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“Perché i cani di piccola taglia non possono entrare a villa Lante e Caprarola?”. Si può riassumere con questa domanda la lettera che il professor Francesco Mattioli, sociologo, il 4 luglio ha inviato all’indirizzo mail riconducibile alla soprintendente Margherita Eichberg. Ma “a tutt’oggi non ho avuto risposta – lamenta Mattioli -. Probabile che in Sovrintendenza qualcuno non abbia tempo di rispondere o anche che si conceda di rispondere solo ai soliti noti. Io spero, invece, che questa mail non sia mai stata letta perché l’indirizzo è sbagliato, è cambiato o altro che non ha a che vedere con la disponibilità personale del destinatario. O ancora che ad essa sia stata data risposta e per qualche arcano motivo non è giunta al mio indirizzo mail. E allora l’affido alla stampa locale, nella speranza che in qualche modo giunga dove era stata indirizzata e possa avere una risposta. Una risposta che probabilmente interessa circa dieci milioni di italiani”.
Lettera di Mattioli alla Soprintendenza
Gentile dottoressa,
mi rivolgo a lei come dirigente e referente della Sovrintendenza ai beni storici, culturali e paesaggistici della Tuscia.
Vengo da un viaggio turistico che mi ha portato in alcune località dell’Italia settentrionale, in particolare a Venaria Reale e alcuni parchi e ville venete. Sono stato accompagnato dai miei due cagnolini chihuahua che, soprattutto a Venaria, sono stati accolti con particolare affetto e grande disponibilità dal personale. Ovviamente, i cagnolini erano al guinzaglio e io e mia moglie eravamo dotati di tutte le strumentazioni per rimediare a eventuali deiezioni e minzioni. Inoltre, all’interno del costruito, usavamo trasportini e/o passeggino. Se si ottiene civiltà, in cambio occorre dare civiltà.
Questa civiltà manifestata nelle strutture storiche e paesaggistiche del nord Italia, termina dalle nostre parti. Spiace dirlo. Nessuna forma di accesso possibile per i cagnolini di piccola taglia a Caprarola, nessun accesso possibile a villa Lante di Bagnaia. Neppure al Barco, luogo, almeno in passato, non solo di bambini in festa ma anche di amabili gatti.
Posso capire la tutela del patrimonio, posso capire che gli accessi di persone e animali debbano garantire il rispetto dei beni artistici e paesaggistici. Non capisco, tuttavia, una chiusura di principio. Perché la chiusura di principio non ha più a che vedere con la difesa o meno del patrimonio ma con una ristrettezza mentale, cioè culturale, che fa di ogni erba un fascio, che inclina verso atteggiamenti pregiudiziali e che mal si concilia con la diffusione della conoscenza di arte e cultura che è obbiettivo irrinunciabile di un servizio pubblico.
Peraltro, ormai almeno un terzo degli italiani possiede un cane. Quindi sarebbe necessario adeguarsi a un costume sempre più diffuso. Ovviamente facendo dei distinguo, cioè operando con intelligenza. La grandissima parte degli hotel ormai accettano cani di piccola taglia fino a 10-15 chili. Per quelli di taglia maggiore, meno gestibili, negli spazi talvolta ristretti di un luogo storico, molte strutture culturali offrono luoghi di custodia animati da personale specializzato. E nei supermercati, dove certamente i vincoli igienici sono persino superiori a quelli conservativi di un museo avendo a che fare con la salute pubblica, l’accesso è regolato e favorito alla bisogna.
Concludo osservando che la preclusione che nel Lazio c’è verso la presenza degli animali nei luoghi storici, soprattutto all’aperto, è senza se e senza ma segno di una sostanziale ignoranza del problema e di una chiusura mentale/culturale che rasenta, anzi tocca, l’inciviltà.
La ringrazio della sua attenzione.
Buon lavoro,
prof Francesco Mattioli
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