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Il magistrato Russo attacca l’ex collega Laudati: il controllo sui dossier toccava a lui #finsubito prestito immediato

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Un’ora di audizione in Antimafia per scaricare ogni eventuale colpa dei dossieraggi sul luogotenente Pasquale Striano e sull’ex magistrato Antonio Laudati. In Parlamento era molto atteso l’intervento di Giovanni Russo, ex procuratore aggiunto alla Direzione nazionale antimafia, attuale direttore delle carceri, scelto dal governo Meloni per un incarico di primaria importanza. Russo era lì negli anni in cui Striano e Laudati mettevano liberamente le mani nei database ed estraevano dati delicatissimi. Di più. Era il coordinatore delle indagini economiche in cui rientrava il sottogruppo di Striano. «Ma il coordinatore – ha scandito Russo – dà indicazioni strategiche. Il coordinatore non controlla la quotidianità del lavoro degli analisti, perché a ciò c’era un magistrato incaricato». Ossia Laudati.

Da Russo è venuto un atto di accusa durissimo su quel sostituto procuratore che ora è indagato dalla procura di Perugia e che nel frattempo ha lasciato il servizio attivo. Già, perché a suo dire, le procedure erano state raffinate proprio per evitare quel che poi è successo. La falla si sarebbe verificata nell’ufficio Sos, quello che gestiva le Segnalazione di operazioni finanziarie sospette. «Al coordinatore era precluso il controllo sull’ufficio perché vi era un magistrato incaricato specificamente». E così – ha raccontato Russo – se con tutti gli altri uffici e i diversi magistrati c’era un controllo e un’interlocuzione quotidiana, l’ufficio Sos era una specie di repubblica separata. E comunque tutto andrebbe bene se, come accade normalmente, «il magistrato incaricato non si sottrae al coordinamento». Il che, ha lasciato intendere, accadeva con Laudati.

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Russo, insomma, non si sente colpevole di nulla. «Io avevo imposto delle cautele che sono state eluse». E ci tiene a ribadire che «negli 11 anni in cui io sono stato alla Direzione nazionale antimafia, non mi risultano esfiltrazioni di dati, salvo due casi di supposte esfiltrazioni che peraltro sarebbero avvenute non alla Direzione nazionale ma in due Direzioni distrettuali». Si sfoga: «Negli uffici che controllavo io, non ci sono stati pasticci».

Tutto è filato liscio, finché non sono entrati in campo Striano e Laudati. «Noi avevamo un gruppo di 45 analisti delle forze di polizia che per mia indicazione è rimasto accentrato. Questo non valeva per l’ufficio Sos, il gruppo che dipendeva dal sostituto Laudati. Questi altri analisti erano distaccati anche fisicamente con Laudati». Quindi, in conclusione, «io non avevo nessun controllo su questo ufficio Sos; il controllo dipendeva da Laudati».

Detto ciò, Russo non si nasconde la gravità di quel che è accaduto. «E’ deflagrante la violazione da parte di uno o più insider di queste banche-dati». Spiega velocemente: le Sos che passano per la Direzione nazionale antimafia sono circa 120mila l’anno (e non sono neanche tutte, essendo solo quelle che riguardano qualcuno interessato da indagini antimafia); la banca-dati Sidna, poi, è una mostruosa concentrazione di atti giudiziari e di polizia, dove confluisce ogni intercettazione, ogni informativa, ogni atto giudiziario. Questa banca-dati è talmente vasta che gli analisti si muovono con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. «E’ uno strumento potentissimo. Consente attività molto penetranti. Ci ha permesso di avviare molte inchieste dagli esiti brillanti. Guai a limitarne l’uso. Ma è chiaro che se è un’arma potentissima per le indagini diventa un’arma potentissima anche per chi ha intenti spionistici o affaristici».

Mentre Russo parla, i commissari dell’Antimafia non possono che ribollire. Sbotta la presidente Chiara Colosimo, FdI: «Ma se le procedure di controllo erano così raffinate come lei dice, come è stato possibile che nessuno si accorgesse di quel che accadeva?» E Russo: «Suppongo che Striano abbia potuto godere della sua posizione bivalente: il fatto che lui continuasse a prestare servizio presso la Guardia di finanza, dove pure vigevano sistemi controllo importanti ed efficaci, e contemporaneamente era addetto alla Direzione nazionale antimafia, potrebbe aver lasciato supporre ad entrambi i gestori che lui stesse operando nei limiti del dovuto. Per dirla tutta, le Segnalazioni di operazioni sospette, utilizzate per fatti che non c’entravano nulla con la criminalità organizzata o con il terrorismo, sono state tutte acquisite come è ovvio dalla banca dati della Guardia di finanza».

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E quindi, in conclusione, «Striano, godendo di questo doppio cappello, può aver avuto facilità di accesso ad acquisizioni senza che nessuno potesse immaginare che non erano autorizzate. Devo ritenere senz’altro che quando si collegava al sistema Siva, i sistemi e i controlli della Guardia di finanza legittimamente ritenevano che stesse lavorando per la Direzione nazionale antimafia, è questo il meccanismo che è venuto meno».

Il procuratore nazionale Giovanni Melillo, però, appena arrivato ha cambiato molte cose, gli dice ancora la presidente Colosimo. E Russo: «Quando a portare l’attacco è un insider, si è indifendibili: di fronte a questo tipo di attacchi è difficile immaginare dei rimedi assoluti. Vogliamo mettere un magistrato controllore dietro ogni analista? E poi chi controlla i controllori?».



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