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L’illecito disciplinare non è scriminato dall’asserita buona fede, giacché per l’imputabilità dell’infrazione è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l’atto deontologicamente scorretto, a nulla rilevando la buona fede dell’incolpato; elementi dei quali si può tener conto solo nella determinazione concreta della sanzione.
Così si è espresso il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza 18 aprile 2024, n. 132 (testo in calce).
Il caso
Un avvocato veniva condannato alla sospensione per un anno dall’esercizio della professione forense, in relazione a due procedimenti riuniti:
- il primo relativo alla consegna ad un detenuto di una busta chiusa, contenente una banconota da 50,00 euro (ricevuta la sera prima dal padre di questo) – irrilevanti sono state ritenute le circostanze addotte dall’incolpato a giustificazione del proprio comportamento (ovvero la lontananza del luogo di detenzione dall’abitazione del genitore; l’aver tastato la busta, per verificare che non ci fosse nulla di spessore; l’aver riferito al detenuto di non aprire la busta e consegnarla all’agente preposto).
- il secondo relativo alla condanna per peculato continuato, essendosi appropriato della somma di 20.850,00 euro dal conto corrente intestato ad un soggetto di cui era amministratore di sostegno. Il CDD sottolineava, al riguardo, come l’incolpato non avesse mai presentato un rendiconto, né giustificato i prelievi (tenuto conto che l’asserita attività professionale svolta non è consentita per incompatibilità con il ruolo di amministratore di sostegno).
La decisione
Con riferimento alla prima contestazione, il ricorrente ha sottolineato di non aver compiuto alcuna violazione, considerato che il detenuto non avrebbe potuto comunque utilizzare il denaro contante in carcere e che, in ogni caso, si trattava di condotta di particolare tenuità.
Per il Consiglio tali argomentazioni sono fondate in quanto non vi è ragione di dubitare che, qualora l’avvocato si fosse realmente avveduto che tale plico contenesse una banconota da 50,00 euro, avrebbe provveduto in proprio al deposito di essa sul conto corrente del carcere (laddove permesso dalla Casa Circondariale di Piacenza), onde consentirne il lecito utilizzo, ovvero avrebbe certamente suggerito al padre del medesimo di effettuare un vaglia postale o un bonifico intestato al figlio.
Quanto alla seconda contestazione, per il Consiglio, il Giudice della disciplina ha adottato una decisione di merito coerente con le emergenze probatorie ed esente da vizi o contraddizioni logiche o motivazionali, neppure relativamente alla individuazione della tipologia di sanzione da applicarsi, e ciò in quanto, ai fini dell’integrazione dell’illecito disciplinare, è sufficiente la suitas della condotta, come volontà consapevole dell’atto che si compie.
Infatti, l’incolpato non ha mai presentato un rendiconto, né giustificato i prelievi in contanti, mentre sono da considerarsi del tutto inconferenti e sfornite di qualsivoglia supporto probatorio le difese svolte, finalizzate a valorizzare lo svolgimento di una asserita (e non dimostrata) attività professionale prestata in favore dell’amministrato, in ogni caso vietata per incompatibilità con il ruolo di amministratore di sostegno.
Tuttavia il Consiglio ha, comunque, rideterminato in misura più lieve la sanzione inflitta in quanto, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, “la determinazione della sanzione disciplinare non è frutto di un mero calcolo matematico, ma è conseguenza della complessiva valutazione dei fatti, della gravità dei comportamenti contestati, violativi dei doveri di probità, dignità e decoro sia nell’espletamento dell’attività professionale che nella dimensione privata. A tal fine, può aversi riguardo, per un suo eventuale inasprimento, alla gravità della condotta ed a precedenti condanne disciplinari, nonché, per una sua eventuale mitigazione, alla ammissione delle proprie responsabilità e, più in generale, al comportamento processuale dell’incolpato”.
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La legge sul diritto d’autore art. 70 consente l’utilizzazione libera del materiale laddove ricorrano determinate condizioni: la citazione o riproduzione di brani o parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi qualora siano effettuati per uso di critica, discussione, insegnamento o ricerca scientifica entro i limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera citata o riprodotta.
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