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L’accesso a documenti, dati e informazioni riguardanti attività
di pubblico interesse detenuti dalla pubblica amministrazione
dev’essere consentito ai soggetti che abbiano un interesse
diretto, concreto e attuale a visionarli.
In tale ottica, è onere del soggetto interessato dimostrare che
il diritto di accesso ai relativi documenti sia necessario per la
cura e la difesa dei propri interessi; diritto per il quale non è
previsto, in ogni caso, alcun termine
decadenziale.
Accesso agli atti: se l’istanza è motivata va consentito
A chiarirlo è il Consiglio di Stato con la
sentenza
del 3 settembre 2024, n.
7394, con cui è stato accolto il ricorso
proposto per l’annullamento del diniego di accesso relativo a
documenti per i quali l’interessato ha dimostrato di aver diritto a
prenderne visione.
In particolare, l’art. 22 della Legge n. 241/1990 (Norme in
materia di procedimento amministrativo) dispone che debba
essere consentito l’accesso a documenti, dati e informazioni in
favore dei soggetti che ne facciano richiesta e che possano
dimostrare di avere un interesse concreto ad accedervi,
giustificato in ragione della tutela dei propri
diritti.
Difatti, l’accesso ai documenti amministrativi costituisce
principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire
la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la
trasparenza.
L’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha peraltro chiarito
che, all’interno della fattispecie giuridica generale dell’accesso
ai documenti, si configurano due fattispecie
specifiche che seguono logiche interpretative e regole
procedimentali differenti, quali:
- l’accesso cd. difensivo;
- l’accesso partecipativo.
In particolare, l’accesso partecipativo si basa sul principio
generale secondo cui dev’essere garantita la massima
trasparenza possibile.
La logica difensiva invece presuppone l’obbligo, per il soggetto
che richiede l’accesso agli atti, di dimostrare che tale diritto è
necessario per finalità di cura e difesa dei
propri interessi.
In tale ottica, si spiega, l’unico interesse che può legittimare
l’accesso difensivo è quello che corrisponde – in modo diretto,
concreto ed attuale – alla cura in giudizio di tali predeterminate
fattispecie, in chiave strettamente difensiva.
Difatti, l’art. 25, comma 2, della Legge 241/1990 impone che la
richiesta di accesso ai documenti sia motivata
dall’esistenza di un collegamento dell’interessato
con gli atti che si intende visionare, in modo tale da
“evidenziare in maniera diretta ed inequivoca il nesso di
strumentalità che deve interessare la situazione soggettiva finale
al documento di cui viene richiesta l’ostensione, e per
l’ottenimento del quale l’accesso difensivo, in quanto situazione
strumentale, fa da tramite.”
Diritto di accesso agli atti: non c’è scadenza per presentare
l’istanza
Nel caso in esame, la ricorrente ha richiesto l’accesso agli
atti in relazione ad interventi di manutenzione straordinaria –
assentiti mediante SCIA e conseguiti sul fabbricato
confinante a quello di sua proprietà – consistiti nel
mutamento della destinazione d’uso (da locale tecnico ad abitazione
residenziale) del sottotetto, con realizzazione di abbaino e
finestra.
In particolare, l’interessata – in seguito al rigetto
dell’istanza di autotutela del titolo – ha manifestato il proprio
interesse ad acquisire la documentazione amministrativa sulla base
dell’affermazione disposta con passata sentenza secondo cui le
opere conseguite sarebbero estranee rispetto a quanto approvato con
la SCIA.
Nel rigettare l’istanza di autotutela del titolo, peraltro, si
rileva che l’Amministrazione abbia ravvisato la conformità tra la
SCIA e le opere realizzate, senza però fornire alcuna valutazione
di merito in ordine alla presunta illegittimità dei lavori.
Di contro, invece, la ricorrente risulta aver adeguatamente
dimostrato il proprio interesse diretto, concreto e attuale ad
accedere ai relativi documenti, oltre ad aver motivato la propria
istanza per esigenze difensive e ad aver allegato il nesso di
strumentalità con la posizione sostanziale da tutelare in
giudizio.
Si chiarisce pertanto come, in questi casi, il Comune abbia il
dovere di compiere una corretta valutazione in
merito all’istanza di accesso agli atti presentata, sia che tale
istanza debba essere determinata in senso positivo oppure
negativo.
Risulta irrilevante inoltre la lamentata doglianza
dell’Amministrazione secondo cui la richiesta sarebbe stata
presentata tardivamente dalla ricorrente, in quanto, si fa
presente, il diritto di accesso agli atti non impone il
rispetto di alcun termine decadenziale, in virtù del suo
carattere strumentale che deve interessare la situazione soggettiva
finale sottesa al documento di cui viene richiesta
l’ostensione.
L’istanza, peraltro, può sempre essere
reiterata in presenza di fatti nuovi – sopravvenuti,
oppure già esistenti e non rappresentati nell’originaria istanza –
oppure anche a fronte di diversa prospettazione dell’interesse
giuridicamente rilevante.
Il ricorso deve quindi essere accolto, con conseguente
annullamento del provvedimento di diniego di accesso ai documenti e
ordine, per il Comune, di procedere all’esamina dell’istanza.
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