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Il Fondo monetario internazionale (FMI) lancia l’allarme: il debito pubblico globale supererà i 100.000 miliardi di dollari per la prima volta nella storia e potrebbe crescere in maniera più rapida del previsto. Il motivo è da ricercarsi nei programmi di spesa dei governi, più elevati, e nella crescita lenta che stimola le richieste di prestito e aumenta i costi annessi. Secondo l’ultimo rapporto dell’ente guidato da Kristalina Georgieva, entro fine 2024 il debito pubblico globale arriverà al 93% del PIL, per avvicinarsi al 100% entro il 2030. Il picco storico si è registrato durante il periodo pandemico, quando l’indebitamento a livello mondiale si è attestato al 99% del PIL a causa dell’esplosione della spesa pubblica.
L’FMI ha avvertito anche che in futuro i livelli di debito potrebbero essere più elevati di quanto in questo momento si prevede per effetto di una serie di situazioni che finiranno per accrescere le spese governative. “L’incertezza della politica fiscale è aumentata. Le pressioni sulla spesa per affrontare la transizione ecologica, l’invecchiamento della popolazione, i problemi di sicurezza e le sfide di sviluppo di lunga data stanno aumentando”, si legge nel rapporto. Inoltre, c’è il problema della crescita debole, delle condizioni di finanziamento più aspre e dell’incertezza in economie di importanza sistemica come Stati Uniti e Cina, rileva l’FMI. In tale contesto, l’istituto ipotizza anche uno “scenario gravemente avverso” che include tutti questi fattori citati, in cui il debito pubblico potrebbe arrivare al 115% del PIL, ossia 20 punti percentuali in più con tre anni di anticipo rispetto alla proiezione di base.
Debito pubblico globale: FMI, ecco cosa fare
Per evitare che la situazione vada fuori controllo, l’FMI suggerisce un freno alla spesa e un maggior consolidamento fiscale, approfittando del momento in cui la crescita è solida e la disoccupazione è bassa. Tuttavia il fondo precisa che gli sforzi attuali, quantificabili nell’1% del PIL dal 2023 al 2029 non bastano, in quanto richiedono un “inasprimento fiscale cumulativo del 3,8%”. Anzi, in alcuni Paesi dove non si prevede una stabilizzazione del PIL, il sacrificio richiesto è ancora maggiore.
Era Dabla-Norris, vice direttore degli affari fiscali dell’FMI, ha avvertito che rinviare il problema potrebbe essere molto rischioso in quanto “alla fine sarà necessaria una correzione più ampia”. Tra l’altro, “l’esperienza passata dimostra che l’elevato debito e la mancanza di piani fiscali credibili possono innescare reazioni avverse del mercato e limitare lo spazio che i Paesi hanno per affrontare gli shock futuri”, ha aggiunto. Dabla-Norris ha detto anche che “alcuni Stati hanno spazio per ampliare le loro basi imponibili e migliorare l’efficienza nella riscossione delle imposte, mentre altri possono rendere i loro sistemi fiscali più progressivi tassando le plusvalenze e i redditi in modo più efficace”.
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