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Ruffini lasciando il fisco si celebra: recuperati 31 miliardi di evasione in un anno. Ma è una favola: fosse vero, ogni anno l’evasione sarebbe zero #finsubito prestito immediato


Solo il Covid ha messo in crisi gli evasori come tutti gli altri italiani. Ecco le cifre vere e cosa davvero ha fatto l’Agenzia delle Entrate in questi anni: quasi solo una tantum che non risolve mai nulla

Ernesto Maria Ruffini, nell’intervista al Corriere della Sera di venerdì 13 dicembre 2024 in cui ha annunciato le sue dimissioni dalla Agenzia delle Entrate, ha dichiarato di essere orgoglioso di avere ridotto l’evasione fiscale «di circa il 30 per cento, e parallelamente del record di recupero che abbiamo stabilito, fino a superare i 31 miliardi incassati in un solo anno». Un risultato che in effetti sembrerebbe straordinario. Fosse vero. Ma c’è più di un dubbio su questa clamorosa cifra. E una certezza a ogni annuncio annuale sotto ogni governo: non è mai vero che è stata recuperata evasione fiscale. Si tratta di somme recuperate una tantum che riducono assai poco la propensione degli italiani ad evadere. E spesso si tratta di somme recuperate con azioni che poi vengono considerate non legittime nei gradi di giudizio e quindi debbono essere restituite al contribuente.

Il mistero dei 31 miliardi che non risultano da nessun documento ufficiale

Il primo dubbio sui 31 miliardi di euro recuperati da Ruffini in un solo anno viene dal fatto che non risulta da nessun documento consuntivo ufficiale. Ruffini è stato alla guida della Agenzia delle Entrate dopo essere stato due anni amministratore delegato di Equitalia dal 2017 al 2018 e poi è tornato nel 2020, fino a queste dimissioni. I dati del 2024 non sono ancora noti, perché l’anno non si è concluso. L’Agenzia delle Entrate ha comunicato invece di avere recuperato dall’evasione 20,1 miliardi di euro nel 2017, nel 2018 16,2 miliardi di euro, nel 2019 altri 19,9 miliardi di euro, nel 2020 (anno della pandemia) 12,7 miliardi di euro, nel 2021 ancora con gli effetti pandemici 13,7 miliardi di euro e poi 20,2 miliardi di euro nel 2022 sotto il governo di Mario Draghi e 24,7 miliardi di euro nel 2023, primo anno del governo di Giorgia Meloni accusato per altro dallo stesso Ruffini di non avere attenzione al recupero dell’evasione (e invece avrebbe secondo la stessa Agenzia delle Entrate ottenuto la cifra record di evasione recuperata in questi anni). In nessuno degli anni a guida Ruffini, dunque, l’Agenzia delle Entrate ha comunicato di avere recuperato 31 miliardi di euro, a meno che la somma sia stata ottenuta proprio nel 2024 in meno di un anno, con il governo Meloni che avrebbe messo a segno il record storico.

La relazione del Mef dice che solo la pandemia è riuscita a mettere ko gli evasori

Ogni anno il Ministero dell’Economia pubblica la Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva, in cui viene stimato il “tax gap”, isolando dalla stima dell’economia sommersa quella che verrebbe ritenuta la vera e propria evasione fiscale e contributiva delle persone fisiche e delle aziende italiane. Le stime arrivano su dati consolidati e quindi di anni precedenti alla relazione. L’ultimo documento del 2024 si ferma alla stima dell’anno 2021. Ed è più difficile da interpretare di altri. L’evasione fiscale era di poco superiore ai 100 miliardi di euro nel 2019, poi è crollata a 85,6 miliardi di euro nel 2020 ed è ancora scesa a 82,4 miliardi di euro nel 2021. Non è stato un successo né della Agenzia delle Entrate né dei governi in carica in quel momento (Conte II e Draghi). È semplicemente accaduto che il Covid, i lockdown, le chiusure di attività economiche e le regole che ne sono derivate hanno messo in ginocchio l’economia alla luce del sole come quella sommersa. È crollato il Pil ufficiale dell’Italia ed essendoci meno ricchezza da evadere è scesa anche la stima sulla evasione fiscale.

La tabella contenuta nel rapporto 2024 del MEF sull’evasione

L’Agenzia dice di avere recuperato 127,5 miliardi in 7 anni. Ma l’evasione era di 106,3 miliardi

Secondo i dati citati prima, l’Agenzia delle Entrate ha dichiarato di avere recuperato evasione fiscale fra il 2017 e il 2023 per un totale di 127,5 miliardi di euro. Ma la cifra ha un evidente problema: la somma della evasione totale stimata dallo stesso ministero dell’Economia nel 2016 era di 108,3 miliardi di euro. Se fossero veri i dati comunicati in questi anni in gran parte dallo stesso Ruffini in Italia oggi non dovrebbe esserci nemmeno un evasore fiscale e della lotta al sommerso non si dovrebbe nemmeno più parlare, visto che il fisco avrebbe recuperato tutto e perfino 19,2 miliardi più del dovuto. Quindi ogni anno vengono raccontate un po’ di favole da Ruffini come da chi l’ha preceduto alla guida della Agenzia delle Entrate. L’area dell’evasione un pochino in Italia si è ridotta nell’ultimo decennio. E lo ha fatto, per quel che ne sappiamo fin qui, soprattutto grazie al Covid (quindi probabilmente la percentuale degli evasori rispetto ai contribuenti onesti non è mai cambiata). Secondo il rapporto del Mef la media dell’evasione negli anni 2013-2018 è stata di 106,335 miliardi di euro all’anno. Quella del periodo 2017-2021, che però comprende i due anni condizionati dal Covid, è stata di 95,987 miliardi di euro l’anno, quindi 10,3 miliardi in meno pari al 9,7%, non al 30%. Quindi l’area dell’evasione si sarebbe ridotta di 10,3 miliardi in 9 anni, cifra ben diversa da quella dichiarata dall’Agenzia delle Entrate (127,5 miliardi in 7 anni).

I controlli della Guardia di finanza

Ecco tutti i trucchi nascosti in quelle cifre: ci sono anche rottamazioni e pace fiscale

Allora cosa c’è di vero nella favola che Ruffini e i suoi predecessori raccontano puntualmente ogni anno sull’evasione recuperata? Assai poco, come spiegano bene i dati reali. Prendiamo il dato comunicato dalla stessa Agenzia delle Entrate sul 2023, quello dei 24,7 miliardi di euro recuperati, che sarebbero fin qui il record storico. Innanzitutto, in quella somma ci sono 5,1 miliardi di euro che viene dalla rottamazione delle cartelle e dalla pace fiscale che non recuperano affatto l’evasione, ma sanano a sconto contenziosi del passato (fiscali, ma anche multe) e vanno classificate come una tantum. Restano 19,6 miliardi di euro dall’attività della Agenzia. Questa somma è composta per 4,2 miliardi di euro da attività di promozione della “compliance”. Sono tante casistiche diverse, ma nella sostanza l’agenzia manda al contribuente una lettera contestando o qualche omissione di somma non dichiarata o qualche irregolarità formale da sanare. Chi riceve la contestazione in genere si mette in regola e paga senza impugnare il provvedimento. Ma non si tratta di evasori fiscali, semmai di errori o dimenticanze di contribuenti onesti che magari avevano due Cud e non hanno presentato la dichiarazione dei redditi pensando che bastassero i due modelli. Poi ci sono 3,8 miliardi di euro che arrivano da cartelle esattoriali inviate (anche queste quasi mai a veri evasori fiscali). Altri 11,6 miliardi vengono da “versamenti diretti”. Qui potrebbe esserci una piccola fetta di evasori pentiti che si recano a pagare il dovuto. Ma il dato non è mai esplicitato analiticamente dalla Agenzia, e quindi ben poco si può sapere. Dai grossi numeri però sappiamo con certezza che non si tratta di evasione fiscale vera e propria, altrimenti anche con queste cifre non ne avremmo più.

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I miliardi pagati dai grandi gruppi cui è stata contestata non l’evasione, ma l’elusione

La verità è che gran parte delle somme che si dichiarano recuperate dall’Agenzia delle Entrate provengono dall’accertamento con adesione da parte di piccoli, medi e grandissimi gruppi industriali e finanziari. Che spesso hanno consulenti che costruiscono per loro modelli in grado di fare risparmiare un bel po’ di tasse. Quei sistemi però vengono contestati dall’Agenzia che li ritiene elusivi del fisco (non si tratta quindi nemmeno qui di vera e propria evasione, e certo mai totale). Ricevuta la contestazione c’è chi percorre i gradi di giudizio e poi se li perde tutti paga il dovuto. Ma tanti preferiscono trattare sulla cifra contestata, ottenere in genere un bello sconto e pagare subito anche per evitare danni reputazionali. Qualche esempio? Nel gennaio 2019 il gruppo Kering, che controlla fra l’altro il marchio Gucci, ha ricevuto una contestazione su molti anni precedenti da 1,4 miliardi di euro. A maggio dopo una piccola trattativa ha scelto l’accertamento con adesione pagando un po’ meno: 1,25 miliardi di euro. Nell’arco di tempo che abbiamo preso in considerazione decine di altri hanno fatto la stessa scelta: Facebook (non ancora Meta) ha pagato 100 milioni di euro, Google ha versato 306 milioni di euro, Apple 318 milioni di euro, Mediolanum 79 milioni di euro. Una lista infinita. Che però non dice molto sul reale recupero di evasione fiscale.

Nel gennaio 2019 il gruppo Kering, che controlla fra l’altro il marchio Gucci, ha ricevuto una contestazione su molti anni precedenti da 1,4 miliardi di euro. Dopo una piccola trattativa ha scelto l’accertamento con adesione pagando un po’ meno



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