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Il principio del risultato nel codice dei contratti pubblici #adessonews

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Pubblichiamo il commento delle autrici al principio del risultato nel Codice dei contratti pubblici.

Introduzione e definizione del principio del risultato

Il D.lgs. 31 marzo 2023, n. 36 (“Codice degli Appalti”), a differenza dei codici precedenti, si apre con l’elenco dei principi generali che governano la materia: si tratta di una novità assoluta, che consente di comprendere i criteri e le regole ritenute prioritarie nell’interpretazione e attuazione della normativa sui contratti pubblici.

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Il primo di tali criteri è il principio del risultato, contenuto all’art. 1 del Codice che, anche per collocazione sistematica, si atteggia a canone sovraordinato rispetto agli elementi che governano il mercato pubblico.

In realtà, gli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità dell’azione della pubblica amministrazione erano già presenti nell’Ordinamento prima del Codice poiché trovano la propria matrice nell’art. 97 della Costituzione, attuato in modo strutturato nel nostro ordinamento dalle riforme ispirate al New Public Management, introdotte già negli anni ‘90.

Tali riforme hanno portato all’adozione di leggi fondamentali come la l. 7 agosto 1990, n. 241, che ha disciplinato in modo compiuto la trasparenza e la partecipazione nei procedimenti amministrativi, per poi approdare ad interventi più articolati nell’ambito delle c.d. “Riforme Bassanini” (l. 15 maggio 1997, n. 59, l. 15 maggio 1997, n. 127, l. 16 giugno 1998, n. 191 e l. 8 marzo 1999, n. 50).

Il risultato dell’art. 1 del Codice consiste nell’affidamento dei contratti di appalto e di concessione e nella loro esecuzione “con la massima tempestività e il miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, concorrenza e trasparenza”.

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Già la definizione consente di apprezzare alcuni elementi di novità significativi: in primo luogo il risultato non si limita a costituire obiettivo della fase procedurale dell’evidenza pubblica bensì si estende anche all’esecuzione del contratto, ponendosi come finalità ultima dell’azione amministrativa, presente per tutta la durata del rapporto negoziale.

In secondo luogo, esso si estrinseca in due elementi significativi: il tempo e la qualità dell’affidamento.

La tempestività della procedura di gara si pone come espressione del risultato da perseguire, da coordinarsi con i termini di durata massima delle procedure, introdotti nel 2020 e definitivamente recepiti nel Codice nell’Allegato I.3.: il superamento di tali termini, ai sensi dell’art. 17, comma 3, costituisce silenzio inadempimento e rileva ai fini del rispetto del dovere di buona fede, anche in pendenza di contenzioso.

La tempestività, pertanto, costituisce un obbligo giuridico.

Il miglior rapporto qualità-prezzo, dal canto suo, declina la concorrenza nel settore pubblico in termini non esclusivamente economici, elevando la qualità a vero e proprio elemento qualificante del risultato: non si tratta di mere affermazioni formali, dal momento che – come si vedrà – vi sono già applicazioni giurisprudenziali che identificano il risultato con la miglior qualità della prestazione.

I due principi che nei codici precedenti avevano un ruolo centrale e prevalente, la concorrenza e la trasparenza, diventano nel nuovo Codice entrambi funzionali al perseguimento del risultato, assumendo valenza in qualche modo recessiva rispetto a quest’ultimo. L’art. 1, comma 2, infatti, specifica che “la concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del Codice”.

È interessante anche notare che per la prima volta si introduce il criterio della “semplicità”, come naturale antagonista della complessità fisiologica della normativa che regola i contratti pubblici derivante dall’intreccio di norme europee e nazionali, atti regolatori (ANAC, MIT) e orientamenti giurisprudenziali.

Il comma 4 dell’art. 1 stabilisce, inoltre, che il principio del risultato deve essere considerato come criterio prioritario nell’esercizio del potere discrezionale e nella determinazione della regola per il caso concreto.

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La discrezionalità, dunque, deve essere informata al perseguimento del risultato come sopra definito e la valutazione del suo corretto esercizio non potrà più prescindere dal conseguimento degli obiettivi prefissati.

Se ne può dedurre una rinnovata valorizzazione della discrezionalità amministrativa nelle procedure di gara, con maggiore flessibilità e autonomia della stazione appaltante nell’individuazione delle regole di autovincolo e nella gestione operativa delle diverse questioni che possono emergere nel corso dell’iter procedurale.

Da questo punto di vista il principio del risultato è intimamente connesso al nuovo principio della fiducia di cui all’art. 2 del Codice, dato che il risultato costituisce criterio di valutazione della “responsabilità del personale che svolge funzioni amministrative e tecniche nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione del contratti”, oltre che metro di attribuzione degli incentivi previsti dalla contrattazione collettiva (art. 1, comma 4).

Il Codice, con la previsione di nuovi principi nei primi due articoli, ha inteso dunque restituire nuova dignità alla capacità del pubblico funzionario di interpretare e bilanciare al meglio gli interessi pubblici e privati coinvolti nelle procedure di affidamento e nell’esecuzione del contratto, potendo individuare liberamente – sempre nell’ambito della legalità – le soluzioni più efficaci e opportune per il caso concreto, non essendo vincolato a regole minuziose, formali e tuzioristiche, con maggiore libertà di azione e di innovazione, in un’ottica concreta e contemporanea di efficienza.

Urbanistica e appalti, Autori AA.VV., Ed. IPSOA, Periodico. Il bimestrale per approfondire le novità e gli impatti della Riforma del Codice degli appalti.
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Interpretazione giurisprudenziale del principio del risultato

Dopo poco più di un anno dall’entrata in vigore del Codice, è possibile esaminare le prime sentenze che hanno interpretato e applicato a fattispecie concrete il principio del risultato.

La violazione di tale principio, infatti, costituisce un nuovo vizio dell’atto amministrativo.

Al riguardo si segnalano alcune pronunce che ribadiscono la preminenza del risultato come criterio guida dell’azione amministrativa nell’ambito delle procedure di gara.

In tal senso il TAR Campania, Napoli, sez. III, con la sentenza 15 gennaio 2024 n. 377, ha confermato che tale principio, peraltro ritenuto applicabile anche a procedure di gara regolate dalla normativa previgente, deve essere utilizzato come criterio orientativo per risolvere dubbi interpretativi, dando priorità agli obiettivi pubblici rispetto a formalismi che non rispondono a reali esigenze di tutela (sentenza annullata da Consiglio di Stato, III, 27 maggio 2024, n. 1215, pur confermando la preminenza del principio del risultato e la sua immanenza nell’ordinamento).

Riguardo al suo contenuto, si è detto che “il richiamo alla nozione di risultato integra i parametri di legittimità dell’azione amministrativa con riguardo ad una categoria che implica verifiche sostanziali e non formali, di effettività del raggiungimento degli obiettivi (di merito, e di metodo) oltre che di astratta conformità al paradigma normativo” (Consiglio di Stato, sez. III, 29 dicembre 2023, n. 11322).

La valenza del principio del risultato quale cardine dell’azione amministrativa anche aldilà del perimetro applicativo del Codice e delle procedure di affidamento è stata affermata dal Consiglio di Stato, sez VI, con la sentenza 4 giugno 2024, n.4996, ove si è chiarito che esso vada “ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del d.lgs. n. 36 del 2023”: ne consegue che “il risultato può essere adottato dal Giudice quale criterio orientativo anche per i casi in cui debba essere risolto il dubbio sulla sorte di procedure ad evidenza pubblica non rette dal d.lgs. n. 36/2023 (Cons. Stato, sez. V, 27.02.2024 n. 1924)”.

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La pronuncia in questione precisa, infine, che il principio del risultato “non deve essere posto in chiave antagonista rispetto al principio di legalità. Al contrario, come chiarito dalla terza Sezione (Cons. Stato, sez. III, 26.03.2024 n. 2866), il valore del risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”.

Si registra poi un altro gruppo di sentenze che valorizzano il risultato in termini di qualità della prestazione oggetto della gara. Così, ad esempio, Consiglio di Stato, sez. III, 26 marzo 2024, n. 2866, in relazione ad una controversia sulla conformità del prodotto offerto (sistemi di anestesia) a quanto richiesto nel capitolato di gara, ha affermato che “il risultato atteso è la fornitura in opera perfettamente funzionante delle apparecchiature” e che “non soddisfa certamente tale requisito la fornitura di apparecchiature che, come accennato, a fronte dell’apparente minor costo di acquisto implicano il necessario svolgimento di attività materiali e giuridiche aggiuntive: le quali, oltre ai costi relativi ai corrispettivi per l’acquisto degli ulteriori materiali necessari al funzionamento, comportano altresì dei costi relativi ai tempi e all’impiego delle risorse umane necessarie per il compimento delle relative procedure”.

In questa pronuncia, la Corte fa riferimento al parametro del risultato previsto dalla legge di gara, confermando così il carattere intrinseco del principio di “amministrazione di risultato” all’interno del sistema. Tale concetto era già stato collegato dalla dottrina al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, anche prima che fosse esplicitamente sancito nell’art. 1 del decreto legislativo n. 36 del 2023 con specifico riferimento ai contratti pubblici.

In tal senso, infatti, il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza del 26 marzo 2024 n. 2866, riguardante una controversia sull’aggiudicazione di un appalto per la fornitura di dispositivi medici, ha stabilito che, “pur essendo la fornitura in questione non ancora soggetta, ratione temporis, alla disciplina di cui al d. lgs. 36/2023, l’utilizzo da parte della legge di gara del parametro del risultato esplicita e conferma, nello specifico procedimento per cui è causa, il carattere immanente al sistema della c.d. amministrazione di risultato (che la dottrina ha ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del citato d. lgs. n. 36 del 2023 con specifico riferimento alla disciplina dei contratti pubblici)”.

Per altro verso con sentenza 9 febbraio 2024, n. 230, il TAR Veneto, sez. I, ha escluso che il principio del risultato, inteso come risultato della maggior convenienza dell’offerta per la stazione appaltante, potesse essere invocato per ammettere una revisione dei costi della manodopera nell’ambito del procedimento di anomalia dell’offerta.

Gli orientamenti giurisprudenziali richiamati consolidano la tendenza verso un’applicazione pratica del principio in esame, che privilegia il conseguimento di risultati effettivi e la qualità delle prestazioni, piuttosto che una mera applicazione formale delle norme.

L’interpretazione giurisprudenziale del principio di risultato assume particolare rilievo, soprattutto quando si tratta di tipologie contrattuali vincolate al rispetto di tempistiche rigorose e stringenti, in quanto correlate alla concessione di finanziamenti pubblici, come ad esempio quelli derivanti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

La valenza preminente dell’elemento temporale ai fini del risultato trova conferma nella sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, del 18 agosto 2024, n. 7114 che ha sottolineato che “l’impostazione accelerata della sequenza procedimentale (che nella gara qui controversa trova un ulteriore presidio in ragione del fatto che si tratta di appalto PNRR) si inscrive in un contesto di rispetto del principio del risultato”.

Alla luce delle prime pronunce sul principio in esame, si può apprezzare l’estensione della portata applicativa del principio del risultato, che si pone come criterio-guida per garantire che l’azione amministrativa sia orientata verso l’efficienza e la tempestività.

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