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sprint ai fondi, ma resta il nodo Puglia. Cosa succede ora? #finsubito prestito immediato


Come al solito: basso profilo, zero dichiarazioni, contegno molto europeo. Il “giorno dopo” di Raffaele Fitto non è troppo diverso dagli altri, pur ravvivato da sollievo e soddisfazione (celata a fatica, ammettono i fedelissimi) per il via libera pressoché definitivo alla nomina a vicepresidente esecutivo della Commissione europea, con deleghe a Coesione e Riforme. Mercoledì sarà affrontato l’ultimo step, caduti ormai i veti incrociati tra pezzi della maggioranza europea: il “voto di fiducia” a tutta la squadra di Ursula von der Leyen da parte del Parlamento europeo in seduta plenaria. La Commissione s’insedierà a inizio dicembre e governerà facendo leva su una maggioranza sensibilmente diversa, e probabilmente anche un po’ più ridotta, rispetto al round di luglio: sui piatti della bilancia pesa proprio il parziale sfondamento a destra, fuori dal tradizionale perimetro Popolari-Socialisti-Liberali, che indurrà i Verdi e una parte dei socialisti a sfilarsi dal sostegno a “Ursula”. Il tutto al di là di postura e approccio di Fitto, un moderato ed europeista prestato ai Conservatori, e che in Europa si spoglierà di casacche di parte: è stato scelto anche, o soprattutto, per questo. Oltre che per maneggiare le redini di Coesione, Sviluppo regionale e Pnrr, quest’ultimo insieme con il commissario Valdis Dombrovskis. L’imperativo non cambia: sprint, accelerazione e condivisione, senza ritoccare il termine del 2026.

Un “giorno dopo” come al solito, sì, o quasi: lo smartphone di Fitto ieri trillava di continuo, tra telefonate e notifiche di messaggi, una valanga di complimenti e auguri trasversali. L’agenda però già freme: ieri – dopo la serata di mercoledì asserragliato nei suoi uffici di Bruxelles, in paziente e sfibrante attesa di un verdetto mai così sofferto – il ministro salentino s’è concesso un pranzo in relax con lo staff, giusto un break di qualche ora e nulla più, prima di tornare a correre. Nel tardo pomeriggio, aereo in direzione Roma. E oggi giornata densa di incontri, a Palazzo Chigi e dintorni: prima di governare le sorti dell’Ue al fianco di Ursula von der Leyen, «rappresentando l’Europa, non un partito o un singolo Stato», ci sono del resto da completare i compiti a casa. Innanzitutto: vertice con Giorgia Meloni per definire il passaggio di testimone, in ballo ci sono le delicate e strategiche deleghe (Affari europei, Pnrr, Coesione), e premier e ministro stabiliranno in queste ore come spacchettarle e assegnarle. Il Pnrr dovrebbe restare in quota alla cabina di regia organizzata da Fitto in questi due anni. E poi sulla scrivania di Largo Chigi, lì al Dipartimento, stazionano i dossier da chiudere e blindare prima del trasloco a Bruxelles: e tra questi, figura quello dell’Accordo di coesione con la Puglia.

Il caso dell’Accordo con la Puglia

Il terreno resta parecchio insidioso e la firma tra le parti non certo vicina: governo e Regione (l’unica ormai) non hanno ancora sottoscritto l’Accordo da circa 6 miliardi di euro, quota pugliese del Fondo sviluppo e coesione riprogrammato e riorganizzato dal ministero di Fitto. La riforma prevede che le risorse debbano essere progettate e spese in base a un cronoprogramma e a un elenco di interventi concordati con il Dipartimento di Coesione (l’Accordo, appunto). Ecco: finora, Fitto e Michele Emiliano (o meglio: le rispettive delegazioni tecniche) non sono riusciti a stringere il patto e a recuperare il bandolo della matassa. Troppe distanze, di metodo e di merito. Sul finire dell’estate, però, l’accelerazione e i segnali positivi. E la firma? «Entro fine mese, prima che Fitto lasci definitivamente il governo», e dunque nell’arco della settimana prossima: così filtra. O forse no, perché in realtà tanto da Roma quanto dalla Regione trapela che resistono ancora dettagli della bozza d’Accordo di coesione che non tornano: per esempio su destinazione di una parte di risorse, bandi per le imprese, distribuzione sui territori pugliesi. Vedute divergenti, e nelle scorse ore ci sarebbe stato un nuovo, e non incoraggiante, scambio di documenti e lettere. Insomma, tutto aperto e tutto possibile: o le distanze s’accorciano fino a fissare alla prossima settimana la firma dell’Accordo; oppure sarà il nulla di fatto, ancora una volta, con rinvio a data da destinarsi, e quando ormai Fitto sarà di stanza a Bruxelles. C’è poi un altro delicato fronte di trattativa tra il ministero fittiano e la Regione: il destino di Acquedotto pugliese e del servizio idrico in Puglia. A maggio il governo ha impugnato alla Corte costituzionale la legge regionale che, cedendo il 20% delle quote di Aqp ai Comuni, cerca di mettere in sicurezza l’affidamento del servizio idrico ad Acquedotto, senza andare a gara. Per risparmiarsi il contenzioso alla Consulta e le incertezze, si lavora da mesi alla mediazione. E a un emendamento “salva Aqp”. Del quale non c’è traccia.

Ma tant’è: la Puglia è una delle spine che Fitto dovrà levigare da qui a fine mese, perché a inizio dicembre è in calendario l’insediamento ufficiale della Commissione europea. Mercoledì il voto in Europarlamento, dopo il difficoltoso documento che ha rinsaldato la maggioranza attraversata da non poche fratture e veti, segnerà un “secondo tempo”: von der Leyen incasserà l’appoggio di FdI e di parte dei Conservatori, i Popolari (che spingono proprio per i “due forni” e per le strizzate d’occhio a destra su questo o quel tema) saranno saldamente al fianco di Ursula; i Liberali e i Socialisti anche, pur con qualche defezione o tra mugugni e distinguo (occhio ai franchi tiratori e al fuoco amico, per esempio tra i socialisti tedeschi e francesi); i Verdi si sono già defilati. All’opposizione Sinistra, M5s e Lega. Alla Commissione, in Parlamento, basta la maggioranza semplice. E FdI e Pd si ritroveranno sorprendentemente gomito a gomito: Meloni punta in Europa sull’asse con von der Leyen e sulle maggioranze variabili con la sponda dei Popolari, i democratici si schierano compatti con Ursula. In Europa, è un nuovo inizio.

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