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ANCONA C’è chi è a qualche anno dalla pensione e non sa come arrivarci, chi ha figli piccoli da mantenere e un mutuo da pagare, chi aveva dei progetti di vita e ora rischia di dover rinunciare a tutto. Sono le storie, drammatiche, dei 195 lavoratori della società Giano delle Cartiere Fedrigoni che l’azienda ha deciso di licenziare e che ieri mattina si sono ritrovati davanti al palazzo della Regione per manifestare il proprio disagio e avere notizie sul futuro dell’azienda per cui lavorano.
Faccia a faccia mancato
Speravano di incontrare il Ceo Marco Nespolo, ma non c’era. Al suo posto, il responsabile delle relazioni industriali, Giuseppe Giacobello, entrato mezz’ora prima all’incontro (fissato per le 11) con l’assessore Stefano Aguzzi. I pochi che l’hanno notato l’hanno fischiato. Ma il tempo per una vera contestazione non c’è stato. Inoltre, molti di coloro che rischiano il posto sperano si possa ancora trovare una soluzione che eviti il licenziamento tout court. «Voglio essere fiducioso – dice Daniele Bonafoni, da 30 anni addetto alle centrali termoelettriche -. L’azienda si è detta disposta a trattare e questo apre uno spiraglio di speranza». Spiraglio cui Bonafoni si aggrappa con tutte due le mani, anche perché l’alternativa sarebbe drammatica. «È dal ‘95 che lavoro in cartiera. Ho sempre lavorato lì e pensavo che avrei finito di farlo lì. Invece giovedì, in 5 minuti, il mondo mi è crollato addosso. Ora mi ritrovo con un mutuo acceso due anni fa e una ristrutturazione sulle spalle. E a 54 anni non posso neanche pensare alla pensione anticipata. Se non trovano una soluzione con la vendita della Giano, oppure il nostro reimpiego in altre società del gruppo, il rischio è di dovere andare a trovare lavoro fuori, perché a Fabriano, con tutto quello che è successo ad altre grandi aziende, reperire un impiego è diventato proibitivo».
La paura
Cercare lavoro altrove è uno spauracchio soprattutto per chi ha famiglia e ha già fatto tanti sacrifici. «Il momento è pesante – dichiara Grazia Pastucci, addetta all’allestimento – ci sono le spese, la famiglia da mantenere, il mutuo da pagare. Tra l’altro in 5 anni che lavoro alla Fedrigoni sono stata più volte mandata in alta Italia per essere formata, lasciando i figli a Fabriano, e ora che pensavo di aver recuperato un po’di stabilità mi trovo senza alcuna tutela». Riccardo Birocco, 26 anni di Camerino, una famiglia ancora non ce l’ha, ma i sogni erano tanti. Ora sono a repentaglio. «È stato un brutto risveglio. Trovarsi così, senza preavviso, che ti dicono che dal primo gennaio non lavori più, non è il massimo. Con la mia compagna pensavamo di andare a convivere. In questo modo, invece, non fai più niente, perché non hai sicurezze». E dire che Birocco riteneva di essere in una botte di ferro.
La sorpresa
«Qualche anno fa, quando entravi in cartiera, pensavi: adesso sono tranquillo, questo è un posto sicuro. Quando sono arrivati gli americani qualche domanda ce la siamo fatta, ma nessuno poteva pensare a una cosa del genere. Per carità, io sono giovane e un lavoro nuovo lo posso trovare. Però ricominciare tutto da capo non è facile». E anche chi non è stato per ora toccato dai tagli non si sente del tutto indenne. «Sono qui innanzitutto per manifestare solidarietà ai miei colleghi di Fabriano e Rocchetta – riferisce Marco Brunetti -, ma anche perché non si sa mai quello che può succedere. Gli americani sembravano venuti per rimanere, però dopo quello che è successo nessuno è più al sicuro».
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