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Un’inchiesta del giornalista indipendente Alex Perry, pubblicata dall’edizione europea della testata statunitense Politico, getta delle ombre molto fosche sul gigante fossile TotalEnergies. La multinazionale transalpina avrebbe avuto tutti gli elementi per essere a conoscenza dei possibili crimini di guerra compiuti dall’esercito mozambicano in uno degli eventi più tragici del conflitto in corso nel nord del Paese.
I FATTI SI SONO SVOLTI nella provincia di Cabo Delgado, nei pressi del gigantesco impianto di gas Mozambique LNG di TotalEnergies, allora in fase di costruzione. Un’opera in cui non mancano gli interessi italiani, segnatamente dell’assicuratore pubblico SACE, di Cassa Depositi e Prestiti e Saipem.
I militari mozambicani hanno ammassato in alcuni container tra le 180 e le 250 persone, incluse donne e bambini. E le hanno torturate e trucidate, tanto che dopo circa tre mesi i sopravvissuti erano solo 26. Con tutta probabilità inoltre, i militari in questione facevano parte di una task force istituita da un accordo che TotalEnergies ha siglato con il governo del Mozambico con l’obiettivo di proteggere i suoi impianti.
Un atto di barbarie, in cui davvero non pare casuale il legame con il progetto Mozambique LNG, incentrato su due giacimenti di gas naturale offshore e la costruzione di un impianto di liquefazione onshore nella penisola di Afungi.
SE LA CAPOFILA è TotalEnergies con il 26,5%, una quota è in capo anche alla Saipem, società leader nella realizzazione delle infrastrutture energetiche e partecipata da Eni al 21%. Per incastrare tutti i pezzi del puzzle, Perry si è avvalso anche di informazioni recepite tramite una richiesta di accesso agli atti inoltrata dall’associazione ReCommon a Cassa Depositi e Prestiti. Mozambique LNG, infatti, dovrebbe essere oggetto di una garanzia dell’assicuratore pubblico SACE da 950 milioni di euro per coprire i prestiti per le operazioni della Saipem, che proprio da Cassa Depositi e Prestiti dovrebbe ricevere un finanziamento di 650 milioni di euro.
La valutazione di impatto ambientale e sociale di CDP per finanziare il progetto Mozambique LNG si basava su quella di SACE, altro documento che ReCommon aveva richiesto in visione. Per la verità, il fascicolo non è stato ancora consegnato all’associazione, nonostante una sentenza del TAR e una del Consiglio di Stato sanciscano, da oltre un anno, il diritto ad accedervi.
Purtroppo quella in Mozambico è una delle tante guerre dimenticate, che, da quando gli insorgenti di matrice islamista hanno iniziato le loro sanguinose incursioni, ha provocato oltre 4mila vittime e circa un milione di sfollati.
Il territorio devastato dagli attacchi è tra i più segnati dalla piaga della povertà, ma, come visto, è al contempo ricchissimo di gas, sia nel sottosuolo che nei tratti di mare antistanti. Non a caso la presenza di TotalEnergies e della nostra Eni è massiccia.
I LAVORI DI MOZAMBIQUE LNG sono stati sospesi nell’aprile del 2021, poco prima di quella che è stata definita la «strage dei container». TotalEnergies ha quindi invocato la “forza maggiore” determinata dal conflitto in atto.
Va rimarcato che nel maggio 2023, la multinazionale francese aveva pubblicato un rapporto sui diritti umani a Cabo Delgado, commissionato a Jean-Christophe Rufin, ex-ambasciatore francese in Senegal e tra i fondatori di Medici senza frontiere.
Rufin era stato netto nell’affermare che, nella provincia economicamente più povera del Mozambico, il senso di frustrazione diffuso tra le comunità impattate dall’espansione dell’industria estrattiva fosse tra i fattori su cui potevano far leva gli insorti. L’ex-ambasciatore osservava poi che i progetti estrattivi sarebbero potuti diventare l’obiettivo di attacchi terroristici. Fatto che sarebbe avvenuto se, nella primavera del 2021, l’esercito mozambicano non avesse difeso come da contratto l’impianto del colosso francese.
Il prezzo, carissimo, è stato poi pagato dalla popolazione civile, come dimostrato dall’inchiesta pubblicata da Politico.
Al momento, quindi, l’unico progetto realizzato e operativo è la piattaforma galleggiante di produzione e liquefazione Coral South FLNG di Eni, che esporta gas da novembre 2023 dal bacino offshore di Rovuma, mentre già si parla della sua duplicazione con la piattaforma Coral North FLNG e dei primi passi per la costruzione di Rovuma LNG, in partnership con ExxonMobil.
L’inchiesta di Perry ha generato forti reazioni soprattutto in Francia, dove diversi parlamentari chiedono conto di quanto accaduto. Anche alcuni esponenti del Parlamento europeo hanno mosso forti critiche. In Italia siamo in attesa di eventi, soprattutto si aspettano altre domande sul ruolo di SACE anche sulla falsariga di quanto accaduto l’anno scorso nei Paesi Bassi, dove il Parlamento ha deciso di mettere sotto scrutinio il coinvolgimento di Atradius – corrispettivo olandese di SACE – nell’operazione Mozambique LNG.
UN BIGLIETTO DA VISITA di certo non desiderabile per il cosiddetto “Sistema Italia”, alle prese con il lancio del Piano Mattei per l’Africa. SACE e CDP fanno parte della Cabina di regia, così come Eni. Il Mozambico è uno dei paesi considerati strategici dal governo italiano e una opportunità per gli industriali di casa nostra.
Si partirà con il progetto-pilota che prevede la costruzione e l’equipaggiamento del Centro Agroalimentare di Manica (CAAM), ma la scarsa trasparenza del piano non lascia presagire nulla di buono per le operazioni future. Il 31 gennaio, al termine del vertice Italia-Africa che ha presentato il Piano Mattei al mondo, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin era certo che il piano si sarebbe occupato anche di gas: con buona pace della tanto sbandierata relazione «paritaria» e a fini «non predatori», dell’ambiente e del clima. E, come ha mostrato l’inchiesta di Alex Perry, voltando le spalle alla violenza nella provincia di Cabo Delgado, dove l’industria fossile detta legge.
* ReCommon
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