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L’abitazione principale si salva dalla maxi tassazione degli immobili ristrutturati con il Superbonus. Le plusvalenze maturate dalle vendite di un immobile oggetto di ristrutturazione edilizia – per la quale si è beneficiato delle agevolazioni fiscali – sono sottoposti ad una tassa al 26% se venduti prima dei dieci anni dalla conclusione dei lavori: si salvano, però, le prime case, se sono adibite ad abitazione principale per se stessi e per i propri familiari.

La deroga vale se nell’arco dei dieci anni prima della cessione o del periodo che intercorre tra l’acquisto – o la costruzione – e la cessione l’immobile venga utilizzato come abitazione principale. Non si applica nemmeno alle seconde case, quando vengono ereditate o donate.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio e vediamo quando si applica la maxi tassazione sugli immobili ristrutturati con il Superbonus.

Superbonus, la maxi tassazione sugli immobili venduti

In cosa consiste la maxi tassazione che andrà a colpire gli immobili oggetto di intervento agevolato con il Superbonus? Chi dovesse aver ristrutturato la propria casa e avesse intenzione di rivendere l’immobile prima di 10 anni, deve mettere in conto una tassa del 26%. L’imposta colpisce trasversalmente quanti abbiano effettuato dei lavori agevolati con il Superbonus, indipendentemente dalla percentuale dell’agevolazione ottenuta: 110%, 90% o 70%.

La tassa, ad ogni modo, si andrà ad applicare solo e soltanto quando si vengono a verificare alcune condizioni. Nella stretta rientrano le abitazioni che sono state cedute entro i 10 anni dalla fine degli interventi edilizi.

La tassa sul Superbonus è in vigore dallo scorso 1° gennaio. Ma fino a questo momento mancavano le istruzioni applicative del nuovo regime di plusvalenze, che sono state introdotte attraverso la Legge di Bilancio 2024. A chiarire una serie di dubbio ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 13/e del 13 giugno 2024.

Tassa Superbonus: i soggetti che ne sono colpiti

La tassa sul Superbonus ha un intento ben preciso. Andare a colpire economicamente gli interventi di ristrutturazione edilizia, che sono stati realizzati con un intento speculativo. L’Ance, l’Associazione nazionale costruttori Edili, ritiene che potrebbero essere colpiti da questa maxi tassazione anche quei soggetti che hanno ristrutturato il proprio immobile senza queste finalità. Comunque vada, chi verrà colpiti da questa novità saranno costretti a restituire all’Erario una parte di quanto è riuscito ad ottenere grazie alle agevolazioni al 100%. Volendo sintetizzare, la maxi tassazione andrà a colpire chi mette in vendita entro 10 anni la seconda casa.

Nell’arco di questo periodo, i contribuenti andranno incontro ad un prelievo del 26% sulle plusvalenze che sono state generate dall’operazione. Il legislatore, inoltre, ha introdotto un meccanismo di indeducibilità dei costi di ristrutturazione, che risulta essere integrale nel corso dei primi cinque anni e scende al 50% per i successivi cinque.

La tassa del 26% scatta nel momento in cui siano stati effettuati dei lavori solo nelle parti comuni di un condominio. Anche quando il singolo appartamento non è stato coinvolto in alcun modo.

L’Agenzia delle Entrate, inoltre, ha chiarito che sull’indeducibilità concorrono unicamente i costi agevolabili con il Superbonus al 110%. Ne risultano esclusi quelli che hanno beneficiato del contributo in forma ridotta, ossia al 90% e al 70%. È bene sottolineare che l’indeducibilità non viene applicata a quanti hanno detratto i costi direttamente nella dichiarazione dei redditi: si applica esclusivamente alla cessione del credito e allo sconto in fattura.

Per quanto riguarda la plusvalenza, viene considerata come se fosse un reddito diverso rispetto agli stipendi o ai guadagni, nel caso in cui non sia conseguito da dei professionisti o da delle imprese.

Che cosa si intende per plusvalenza

Prima di proseguire è meglio chiarire che cosa si intende per plusvalenza. Nel momento in cui si vende un immobile ad un prezzo maggiore rispetto a quello di acquisto si crea una plusvalenza, ossia un vero e proprio guadagno. Questo importo, generalmente, viene tassato.

La plusvalenza, quindi, è costituita dalla differenza tra quanto incassato in un determinato periodo d’imposta e il prezzo d’acquisto. La maxi tassazione al 26% sulle vendite delle seconde case ristrutturate va a colpire proprio questo importo: l’eccesso di valore conseguito a seguito della ristrutturazione dell’immobile.

Stretta Superbonus: chi si salva

Dalla maxi tassazione Superbonus alcuni contribuenti, però, si salvano. La tassa al 26% non viene applicata da quanti mettono in vendita gli immobili utilizzati come abitazione principale. La deroga vale anche quando l’immobile viene utilizzato come abitazione principale per la maggior parte dei dieci anni che passano tra l’acquisto e la cessione.

Non si applica nemmeno ai contribuenti proprietari di una seconda casa che è stata ereditata o donata.

A parte le eccezioni che abbiamo appena visto, sono soggetti alla maxi tassazione del 26% tutti gli immobili che hanno subito degli interventi di ristrutturazione agevolati grazie al Superbonus. Indipendentemente dal fatto che i lavori siano stati effettuati dal cedente – ossia il proprietario – o da altri aventi diritto – come il conduttore, il comodatario o un familiare convivente -.

 

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