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Domiciliari con braccialetto elettronico per la 65enne di Viareggio che lunedì 9 settembre era stata posta in stato di fermo di polizia giudiziaria per aver ucciso un uomo, schiacciandolo contro la vetrina di un esercizio commerciale col proprio suv, la sera precedente, che poco prima l’aveva rapinata portandole via la borsa.
Il fermo
Il GIP del Tribunale di Lucca, al termine dell’udienza di convalida del fermo, celebrata presso la casa circondariale di Pisa mercoledì 11 settembre, ha disposto per la 65enne di Viareggio la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
Durante l’udienza la donna ha reso dichiarazioni spontanee fornendo la propria versione dei fatti.
“Non volevo ucciderlo, ma solo fermarlo colpendolo per riprendere la mia borsa (…) Avevo il terrore che utilizzassero le chiavi di casa i documenti, le carte e gli altri oggetti per commettere altri reati e dovevo recuperare quella borsa”, queste le parole pronunciate davanti ai giudici e riportate da Il Tirreno Versilia.
Le immagini di videosorveglianza
I fatti sono stati ripresi dalle telecamere di videosorveglianza, i cui fotogrammi documentano l’investimento dell’uomo, sul marciapiede da parte della donna alla guida del proprio veicolo, schiacciato contro la vetrina di un negozio, in retromarcia e colpendo ulteriori due volte lo straniero.
Dal video, pubblicato da diversi media, si scorge la guidatrice uscire dal suv, recuperare la borsa e ripartire verso casa, mentre l’uomo ferito risulta ancora in vita.
I soccorsi sono stati allertati da alcuni passanti che hanno notato l’uomo ferito, che è stato rianimato, trasportato d’urgenza in ospedale dove tuttavia è deceduto.
Il reato contestato: omicidio volontario
L’identità della donna è stata rivelata dalle immagini di videosorveglianza, che ha disposto il fermo e, dopo l’udienza, disposto per la 65enne la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico.
La Procura di Lucca ha formulato l’accusa di omicidio volontario. Tale delitto, denominato anche “doloso”, è previsto e punito dall’articolo 575 c.p. (rubricato, appunto “Omicidio”), dove si stabilisce che chiunque cagioni la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
Il fatto è rappresentato dall’evento morte di una persona differente dal reo, attraverso qualsiasi modalità. La verifica avviene tramite l’accertamento del nesso di causalità fra la condotta del reo e il decesso della vittima. L’elemento soggettivo è il dolo, che deve sussistere al momento dell’azione e perdurare durante tutta la durata della stessa.
Sono gli articoli 576 e 577 c.p. a elencare una serie di circostanze aggravanti specifiche che, al momento, non pare siano state contestate.
Provocazione e legittima difesa
La vicenda evoca le tematiche della “provocazione” e della “legittima difesa”.
Si rammenta che la mancata punibilità di chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sussiste se la difesa risulti proporzionata all’offesa.
La provocazione consiste invece nella circostanza attenuante comune (articolo 62 c.p., n. 2) dell’aver agito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui.
>> Leggi anche:
- Legittima difesa (una guida che fa il punto su definizione, ambito di operatività, proporzionalità tra offesa e reazione e tutte le modifiche al codice).
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