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Banca di Asti: ecco cosa 20.000 piccoli azionisti devono sapere (e non viene detto) – Torino Cronaca #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Un bilancio “sbagliato” di una ventina di milioni di euro, altri 10 da restituire ai clienti perché portati via con commissioni troppo alte. E azioni in rapida caduta, con il principale azionista “costretto” dal Ministero a vendere. Intorno, politica e sindacati a chiedere interventi, oppure posizioni (fingendo di non farlo) di comando. In un intreccio di azioni e poltrone che si snoda da Asti fino a Torino. E ad assistere oltre mezzo milione di correntisti che, lecitamente, si chiedono cosa stia succedendo. Assieme ai piccoli azionisti, i risparmiatori. Ecco, quindi, in sintesi il quadro della situazione.

La Banca di Asti è una realtà fortemente territoriale e attiva dal 1842 che sta passando settimane di autentica bufera, nonostante tutti (vertici e politica locale) stiano sforzandosi di rassicurare clienti e mercato. Ma in pochi giorni si è passati da una ispezione della Banca d’Italia a un “diktat” del Mef (solo adesso?) e agli interventi della politica, soprattutto riguardo l’ipotesi di una cessione dell’istituto.

Nella giornata di ieri, mercoledì 20 novembre, il valore delle azioni (negoziate sul sistema Vorvel SIM Spa e non a Piazza Affari, altrimenti con quegli “errori” sarebbe già intervenuta la Consob) risultava atteso, secondo l’operatore MoneyController, attorno al -6,5%. Un prezzo di vendita di 8,4 euro, con oltre 331mila in vendita, annota la scheda di Vorvel. Azioni che, secondo il presidente dei piccoli azionisti, Piefranco Marrandino, erano state acquistate a 14. Ma cosa sta succedendo?

Nelle scorse settimane si è cominciato con la relazione degli ispettori di Bankitalia, che hanno costretto l’istituto di credito a correggere le ultime righe del bilancio: in pratica, le perdite stimate sui propri crediti sarebbero state superiori a quanto stimato dalla banca; dunque, l’utile a bilancio nella semestrale è passato da 29,7 a 8,5 milioni di euro. Una “stangata” da oltre 20 milioni di euro, su un bilancio annuale che di norma produce un utile netto di 84 milioni e un fatturato di 227. Dunque, in un solo colpo sparisce dal bilancio il 25% dell’utile annuo

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Carlo Maria Demartini, ad e direttore generale Banca di Asti

Secondo l’amministratore delegato dell’istituto di credito, Carlo Maria Demartini (che nel 2023 è stato condannato in primo grado a 2 anni per false comunicazioni in bilancio, legate ai conti di una decina di anni fa, con crediti deteriorati segnati come esigibili, allo scopo di aumentare il valore azionario dell’istituto) si tratterebbe semplicemente di una correzione alla prassi bancaria: nei bilanci vengono inserite anche le possibili sofferenze legate ai crediti, che Banca di Asti aveva stimato sul corso dell’anno, mentre Bankitalia chiede che vengano calcolate subito. “Nessun esborso da parte nostra, è un fondo di accantonamento – è stato spiegato -. Un po’ come voler pagare l’auto a rate invece viene chiesto di farlo tutto in una volta”. Di metafora in metafora, ecco come la possiamo invece far vedere a un correntista o un piccolo azionista: è come aver dovuto implementare un fondo pensione, ma intanto il portafoglio per le spese di casa è meno pieno.

E consideriamo che gli ispettori hanno poi evidenziato un altro aspetto, sempre nel bilancio. Da quegli utili, già dimagriti a seguito dell’ispezione, occorrerà togliere probabilmente altri 10 milioni di euro: la banca, infatti, avrebbe applicato ai suoi clienti commissioni troppo alte per alcune operazioni. Dunque occorrerà calcolare se tutti i 524mila correntisti ne avranno diritto.

In ogni caso, dalle parti di piazza Libertà ad Asti si affetta fin troppa tranquillità. Anche perché il principale azionista, la Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, ha annunciato che metterà sul mercato parte delle sue azioni. Prodromo di una dismissione? Ufficialmente viene rimarcato che la disposizione viene dal Mef, il ministero delle Finanze retto da Giancarlo Giorgetti, secondo cui una fondazione non può possedere più del 30% delle azioni della “propria” banca. La Fondazione (ma certo non da oggi e quella norma esiste dal 2015) è al 31,9%, mentre il resto del capitale azionario è diviso fra Fondazione Cassa di Risparmio di Biella (12,91%), Banco BPM (9,99%), Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli (4,20%), Fondazione CRT (6%) con investimento fortemente voluto dall’allora presidente Fabrizio Palenzona, e un 35% abbondante fluttuante sul mercato con i piccoli azionisti.

Ma qui entriamo in uno scenario dolente. Perché se consideriamo tutto, oltre alle quote di proprietà, ben l’80% del patrimonio della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti è investito in azioni della banca. “Una scelta che non discuto” ha detto il nuovo presidente della Fondazione, Livio Negro, che però ha dovuto ammettere come le rendite siano precipitate. Un altro 20% del patrimonio, circa 216 milioni di euro, della Fondazione (che ha chiuso il 2023 con un ottimo avanzo di cassa di 4 milioni di euro) è invece investito, con buona rendita, in Ream Sgr, tanto per sottolineare lo stretto vincolo fra Asti e Torino allestito da Palenzona, che ad Asti voleva “parcheggiare” qualcuno dei suoi (vedi qui la storia del patto occulto e l’inchiesta in cui anche il banchiere è indagato). 

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Fondazione Crt e Fondazione Cassa di Risparmio di Asti hanno il 24% a testa della Ream SGR (Negro ha detto “sono quelle azioni che ci hanno salvato”), mentre il 14,6% è della Compagnia di San Paolo. Sarà solo un caso che Negro abbia sottolineato che, a confronto con le proprie azioni in perdita, ben più redditizia sia stata la scelta di altre fondazioni bancarie di puntare sui titoli di Intesa Sanpaolo? Palazzo Mazzetti chiama Grattacielo di corso Inghilterra?

Adesso, a guardare da fuori la situazione è quasi comica. Dal fronte sindacale si muove la Cgil che chiede addirittura che i privati entrino velocemente nel capitale e con la maggioranza, chiedendo un maggiore peso della politica. E su questo fronte si muove il sindaco di Asti, Maurizio Rasero, che (ri)vuole entrare in banca o in Fondazione: “Sono sempre stato favorevole alla presenza del sindaco nel Consiglio d’amministrazione della Banca” ha detto, proprio lui che è già stato vicepresidente sia della banca sia della fondazione. Dove peraltro ha fatto lui i nomi per i consiglieri “politici”. E non è un mistero in città che, avvicinandosi la fine del suo mandato, stia puntando le sue fiches in banca come da tradizione della città di Vittorio Alfieri (anche l’attuale presidente, Giorgio Galvagno, è stato sindaco di Asti, oltre che deputato di Forza Italia, medesimo partito di riferimento di Rasero, così come Fabrizio Brignolo, ex del cda).

Insomma una situazione complessa – molto più di quanto si sostenga, almeno a giudicare da quanto è possibile ascoltare negli ambienti finanziari ed economici -, con fuochi che la politica cerca di spegnere: “la banca è solida”, “non ho sentito parlare di vendita della banca” ha ribadito Rasero in alcune interviste alla stampa locale, come di recente alla Nuova Provincia, nel pezzo del collega Fulvio Perina, direttore del settimanale, confermando di voler convocare un consiglio comunale (o una riunione dei capigruppo che, a differenza del consiglio, non è pubblica) sul tema. E, giusto per chiarezza, un piccolo dettaglio: Rasero è vicepresidente proprio di Ream (nominato dopo la raffica di dimissioni e indagati sul cosiddetto “patto occulto” che riguardava anche Ream).

Maurizio Rasero, sindaco di Asti 

Ma a osservare la situazione di quello che è il principale datore di lavoro della provincia (nonché sponsor o partner di quasi ogni manifestazione, dal Palio al cartellone teatrale, alle inserzioni su tutta la stampa locale), ci sono anche i piccoli azionisti locali: e sono 20mila (parole dello stesso Rasero), peraltro all’interno di un mercato particolare dove, anche a voler vendere, bisogna farlo attraverso la banca stessa. Mentre nei conti sui crediti non spalmati bene in bilancio e sulle commissioni, figurano molte imprese della zona con finanziamenti importanti e legati a futuri investimenti o alla semplice sopravvivenza.

In certi circoli dove si parla di politica, c’è la forte sensazione che possa innescarsi una “contesa” come quella di Fondazione Crt (ma lì si partiva da esposti precisi) con il Mef, che è l’autorità di garanzia e sorveglianza delle Fondazioni. Ed è retto dal leghista Giancarlo Giorgetti, con cui di norma quelli di Forza Italia (che invece, come abbiamo visto, è di casa ad Asti) si prendono molto poco… La sensazione è che, nonostante tanti stiano parlando, ci sia molto che non viene ancora detto.





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