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aiuti climatici aumentati a 300mld di dollari, ma il mondo in via di sviluppo non ci sta #finsubito prestito immediato


Dopo due settimane di intense trattative, la COP29 a Baku, in Azerbaigian, si è conclusa questa notte con l’approvazione di un accordo per aumentare gli aiuti climatici ai Paesi in via di sviluppo e per l’istituzione del mercato internazionale del carbonio. Sebbene i risultati segnino un passo avanti nella lotta al cambiamento climatico, le critiche e le insoddisfazioni non sono mancate, specialmente da parte delle nazioni più vulnerabili, dei paesi meno sviluppati. 

L’impegno finanziario dei Paesi europei, degli Stati Uniti, del Canada, dell’Australia, del Giappone e della Nuova Zelanda, sotto l’egida dell’Onu, prevede un aumento graduale degli aiuti climatici dai 100 miliardi di dollari all’anno attuali fino a 300 miliardi di dollari entro il 2035, includendo contributi pubblici a fondo perduto e finanziamenti da banche multilaterali e private. Tuttavia, molti rappresentanti dei paesi in via di sviluppo hanno sottolineato che queste cifre non sono sufficienti per affrontare la crisi climatica in corso. Infatti i paesi emergenti e in via di sviluppo del G77+Cina chiedevano 1.300 miliardi di dollari all’anno subito dal 2025, prevalentemente in contributi pubblici a fondo perduto.

I Paesi occidentali hanno chiesto di ampliare l’elenco degli stati responsabili dei finanziamenti per il clima, ritenendo che la Cina, Singapore e i Paesi del Golfo fossero diventati più ricchi. L’accordo contiene tuttavia una novità: d’ora in poi i finanziamenti per il clima provenienti dai Paesi non sviluppati tramite le banche multilaterali di sviluppo potranno essere conteggiati nell’obiettivo dei 300 miliardi. Gli europei lo hanno accolto favorevolmente.

Al termine della conferenza il presidente americano Biden ha sottolineato il ruolo determinante del suo Paese: “Nessuno può fermare la rivoluzione sull’energia pulita. Oggi alla Cop29, grazie in parte agli sforzi instancabili di una forte delegazione americana, il mondo ha raggiunto un accordo su risultato storico”, ha aggiunto. “A Baku, gli Stati Uniti hanno sfidato i Paesi a fare una scelta urgente: lasciare le comunità vulnerabili in preda a disastri climatici sempre più catastrofici, oppure farsi avanti e avviare un percorso verso un futuro migliore”, ha sottolineato il presidente americano.

Di tutt’altro avviso i rappresentanti dei paesi meno sviluppati. Ali Mohamed, capo dei negoziatori del gruppo africano, ha espresso chiaramente il suo rammarico: “L’impegno a mobilitare maggiori finanziamenti entro il 2035 è troppo poco, troppo tardi e troppo ambiguo nella sua attuazione. Lasciamo Baku sapendo di aver fatto progressi in alcune aree, ma ciò che abbiamo ottenuto è lontano da ciò che speravamo”.

Anche il rappresentante dei 45 Paesi meno sviluppati (Pms), Sunday Evans Njewa del Malawi, ha criticato l’accordo, definendolo privo di ambizione: “Questo obiettivo non è quello che speravamo di ottenere dopo anni di discussioni”. La delegata indiana Chandni Raina ha denunciato l’intesa con parole dure, definendola “ridicola e inadeguata”, accusando la presidenza azera di aver gestito male i negoziati. L’India ha divulgato una nota nella quale avverte: “Il nostro Paese si oppone all’adozione di questo documento”.

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Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres ha espresso sentimenti contrastanti sull’accordo sul finanziamento del clima dell’Azerbaijan, esortando gli Stati a trattarlo come “fondamenta da consolidare”. “Avevo sperato in un risultato più ambizioso – sia dal punto di vista finanziario che in termini di mitigazione – per affrontare la grande sfida che abbiamo di fronte”, ha affermato in una nota, invitando “i governi a considerare questo accordo come una base per continuare a costruire” e i Paesi ricchi a “trasformare rapidamente gli impegni in denaro”. Guterres assicura gli attivisti che hanno manifestato durante la conferenza che “le Nazioni Unite sono con loro, la nostra lotta continua”.

L’Unione Europea dal canto suo, ha accolto l’accordo con maggiore ottimismo: “La COP29 sarà ricordata come l’inizio di una nuova era per la finanza climatica”, ha dichiarato Il commissario europeo per il clima, Wopke Hoekstra. 

Alla Cop29 di Baku si è “raggiunto il massimo compromesso sulla finanza”, ma “i Ministri dell’Ambiente stanno esaurendo il loro raggio d’azione. Senza il coinvolgimento dei Ministri delle finanze, dell’industria e dei Capi di Stato e di Governo, l’azione per il clima rimarrà inadeguata”. Così Luca Bergamaschi, direttore e co-fondatore del think tank italiano sul clima Ecco.   “L’influenza degli interessi legati all’economia dei combustibili fossili – prosegue Bergamaschi -, attraverso i Paesi produttori come Arabia Saudita e Russia e le imprese fossili, che insieme predicano la neutralità tecnologica per mantenere lo status quo, hanno prevalso sia alla Cop29 che al G20 di Rio, bloccando le azioni necessarie per la transizione verde. La spinta verso false soluzioni, che vediamo fortemente anche in Italia sul gas, biocombustibili e nucleare, blocca l’innovazione, mettendo a rischio la competitività industriale e limita l’accesso sociale alla transizione, a favore di pochi ma forti interessi economici”.

Il mercato del carbonio: una svolta attesa, ma controversa

Il nuovo obiettivo finanziario faticosamente adottato alla COP29 di Baku “è una polizza assicurativa per l’umanità” di fronte agli effetti del cambiamento climatico, ma “non è il momento di fare trionfalismi”, ha affermato Simon Stiell, segretario esecutivo dell’Unfcc, l’agenzia Onu per il clima. “Nessun Paese ha ottenuto tutto ciò che voleva e lasciamo Baku con una montagna di lavoro da fare, quindi ora non è il momento dei trionfalismi”, ha aggiunto.

Il documento finale comunque accontenta anche l’Arabia Saudita, perché non aumenta gli impegni di decarbonizzazione rispetto a quanto deciso l’anno scorso alla Cop28 di Dubai. La Ue ha dovuto cedere su questo, come pure su diritti umani e delle donne, citati in modo generico. Il testo invita comunque ad arrivare a 1300 miliardi all’anno di aiuti al 2035, e fissa una Road map da Baku a Belem, sede della prossima Cop30 in Brasile, per studiare come si possa arrivare a questo obiettivo. L’auspicio è che gli impegni presi a Baku in Brasile si traducano in azioni più ambiziose e concrete. Riuscirà la comunità internazionale a colmare il divario tra promesse e realtà? La strada per affrontare la crisi climatica resta lunga e impervia, ma la pressione globale per soluzioni più incisive è destinata ad aumentare.

 

 

 

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