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Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) #finsubito prestito immediato


La CSRD, la direttiva europea 2022/2464/UE, è stata recepita nell’ordinamento italiano dal decreto legislativo n. 125/2024. Il punto su nuovi obblighi e soggetti interessati.

 

Con il decreto legislativo 6 settembre 2024, n. 125 viene data attuazione alla CSRD, ovvero la Corporate Sustainability Reporting Directive.

Tra le novità stabilite dalla direttiva UE 2022/2464 c’è l’obbligo di rendicontazione di sostenibilità, individuale o consolidata, per le società che siano imprese di grandi dimensioni, piccole o medie imprese quotate.

Gli obblighi non si applicano alle micro-imprese, che però potrebbero avere comunque vantaggi ad adottare alcune delle misure introdotte.

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Tra gli obiettivi della CSRD, attuati con il decreto legislativo n. 125/2024 ci sono il rafforzamento e la maggiore trasparenza dell’informazione sulla sostenibilità e la rendicontazione secondo standard di rendicontazioni adottati dalla Commissione europea, i cosiddetti ESRS, European Sustainability Reporting Standards, che rappresentano il livello minimo di informazione relativa alla sostenibilità.

Tra le altre novità c’è anche l’introduzione del revisore di sostenibilità, la cui disciplina e le cui modalità di svolgimento dell’incarico di attestazione sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità sono stabilite dal recente decreto legislativo approvato in via definitiva.

CSRD: il recepimento della direttiva con il decreto legislativo n. 125/2024

Il decreto legislativo 6 settembre 2024, n. 125 di attuazione della CSRD è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 settembre 2024, dopo l’approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri dello scorso 30 agosto. Le disposizioni di attuazione della direttiva 2022/2464/UE sono entrate in vigore lo scorso 25 settembre.

Tra gli obiettivi attuati con la nuova normativa ci sono:

  • il rafforzamento dell’attendibilità e della trasparenza delle informazioni relative alla sostenibilità, con riferimento alla “doppia materialità”;
  • l’assicurazione di un livello minimo di informazioni obbligatorie e comparabili per tutti i soggetti destinatari, redatti secondo standard di rendicontazione comuni all’interno dell’Unione europea;
  • favorire un’informazione più puntuale e approfondita.

In merito al primo punto si fa riferimento alle definizioni degli ESRS (European Sustainability Reporting Standards):

  • alla “materialità finanziaria”, ovvero l’incidenza delle questioni di di sostenibilità sull’impresa;
  • alla “materialità d’impatto”, ossia le conseguenze delle attività economiche dell’impresa sulle persone e sull’ambiente.

Il secondo punto è invece finalizzato a ottenere riscontri per il mercato finanziario, in relazione a completezza dell’informativa, trasparenza e comparabilità dei dati.

CSRD: soggetti obbligati e calendario da rispettare

Gli obblighi relativi alla CSRD, sulla trasparenza e la divulgazione di informazioni da parte delle imprese, entreranno in vigore in maniera graduale. La tabella di marcia è recepita dall’articolo 17 del decreto legislativo n. 125/2024, modulato in maniera differenziata per i diversi soggetti obbligati.

La prima fase, riferita agli esercizi con inizio il 1° gennaio 2024 o in data successiva interessa:

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  • le grandi imprese, secondo la definizione dell’articolo 3, paragrafo 4, Direttiva 2013/34/UE, che costituiscono enti di interesse pubblico a norma dell’articolo 2, punto 1), Direttiva 2013/34/UE e che alla data di chiusura del bilancio superano il criterio del numero medio di 500 dipendenti occupati durante l’esercizio;
  • gli enti di interesse pubblico, così come definiti all’articolo 2, punto 1) Direttiva 2013/34/UE che costituiscono imprese madri di un grande gruppo a norma dell’articolo 3, paragrafo 7, di tale Direttiva e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio superano il criterio del numero medio di 500 dipendenti occupati durante l’esercizio.

La definizione di “grande impresa”, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, Direttiva n. 2013/34/UE, ricomprende le imprese che alla data di chiusura del bilancio superano i limiti numerici di almeno due dei tre seguenti criteri:

  • totale dello stato patrimoniale di 20.000.000 di euro;
  • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni di 40.000.000 di euro;
  • 250 come numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio.

Tra gli “enti di interesse pubblico”, secondo quanto previsto dall’articolo 2, punto 1), Direttiva 2013/34/UE, rientrano le imprese che sono:

  • disciplinate dal diritto di uno Stato membro e i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 14, Direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari;
  • enti creditizi quali definiti all’articolo 4, punto 1, Direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi e al suo esercizio, diversi da quelli di cui all’articolo 2 di detta direttiva;
  • imprese di assicurazione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, Direttiva 91/674/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1991, relativa ai conti annuali e ai conti consolidati delle imprese di assicurazione o designate dagli Stati membri quali enti di interesse pubblico, per via della natura della loro attività, delle loro dimensioni o del numero di dipendenti.

Con riferimento agli esercizi con inizio al 1° gennaio 2025 o in data successiva, gli obblighi si applicheranno ai soggetti della seconda fase:

  • grandi imprese ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, Direttiva 2013/34/UE diverse da quelle di cui al punto precedente;
  • imprese madri di un grande gruppo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 7, Direttiva 2013/34/UE diverse da quelle di cui al punto precedente.

La terza fase, che interessa gli esercizi con inizio dal 1° gennaio 2026 o in data successiva, introduce obblighi per le piccole e medie imprese ai sensi dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, Direttiva 2013/34/UE che sono enti di interesse pubblico quali definiti nell’articolo 2, punto 1), lettera a), Direttiva 2013/34/UE e che non sono micro imprese ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della stessa Direttiva.

Le PMI potranno inizialmente scegliere di non adempiere agli obblighi di rendicontazione, per un periodo di deroga di massimo due anni. Scegliendo l’opzione “opt-out” saranno escluse dagli obblighi fino al 2028.

I soggetti richiamati in precedenza devono rientrare nelle rispettive definizioni di micro-imprese, piccole imprese e medie imprese.

Le “micro imprese”, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, Direttiva 2013/34/UE, sono quelle che alla data di chiusura del bilancio non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri indicati:

  • totale dello stato patrimoniale di 350.000 euro;
  • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni di 700.000 euro;
  • numero medio di 10 dipendenti occupati durante l’esercizio.

Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, Direttiva 2013/34/UE, le “piccole imprese” sono quelle che alla data di chiusura del bilancio non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri che seguono:

  • totale dello stato patrimoniale di 4.000.000 euro;
  • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni di 8.000.000 euro;
  • numero medio di 50 dipendenti occupati durante l’esercizio.

Le “medie imprese”, infine, sono quelle definite ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, Direttiva 2013/34/UE. Le micro-imprese o le piccole imprese sono le aziende e che alla data di chiusura del bilancio non superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti:

  • totale dello stato patrimoniale di 20.000.000 euro;
  • ricavi netti delle vendite e delle prestazioni di 40.000.000 euro;
  • numero medio di 250 dipendenti occupati durante l’esercizio.

L’ultima fase, per gli esercizi aventi inizio il 1° gennaio 2028 o in data successiva, riguarda le grandi imprese/gruppi extra UE, che rientrano nelle seguenti condizioni:

  • abbiano un fatturato di oltre 150.000 euro all’interno dell’Unione per due anni consecutivi;
  • abbiano una filiale (subsidiary) che si qualifica come PMI quotata e/o una succursale (branch) con fatturato netto di oltre 40.000.000 euro per l’esercizio precedente;
  • siano PMI quotate che hanno derogato sulla base dell’opzione “opt-out”.

CSRD: le principali novità dell’attuazione della direttiva europea

Tra gli obiettivi della direttiva CSRD, che il decreto legislativo n. 125/2024 attua senza particolari modifiche, c’è il rafforzamento degli obblighi di reporting non strettamente finanziario.

Viene inoltre promossa la trasparenza nelle informazioni sugli impatti ambientali, sociali e legati alla governance, ovvero agli obiettivi ESG.

Tra le finalità perseguite dalla direttiva, e quindi anche dal decreto attuativo che traduce le norme nell’ordinamento italiano, ci sono il miglioramento della qualità e la comparabilità delle informazioni sulla sostenibilità a livello globale.

Viene inoltre resa obbligatoria la rendicontazione di sostenibilità per un numero maggiore di aziende. In questo senso la CSRD amplia in modo netto la platea di destinatari già prevista dalla precedente NFRD, sull’adozione del bilancio di sostenibilità.

Inoltre viene stabilita l’integrazione della sostenibilità nei bilanci aziendali, ossia della presentazione delle informazioni sulla sostenibilità all’interno dei bilanci finanziari, così da fornire un quadro completo delle performance dell’impresa.

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Con l’introduzione della direttiva CSRD nell’ordinamento italiano viene prevista l’inclusione di circa 50.000 imprese nell’UE, compreso un numero maggiore di PMI quotate e grandi imprese non quotate che soddisfano determinati criteri. Anche le imprese non europee con attività significative nell’Unione, se con filiali o succursali in Europa, vengono obbligate a conformarsi alla CSRD.

Un ulteriore novità introdotta nell’ordinamento italiano è l’obbligo di rendicontazione delle informazioni ESG. Le aziende sono chiamate a fornire informazioni dettagliate e trasparenti su politiche, rischi e performance relative a tematiche ambientali, sociali e di governance.

Tali informazioni dovranno seguire gli standard di rendicontazione europei, definiti dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG), l’organismo che sviluppa le linee guida per la rendicontazione di sostenibilità. Tali standard intendono fornire informazioni comparabili, a vantaggio di investitori e stakeholder.

CSRD: nel decreto legislativo di attuazione anche le regole sul revisore di sostenibilità

La direttiva CSRD prevede il potenziamento degli obblighi di reporting non strettamente finanziario, nell’ottica di promuovere la trasparenza e la divulgazione di informazioni da parte delle imprese nel rispetto degli obiettivi ESG, Environmental, Social e Governance.

La direttiva introduce la figura del cosiddetto “revisore di sostenibilità”, chiamato a produrre un’attestazione sulla conformità del report di sostenibilità. Il professionista deve essere iscritto nel registro italiano o europeo e abilitato alla rendicontazione di sostenibilità.

L’attestazione della rendicontazione di sostenibilità può essere predisposta anche dal medesimo  revisore legale incaricato della revisione del Bilancio d’esercizio.

Il principale compito del revisore della rendicontazione di sostenibilità, o della società di revisione legale, è quello di esprimere con la propria relazione di attestazione le conclusioni sulla conformità della rendicontazione di sostenibilità alle disposizioni contenute nel decreto attuativo della CSRD.

Il revisore di sostenibilità deve quindi fornire l’attestazione alla rendicontazione di sostenibilità ed esprimere le proprie conclusioni, con la relazione di cui all’art. 14-bis del d.lgs. 39/2010, in merito a:

  • conformità della rendicontazione di sostenibilità alle norme del Decreto che ne disciplinano i criteri di redazione;
  • conformità all’obbligo di marcatura della rendicontazione di sostenibilità di cui all’art. 3, comma 10, e all’art. 4, comma 917;
  • conformità all’osservanza degli obblighi di informativa previsti dall’art. 8 del regolamento (UE) 2020/852.



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