Roma, la Guardia di Finanza sequestra 47 milioni di euro all’imprenditore Gabriele De Bono #finsubito prestito immediato

Il pezzo pregiato della sua «collezione», il Lulworth, un veliero del 1920, il più antico del mondo nella sua categoria, ha addirittura una pagina Wikipedia dedicata: un cutter aurico lungo 46 metri, con un albero maestro di 52 metri e una superficie velica di oltre 1.300 metri quadrati del quale Gabriele De Bono, imprenditore romano, sarebbe venuto in possesso con un complesso giro di false fatture e riciclaggi. Dopo l’arresto del 2018 e il sequestro per equivalente (in vista della possibile confisca) il Gico della Finanza ha sottoposto a nuovo sequestro, stavolta “preventivo”, il suo patrimonio da circa 47 milioni di euro. La procura motiva questa ulteriore sigillatura con la «pericolosità sociale» data dall’alto numero e il tipo di reati di cui è accusato De Bono.
 

Associazione per delinquere

Ma se l’imbarcazione è il pezzo pregiato, non meno rilevante è il resto dei beni del 65enne: auto d’epoca (Ferrari, Rolls Royce, Jaguar, Bentley), una casa all’Argentario, ville in Sardegna e all’Olgiata, gioielli e una collezione di 77 orologi. De Bono, secondo l’accusa, aveva fittiziamente spostato la residenza prima nel Principato di Monaco e successivamente a Dubai, ed è ritenuto titolare occulto di una pluralità di società, nazionali ed estere (Seychelles, Panama, Bahamas), utilizzate per l’emissione di fatture per oltre 180 milioni di euro, dietro inesistenti consulenze a favore di imprenditori italiani che abbattevano così il proprio reddito imponibile. Al momento dell’arresto De Bono dichiarava al fisco 30 mila euro annui ma più volte nel decennio era risultato nullatenente. Nel processo ancora in corso, l’imprenditore — tornato libero — è assistito dagli avvocati Giorgio Martellino e Marco Casalini.

Processo in corso

De Bono venne arrestato con altre quattro persone con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, trasferimento fraudolento di beni e bancarotta fraudolenta. Lo yacht da crociera risultava all’epoca “irreperibile”. Era stato spostato da Porto Venere a Palma de Maiorca e da lì salpato per destinazione ignota. Solo due anni dopo, grazie al servizio di cooperazione internazionale delle polizie, venne individuato nel porto di Bizerte in Tunisia e infine riportato in Italia e messo a disposizione della Scuola Nautica di Gaeta. Ieri il nuovo provvedimento emesso dalla sezione misure di Prevenzione lo “immobilizza” ad di là dell’esito del processo.

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