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Sassari «Ho scelto di parlare dopo giorni di religioso silenzio, dopo aver ascoltato e letto narrazioni e cronache infernali, dichiarazioni, riflessioni, disperazione. Dopo fiumi di lacrime e preghiere. Tante persone, con l’animo schiacciato dallo sgomento, hanno provato ad esprimete sentimenti scaturiti dall’efferatezza della violenza, sopraggiunta lancinante fino alle nostre coscienze, procurando ferite che sanguinano prepotentemente».
Così la Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, Carla Puligheddu, sulla strage di Nuoro.
«Sarà lutto per sempre – continua – quello della comunità Sarda, a partire dalla città di Nuoro che ha perso, ammazzate, le sue “creature”. Delitti di femminicidio, di figlicidio, di omicidio, di strage familiare, compreso il suicidio dello stesso assassino, non del “capofamiglia” come qualcuno lo ha definito. Si, perché tale stereotipo è in disuso dal 1975, quando il diritto di famiglia ha stabilito che la qualifica di capofamiglia viene meno, avendo i coniugi parità di posizione sia nei riguardi reciproci sia nei confronti della prole, ed essendo la patria potestà sostituita dall’esercizio della potestà genitoriale».
E ancora: «E allora, nell’esercizio della potestà genitoriale, ovvero, “a capo della famiglia”, i genitori sono coloro che hanno cura e garantiscono la sussistenza, la sicurezza, il benessere della prole, educano al rispetto, danno il buon esempio e amano i propri figli e le proprie figlie con amore incondizionato, al di sopra di ogni eventuale contrarietà. Infatti un “Capofamiglia”, anche in ottica patriarcale, non avrebbe ucciso, semmai avrebbe dato propria vita per i suoi figli e per la loro mamma. Il figlio sopravvissuto alla strage di Nuoro è solo, ha assistito con tutti i suoi sensi all’orrore del massacro della sua mamma, della sorella maggiore, del fratellino, del vicino di casa, per mano di colui che ha sempre ritenuto un padre. E dopo aver finto di essere morto, non gli è rimasto più nulla. Chi dovrà farsi carico della salute del Minore? Dell’elaborazione di tanta miseria, se non tutte le Istituzioni? Ma questo non basterà, insieme alle Istituzioni, la Rete umana della Comunità Nuorese, principalmente, dovrà assumere l’impegno di supportare il travaglio psicologico e affettivo del ragazzo, per dare senso alla sua vita, nella consapevolezza di avere ogni famiglie, un nuovo figlio cui pensare; i suoi coetanei, un nuovo fratello da aiutare; la sua Scuola, un nuovo alunno da capire. Seppure ciascuna e ciascuno di noi col cuore straziato, vive quel profondo senso di impotenza e indugia alla ricerca di un movente che chiarisca le cause di tanta ferocia, forse non troverà il movente ma potrà riconoscersi responsabile di avere favorito, inconsapevolmente, il proliferare della cultura dell’individualismo e dell’indifferenza, quella indolenza che volta lo sguardo senza intercettare il disagio dell’altro e chi si trova, malauguratamente, solo con la sua sofferenza, porta dentro l’inferno. Dunque nessuno può sentirsi escluso dalla colpa del dolore che ha trafitto quel figlio sopravvissuto, dal vuoto che arde di rabbia e di terrore nel suo cuore».
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