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Il Consiglio di stato, Sez. VII, con la sentenza n. 4481 del 20 maggio 2024, dichiara illegittimi, in quanto contrari al diritto dell’Unione Europea, gli atti con cui si estende automaticamente la durata delle concessioni demaniali marittime, e detta i principi vincolanti a cui magistratura e amministrazioni devono attenersi in materia. In altri termini: qualsiasi proroga alle concessioni balneari senza gara viola il diritto comunitario.
La sentenza accoglie l’appello principale dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, che aveva espresso un parere negativo sulla delibera di un comune pugliese, relativa all’Atto di indirizzo per l’applicazione dell’estensione ex lege della durata delle concessioni demaniali marittime vigenti, ritenendo che il Comune avrebbe dovuto disapplicare la normativa posta a fondamento della delibera per contrarietà della stessa ai principi e alla disciplina eurounitaria.
Proroga concessioni balneari senza gara: i motivi dell’intervento Ue
Tutto questo perché “le disposizioni relative alla proroga delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative contenute nel provvedimento amministrativo in parola integrano (…) specifiche violazioni dei principi concorrenziali, nella misura in cui impediscono il confronto competitivo che dovrebbe essere garantito in sede di affidamento di servizi incidenti su risorse demaniali di carattere scarso“. Ciò vale in particolare per gli articoli 49 e 56 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (Tfue), “essendo suscettibili di limitare ingiustificatamente la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi nel mercato interno, nonché con le disposizioni normative unionali in materia di affidamenti pubblici“.
Il Comune avrebbe dovuto comunicare all’Autorità, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione del parere motivato, le iniziative adottate per rimuovere le violazioni della concorrenza sopra esposte, ma in assenza di tale comunicazione, l’Autorità si è rivolta al giudice amministrativo. Il Tar Puglia, con la sentenza n. 1224 del 2 novembre 2023, aveva dichiarato improcedibile il ricorso proposto dall’Autorità per sopravvenuto difetto di interesse, dato che “gli atti impugnati dall’Autorità risultano caducati e privi di efficacia già per effetto della normativa sopravvenuta, e che, comunque, risulta mutato il contesto giuridico e fattuale di riferimento.”
Avverso la sentenza del Tar, l’Autorità ha proposto appello al Consiglio di Stato, che l’ha ritenuto fondato, disponendo l’annullamento della deliberazione della Giunta comunale, con le motivazioni che sinteticamente riportiamo.
Diritto europeo e proroghe automatiche nazionali
Innanzitutto, per il Consiglio di Stato “sussiste e permane l’interesse dell’Autorità (che è un interesse sostanziale e assume i connotati dell’interesse a un bene della vita, nella specie quello al corretto funzionamento del mercato) a fare valere l’illegittimità degli atti impugnati in primo grado, lesivi del diritto alla concorrenza.
Sulla questione della applicabilità della Dir. 2006/123/CE e della incompatibilità delle proroghe automatiche disposte dal legislatore nazionale, il Consiglio di Stato ricorda che la Corte di Giustizia UE si è espressa con più decisioni (sentenze del 14 luglio 2016 (C-458/14 e C-67/15 e del 20 aprile 2023 (C-348/22) che hanno indicato la corretta interpretazione dell’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE sulle concessioni demaniali marittime, e rivendica la funzione, quale giudice nazionale, di dare applicazione al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di Giustizia.
L’efficacia diretta della norma europea
La Direttiva 2006/123/CE ha effetti diretti, è self-executing ed è immediatamente applicabile. Tutte le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – anche quelle in favore di concessionari che avessero ottenuto il titolo in ragione di una precedente procedura selettiva laddove il rapporto abbia esaurito la propria efficacia per la scadenza del relativo termine di durata – sono illegittime e devono essere disapplicate dalle amministrazioni ad ogni livello, anche comunale, imponendosi, anche in tal caso, l’indizione di una trasparente, imparziale e non discriminatoria procedura selettiva.
All’art. 12, paragrafo 2, la direttiva dispone in particolare che un’autorizzazione, quale una concessione di occupazione del demanio marittimo, sia rilasciata per una durata limitata adeguata e non possa prevedere la procedura di rinnovo automatico. Tale disposizione ha effetto diretto in quanto vieta “in termini inequivocabili” agli Stati membri di prevedere proroghe automatiche e generalizzate di siffatte concessioni.
La direttiva impone agli Stati membri l’obbligo di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali e vieta loro di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività, in termini incondizionati e sufficientemente precisi.
La Corte di Giustizia ha precisato che “la circostanza che tale obbligo e tale divieto si applichino solo nel caso in cui il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali utilizzabili, le quali devono essere determinate in relazione ad una situazione di fatto valutata dall’amministrazione competente sotto il controllo di un giudice nazionale, non può rimettere in discussione l’effetto diretto connesso a tale articolo 12, paragrafi 1 e 2“.
La disapplicazione delle disposizioni nazionali contrarie
Sono i giudici nazionali e le autorità amministrative, comprese quelle comunali, a dover valutare l’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’art. 12, paragrafi 1 e 2, della Direttiva 2006/123/CE, con l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie, senza che ciò possa essere condizionato o impedito da interventi del legislatore.
Devono, quindi, essere disapplicate perché contrastanti con l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE e comunque con l’art. 49 del T.F.U.E., tutte le disposizioni nazionali che hanno introdotto e continuano ad introdurre, con una sistematica violazione del diritto dell’Unione, le proroghe delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.
Proroga concessioni balneari senza gara: un quadro normativo stravolto
Le sentenza elenca puntualmente tutte le le disposizioni di proroga previste in via generalizzata e automatica e le più recenti proroghe che stravolgono il quadro normativo con nuove proroghe rese indeterminate da una serie di disposizioni palesemente contrastanti con i descritti principi dell’ordinamento dell’UE.
In particolare, la legge n. 14 del 2023, oltre a spostare al 31 dicembre 2024 il termine di efficacia delle concessioni e al 31 dicembre 2025 la possibilità di differimento, ha previsto che le concessioni “continuano in ogni caso ad avere efficacia sino alla data di rilascio dei nuovi provvedimenti concessori“, e che “fino all’adozione dei decreti legislativi attuativi della legge, è fatto divieto agli enti concedenti di procedere all’emanazione dei bandi di assegnazione delle concessioni“.
Appare evidente che il complesso delle disposizioni introdotte dalla legge n. 14 del 2023 determina una nuova proroga automatica e generalizzata delle concessioni balneari, resa indeterminata e potenzialmente illimitata nella durata. Ne deriva il mantenimento delle attuali concessioni balneari italiane senza termine, in contrasto con i più volte richiamati principi dell’Unione. Ciò impone al giudice nazionale e alle amministrazioni di disapplicare tali disposizioni nella loro interezza.
Principi vincolanti per i giudici e le amministrazioni nazionali
- le pubbliche amministrazioni, al fine di assegnare le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, devono applicare l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, costituendo la procedura competitiva, in questa materia, la regola, salvo che non risulti, sulla base di una adeguata istruttoria e alla luce di una esaustiva motivazione, che la risorsa naturale della costa destinabile a tale di tipo di concessioni non sia scarsa, in base ad un approccio che può essere anche combinato e deve, comunque, essere qualitativo;
- anche quando non ritengano applicabile l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE, esse devono comunque applicare l’art. 49 del Tfue e procedere all’indizione della gara, laddove la concessione presenti un interesse transfrontaliero certo, da presumersi finché non venga accertato che la concessione difetti di tale interesse, sulla scorta di una valutazione completa della singola concessione.
L’obbligo di applicare l’art. 12 della Dir. 2006/123/CE o l’art. 49 del T.F.U.E. potrebbe in ipotesi ritenersi insussistente soltanto in assenza di entrambe tali imprescindibili condizioni: la scarsità della risorsa e l’interesse transfrontaliero della concessione, la cui valutazione è comunque soggetta al controllo del giudice.
La posizione del concessionario “uscente”
La giurisprudenza costante del Consiglio di Stato ha chiarito che il concessionario di un bene demaniale non può vantare alcuna aspettativa al rinnovo del rapporto, sicché il relativo diniego, comunque esplicitato, nei limiti ordinari della ragionevolezza e della logicità dell’agire amministrativo, non necessita di ulteriore motivazione e non implica alcun “diritto d’insistenza” allorché la pubblica amministrazione intenda procedere a un nuovo sistema d’affidamento mediante gara pubblica o comunque procedura comparativa.
In sede di rinnovo, il precedente concessionario va posto sullo stesso piano di qualsiasi altro soggetto richiedente lo stesso titolo, con possibilità di indizione di una gara al riguardo senza necessità di particolare motivazione con riferimento al diniego della richiesta di rinnovo.
Concessioni balneari senza gara: la proroga “tecnica”
Si può ritenere compatibile con il diritto dell’Unione la sola proroga “tecnica” funzionale allo svolgimento della gara, laddove essa fissa come termine di efficacia delle concessioni il 31 dicembre 2023 e consente alle autorità amministrative competenti di prolungare la durata della concessione, con atto motivato, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura competitiva e, comunque, non oltre il termine del 31 dicembre 2024 “in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva entro il 31 dicembre 2023, connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa“.
Per giovarsi legittimamente di tale proroga tecnica senza violare o eludere il diritto dell’Unione, le autorità amministrative competenti – e, in particolare, quelle comunali – devono avere già indetto la procedura selettiva o comunque avere deliberato di indirla in tempi brevissimi, emanando atti di indirizzo in tal senso e avviando senza indugio l’iter per la predisposizione dei bandi.
La procedura d’infrazione Ue e le misure adottate dal Governo
La questione della riforma delle concessioni balneari, evidenziata da questa sentenza, ha portato a una procedura d’infrazione europea, che il Governo italiano intende risolvere con un decreto-legge, approvato dal Consiglio dei ministri il 5 settembre 2024, che proroga le concessioni in scadenza a fine anno fino al 30 settembre 2027, prevede nuove gare da bandire entro giugno 2027, e un indennizzo per i gestori uscenti, a carico dei subentranti e calcolato in base a parametri definiti da un decreto del ministro dei Trasporti da emanare entro il 31 marzo 2025.
La bozza del decreto-legge sulle concessioni balneari prevede anche la possibilità di una proroga delle concessioni in scadenza fino al 31 marzo 2028 “in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione della procedura selettiva connesse, a titolo esemplificativo, alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa“.
La durata delle nuove concessioni andrà da un minimo di 5 a un massimo di 20 anni, per garantire al concessionario di ammortizzare gli investimenti effettuati. Prevista inoltre l’assunzione di lavoratori impiegati nella precedente concessione, dalla quale ricavavano la prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare.
Tra i criteri di valutazione delle offerte sarà considerato, come chiesto dalle associazioni di categoria, anche la titolarità, nei cinque anni precedenti, di una concessione balneare quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare.
Dalla Commissione europea arrivano segnali positivi sul provvedimento del Governo. In un comunicato si legge che “la Commissione e le autorità italiane hanno raggiunto un’intesa comune sul quadro legislativo della riforma delle concessioni balneari italiane alla luce del diritto dell’Ue, con una soluzione globale, aperta e non discriminatoria che copra tutte le concessioni da attuare entro i prossimi tre anni. La Commissione valuterà il decreto legge adottato dalle autorità italiane alla luce dell’intesa comune. La Commissione rimarrà in stretto contatto con le autorità italiane per quanto riguarda le misure di attuazione e l’effettivo completamento del processo di gara e di rinnovo di tutte le concessioni esistenti, entro i tempi concordati“.
Pubblicato il 31 maggio 2024, aggiornato il 9 settembre 2024
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