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Fondi ai «poveri», mercato del carbonio: che cosa si è deciso nel caos di Cop29? #finsubito prestito immediato


di
Sara Gandolfi 

Intesa raggiunta in extremis tra elogi e proteste. Simon Stiell, segretario esecutivo dell’Unfccc:  «È stato un viaggio difficile, ma abbiamo raggiunto un accordo»

Alla Cop29 non ci sono stati vincitori né vinti. Il Grande Sopravvissuto è il sistema multilaterale di negoziazione, che esce acciaccato dalle divisioni Nord-Sud, minacciato dal ritorno di Trump, pressato dalle nazioni che vogliono contare di più. Alla fine, «è stato un viaggio difficile, ma abbiamo raggiunto un accordo», ha concluso Simon Stiell, segretario esecutivo dell’Unfccc, l’organo che gestisce la Convenzione Onu sui cambiamenti climatici.

Qual è il risultato chiave?
I soldi. Alla «money Cop» le nazioni sviluppate hanno concordato di contribuire a convogliare da un’ampia gamma di fonti, compresi gli investimenti privati, almeno 300 miliardi di dollari all’anno verso i Paesi in via di sviluppo entro il 2035 per aiutarli a gestire il taglio delle emissioni e l’adattamento al cambiamento climatico. Saranno principalmente sovvenzioni e prestiti a basso interesse. È il triplo del precedente impegno ed è una cifra credibile, il che rende più solido l’accordo rispetto a promesse difficili da mantenere. In prospettiva, l’intesa invita inoltre «tutte le parti» a lavorare per raggiungere 1.300 miliardi di dollari all’anno di finanza climatica entro il 2035, la maggior parte dei quali dovrebbe provenire da finanziamenti privati.




















































Chi ha protestato?
I Paesi in via di sviluppo, che chiedevano almeno 500 miliardi in forma di sovvenzioni a fondo perduto. L’India ha accusato la presidenza di Cop di aver fatto passare l’accordo senza il suo consenso. In realtà tutti volevano una base da cui partire: «Meglio un piccolo accordo che nulla», è stato il leit motiv a Baku.

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Quale altro successo?
Si è trovato un accordo sulle regole del commercio globale di crediti di carbonio in un nuovo mercato supervisionato dalle Nazioni Unite, che consentirà ai Paesi ricchi e ad alte emissioni di acquistare «compensazioni» per la riduzione delle emissioni dai Paesi in via di sviluppo, dove molti crediti di carbonio vengono generati attraverso attività come la riforestazione o l’installazione di pannelli fotovoltaici. L’iniziativa, nota come articolo 6 dell’Accordo di Parigi, era ferma da dieci anni. I critici temono che permetta ai Paesi inquinatori di ritardare riduzioni significative delle emissioni di CO2.

In cosa la Cop ha fallito?
I Paesi non sono riusciti a raggiungere un accordo su come portare avanti i risultati del «Bilancio globale» dello scorso anno, compreso l’impegno ad una transizione dai combustibili fossili. Si rinvia alla Cop30 in Brasile.

Quali Paesi sono emersi?
L’Arabia Saudita e la Cina, il più grande esportatore di greggio al mondo e il più grande emettitore di gas serra. Europa e Stati Uniti volevano riaffermare nell’accordo finale di Baku l’impegno della Cop28, che includeva la transizione dai combustibili fossili. Ma Riad, alla guida di un blocco di petro-Stati, si è opposta. Inoltre Ue e Usa vogliono che le economie emergenti, come Cina e Paesi del Golfo, ma anche Corea del Sud o Singapore, contribuiscano formalmente alla finanza climatica ma l’accordo si limita a «incoraggiarle» a dare contributi «volontari». I funzionari cinesi hanno per la prima volta rivelato che Pechino ha finanziato progetti climatici in altre nazioni in via di sviluppo per 24 miliardi. Molti osservatori ora si aspettano che, con gli Usa in uscita dall’Accordo di Parigi e l’Ue troppo debole per mantenere la «front line» da sola, la Cina assuma un ruolo maggiore nelle discussioni sulla transizione energetica, pur mantenendo il tradizionale basso profilo.

Come ha reagito l’Occidente?
La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha salutato l’accordo di Baku come «una nuova era per la cooperazione e la finanza per il clima». Il presidente Usa Joe Biden ha parlato di «risultato storico» e ha inviato un messaggio a Trump: «Nessuno può invertire la rivoluzione dell’energia pulita in corso in America e nel mondo».

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24 novembre 2024



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