e istituzionale di Francia e Germania.

LE PAROLE D’ORDINE

«Il rallentamento» dell’economia cinese dove le aziende locali sono inoltre più competitive «ha aumentato la dipendenza» dell’Europa «dal mercato Usa» sottolinea nel suo discorso Draghi. «Ma la nuova amministrazione americana – aggiunte – sembra poco disposta a fungere da acquirente di ultima istanza per noi. Dovremo confrontarci con una strategia deliberata degli Stati Uniti per riequilibrare la domanda globale e ridurre i surplus commerciali dei suoi partner». Da qui la necessità urgente che l’Unione insista sul mercato unico europeo e quello dei capitali, ancora al palo, per reperire le risorse necessarie, calcolate dalla Bce e la Ue in 800 miliardi di euro, ad affrontare le transizioni e a rafforzare la difesa. Riforme quindi diverse da quelle di dieci anni fa, quando le parole d’ordine erano quelle del neoliberismo e dell’austerità: flessibilità del lavoro e compressione dei salari. Ora piuttosto, spiega, «occorre riqualificare le persone». «Ma sappiamo – dice – che ci vorrà tempo prima che le riforme producano risultati. Pertanto, dobbiamo anche riflettere su come usare in modo più efficiente le politiche macroeconomiche». Draghi ricorda che se «l’Ue emettesse debito comune, potrebbe creare spazio fiscale da utilizzare per limitare i periodi di crescita al di sotto del potenziale». Non è una questione solo di resistenza da parte di diversi Paesi all’idea. Per l’ex presidente Bce «non possiamo intraprendere questa strada a meno che i cambiamenti nella struttura dei mercati non siano già in corso, in modo da aumentare i tassi di crescita potenziale nel medio termine». Senza il debito comune gli Stati dovrebbero modificare la loro spesa, aumentando gli investimenti, e «migliorare la coordinazione tra loro». E qui suggerisce una strada: «La cosa più importante è che sfruttare lo spazio fiscale all’interno delle nuove regole fiscali dell’Ue creerebbe un ampio margine per aumentare gli investimenti. Con piani di rientro a sette anni per tutti i Paesi sono disponibili fino a 700 miliardi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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