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La pesca è da sempre una delle attività umane più antiche, un lavoro che intreccia tradizione, passione e sacrificio. Ma oggi, il settore si trova di fronte ad una crisi senza precedenti. L’età media dei pescatori italiani è di 55 anni, esattamente come l’età media delle imbarcazioni che solcano i nostri mari. Un doppio invecchiamento che non rappresenta solo una sfida generazionale, ma anche una minaccia alla sicurezza e alla sostenibilità del settore.
Una flotta che invecchia, una sicurezza che vacilla
L’anzianità delle imbarcazioni italiane è un dato preoccupante. Navigare su imbarcazioni di oltre mezzo secolo, infatti, comporta rischi sempre maggiori, sia per gli uomini che per l’ambiente. Le navi più vecchie non solo sono meno sicure, ma consumano di più, aumentando i costi operativi e le emissioni di gas serra. E mentre l’Europa incentiva il disarmo delle vecchie imbarcazioni, sono pochi i fondi dedicati al rinnovo della flotta, che potrebbe trasformare queste barche in mezzi moderni, sicuri e sostenibili.
In un’epoca in cui la lotta al cambiamento climatico è cruciale, non possiamo ignorare l’impatto che una flotta obsoleta ha sul nostro ecosistema marino. Serve un impegno deciso da parte delle istituzioni europee e nazionali per aiutare i pescatori a modernizzare le loro imbarcazioni, proteggendo così sia chi vive del mare che il mare stesso.
Il ricambio generazionale che non arriva
Accanto a una flotta invecchiata, c’è un altro problema che affligge il settore: la mancanza di giovani pescatori. Oggi, i giovani vedono il lavoro in mare come un mestiere duro, instabile e poco remunerativo. Le incertezze economiche, le normative stringenti e le difficoltà quotidiane allontanano le nuove generazioni da un mestiere che ha profondamente plasmato le comunità costiere.
Papa Francesco, nel suo recente messaggio ai pescatori, ha ricordato quanto sia forte il legame tra chi nasce sul mare e la vita in mare. “Chi è nato sul mare non può sradicare il mare dal suo cuore”, ha detto il Pontefice, riconoscendo la passione e il sacrificio di chi vive di pesca. Tuttavia, il Papa ha anche esortato le istituzioni a valorizzare questo lavoro, affinché possa essere attrattivo per le nuove generazioni, e ha lodato l’iniziativa “A pesca di plastica”, un esempio di come i pescatori possano contribuire attivamente alla salvaguardia dell’ambiente marino.
Il futuro della pesca non può prescindere dai giovani. Se non si trova un modo per far tornare i ragazzi a credere in questo mestiere, rischiamo di perdere non solo una risorsa economica, ma anche un patrimonio culturale inestimabile.
Cosa può fare l’Europa?
L’Europa ha il dovere di intervenire in modo più incisivo. Attualmente, il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l’Acquacoltura (FEAMPA) offre finanziamenti per l’efficienza energetica delle imbarcazioni e per la sicurezza sul lavoro, ma questi fondi non bastano. Bisogna andare oltre, incentivando l’acquisto di nuove imbarcazioni per i giovani pescatori, abbattendo i costi e promuovendo tecnologie sostenibili che possano garantire un futuro al settore.
È urgente che le politiche comunitarie e nazionali puntino su un rinnovamento strutturale del settore: più sicurezza, più sostenibilità e più giovani che vedano nella pesca non solo un lavoro, ma una missione. È tempo che l’Europa sostenga concretamente coloro che ogni giorno sfidano il mare, per non lasciarli soli davanti a un futuro incerto.
Il futuro è nelle nostre mani
La pesca italiana è a un bivio. Da un lato, c’è il rischio di un lento declino, segnato dall’invecchiamento delle flotte e dalla mancanza di ricambio generazionale; dall’altro, c’è la possibilità di un rilancio, se solo si riuscisse a investire con decisione su sicurezza, innovazione e giovani.
Il mare è una risorsa preziosa, e chi vive di pesca lo sa bene. È ora che anche le istituzioni riconoscano il valore inestimabile di questo settore e facciano la loro parte per garantire un futuro sostenibile per i nostri mari e per chi li solca.
Carlo Muccio
(Segretario regionale Uila Pesca)
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