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Potrebbero esserci 15.000 licenziamenti in vista per Volkswagen, primo gruppo automobilistico europeo. I tagli, una decisione senza precedenti, potrebbero arrivare senza che ci sia bisogno dell’approvazione del consiglio di sorveglianza. E ai licenziamenti potrebbe seguire la chiusura di due o tre impianti, o anche di più. Ne danno notizia gli analisti di Jefferies, società di investment banking e intermediazione titoli. Gli esperti hanno rivelato il sentiment raccolto interagendo con fonti qualificate del gruppo tedesco. Per i licenziamenti secondo la modalità indicata occorrerebbero accantonamenti fino a 4,4 miliardi di euro nel quarto trimestre.
Nessuna alternativa
“Non esiste un piano B”, hanno chiarito le fonti agli analisti di Jefferies: in caso i colloqui con i sindacati per il rilancio di Volkswagen fallissero si procederebbe senza indugi verso i tagli e le chiusure. Il gruppo con sede a Wolfsburg non ha replicato alle informazioni diffuse dalla stampa.
“I sindacati – puntualizza Jefferies – possono scioperare solo sul salario e non sulla chiusura degli impianti o sui licenziamenti se non sono protetti da contratti”. Contratti che il colosso dell’automotive intende disdire. Gli attuali accordi salariali aziendali e la sicurezza del posto di lavoro in essi prevista scadranno alla fine di quest’anno. Volkswagen ha fatto sapere che il precedente piano di revisione dei costi, che prevedeva di recuperare 10 miliardi di euro entro il 2026, non basta più per salvare il marchio: serve un nuovo piano da 15 miliardi per riconquistare la competitività internazionale.
Lo scontro nel Consiglio di sorveglianza di Volkswagen si preannuncia durissimo: l’organo è composto da 20 membri, per metà rappresentanti degli azionisti e per metà rappresentanti dei dipendenti.
Quali impianti chiuderanno
Secondo le intenzioni dei vertici Volkswagen dovranno essere certamente chiusi un impianto di assemblaggio e uno dedicato alla componentistica, entrambi in Germania. Il piano potrebbe prevedere la chiusura di un terzo impianto, ancora da individuare. Ma Jefferies fa sapere che il numero degli impianti chiusi potrebbe salire fino a cinque.
Decisione senza precedenti
Il piano di maxi-tagli, il primo negli 87 anni di storia di Volkswagen, porrà fine agli accordi trentennali di garanzia dei posti di lavoro, che sarebbero scaduti nel 2029.
Le proteste
La chiusura degli impianti Volkswagen certifica la crisi del settore dell’automotive e si riverbera su tutta la filiera: sono decine di migliaia i lavoratori dell’indotto, in tutta Europa, che rischiano di vedere ridimensionare le commesse o di restare del tutto senza lavoro.
A Bruxelles oltre cinquemila manifestanti provenienti dal Belgio e dall’estero hanno marciato verso l’Europarlamento esibendo cartelli a sostegno dei lavoratori Audi (costola del gruppo Volkswagen) e chiedendo la fine del “dumping” cinese. L’Audi di Bruxelles rischia la chiusura: ad col fiato sospeso sono circa 3.000 lavoratori che rischiano di perdere il posto. Che si aggiungono agli altri 15.000 licenziamenti annunciati nel Gruppo. Non è dunque difficile prevedere nuove e imminenti proteste e di piazza, soprattutto in Germania.
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