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La nuova procedura di sanatoria semplificata che consente di accertare la compatibilità paesaggistica anche rispetto agli interventi che hanno comportato l’aumento di superficie utile o di volumetria rispetto a quelli legittimamente realizzati, è, certamente, uno degli aspetti più interessanti della legge di conversione del decreto Salva Casa, la numero 105/2024. Si pone, però, un problema interpretativo di assoluto rilievo, atteso che, almeno formalmente, non è stato abrogato l’articolo 167 del D.lgs. 42/2004 che vieta, in maniera rigorosa, la possibilità di assentire, sia pure in sanatoria, opere che abbiano tali caratteristiche d’incrementi volumetrici o di superfici.
L’accertamento della compatibilità paesaggistica prima del Salva Casa
Sino all’entrata in vigore della Legge di conversione del decreto Salva Casa, la numero 105/2024, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 27 luglio ultimo scorso, l’accertamento della compatibilità paesaggistica era pacificamente, ed unicamente, disciplinato dal quarto comma dell’articolo 167 del Decreto Legislativo numero 42/2004, il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, secondo il quale:
“L’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l’impiego di materiali in difformità dall’autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell’articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380”.
Dalla lettura della norma, risulta evidente come l’accertamento della compatibilità paesaggistica sia, in ogni caso, da escludersi nelle ipotesi in cui gli interventi abusivi, in quanto effettuati in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica su immobili sottoposti al relativo vincolo, determinino nuovi volumi o superfici utili, ovvero un aumento di quelli legittimamente assentiti e realizzati.
Il tutto, secondo una procedura rigida che, nei casi citati, non ammette, almeno secondo il disposto del D. Lgs. 42/2044, deroghe ai requisiti ivi prescritti e richiesti, anche rispetto all’impiego di materiali difformi dall’autorizzazione paesaggistica o alle opere riconducibili alle categorie della manutenzione ordinaria o straordinaria, secondo le definizioni ricavabili dal d.P.R. 380/01.
L’accertamento di compatibilità paesaggistica dopo la legge Salva Casa
Tale regime è stato, di fatto, quantomeno integrato dalle modifiche apportate, in sede di conversione in legge, al testo originario del decreto legge numero 69/2024.
Nell’ottica della semplificazione delle procedure amministrative perseguite dal Legislatore della riforma, infatti, il nuovo articolo 36 bis del d.P.R. 380/01, relativo all’accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali, disciplina l’ipotesi in oggetto in maniera sostanzialmente opposta, stabilendo al quarto comma che:
“Qualora gli interventi di cui al comma 1 siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nei casi in cui gli interventi di cui al comma 1 risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione”.
In altre, e più semplici parole, in evidente contrasto alla norma in vigore, si consente l’ottenimento dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi eseguiti su immobili vincolati, anche nel caso in cui abbiano creato nuova volumetria o superficie utile, ovvero abbiano incrementato quelle legittimamente realizzate.
La nuova disciplina ed il silenzio/assenso
Ma vi è di più, in quanto, non solo sono state legittimate ipotesi di accertamento della compatibilità paesaggistica sino ad ora non esistenti (anzi, vietate dalla legislazione previgente), ma è stata, di fatto, profondamente modificata la procedura per accedere alla sanatoria semplificata, in quanto la legge numero 105/2024 ha introdotto l’istituto del silenzio/assenso.
Secondo la legge Salva Casa, infatti, le nuove modalità procedurali sono le seguenti:
- l’autorità competente (analogamente a quanto previsto dal D. Lgs. 42/2004) deve pronunciarsi sulla relativa istanza nel termine di perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni;
- decorsi inutilmente entrambi i termini in oggetto (ed è questa la novità di rilievo), si forma il silenzio/assenso sui pareri vincolanti e, in tale ipotesi, la parola passa al dirigente, o al responsabile, dell’ufficio tecnico comunale, il quale sarà chiamato ad effettuare una valutazione discrezionale in ordine all’istanza, provvedendo in autonomia alla determinazione sull’accertamento della compatibilità paesaggistica.
Il successivo comma 5 bis) dell’articolo 36 bis) del d.P.R. 380/01, infine, prevede che:
- qualora l’accertamento di compatibilità paesaggistica si sia concluso con esito favorevole, l’istante dovrà provvedere al pagamento di una sanzione determinata ai sensi del medesimo comma 5 bis), sulla base di una perizia di stima redatta da un Tecnico abilitato;
- nell’ipotesi contraria (ossia, rigetto della domanda), la norma prevede l’applicazione della sanzione demolitoria, espressamente richiamando il primo comma dell’articolo 167 del D. Lgs. 42/2004.
I problemi di coordinamento: una sfida per il futuro
Dall’analisi, necessariamente sintetica, sin qui condotta, emerge, tuttavia, un dato sul quale sarà necessario interrogarsi: come conciliare le due discipline, quella previgente del D. Lgs. 42/2004, e quella successiva della Legge 105/2024, posto che l’una vieta ciò che l’altra consente?
Deve ritenersi la prima prevalente sulla seconda, attesa l’immutata forza cogente della disciplina che tutela i beni culturali ed il paesaggio, o deve attribuirsi prevalenza alla nuova disciplina, in quanto contenuta in una legge, di fatto sovraordinata ad un decreto legislativo?
Atteso che il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, e segnatamente l’articolo 167, comma quarto, non è stato oggetto di abrogazione da parte della legge Salva Casa, è questa la sfida più interessante con la quale gli interpreti dovranno, nel tempo, cimentarsi, tenendo nel debito conto anche le risposte che, inevitabilmente, arriveranno, immancabili, dalla giurisprudenza di settore.
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