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Il Ticino ha votato a favore della riforma fiscale e delle misure pensionistiche per i dipendenti statali, ma ha bocciato la Cittadella della giustizia. A livello federale, approvata la legge sull’energia e respinte le iniziative per i costi della sanità.

Con l’evidente bocciatura della Cittadella della giustizia e
con l’approvazione della riforma fiscale, le votazioni di ieri hanno mostrato
un Ticino che propende alla destra e al centrodestra, con una partecipazione al
voto di circa il 49%. Nonostante siano state approvate le misure di compensazione
in materia pensionistica per i dipendenti statali, i rossoverdi non hanno
raggiunto tutti gli obiettivi sperati, anzi. Stessa cosa a livello federale con
la bocciatura delle due iniziative sulla sanità – una del Centro e una del PS – che miravano a una riduzione
dei costi sanitari e a un tetto massimo per i premi in base al reddito disponibile. Insomma, una giornata di votazioni che ha sicuramente trovato la soddisfazione dell’UDC. Ma cerchiamo di riassumere la giornata di ieri partendo dal tema
più discusso a livello cantonale, nonché quello che ha ottenuto il risultato
più evidente: la riforma fiscale.

Il tema della fiscalità – che ha visto quasi il 57% dei voti
a favore –  è stato decisamente uno dei
più discussi degli ultimi mesi, con i socialisti che hanno insistito fino all’ultimo
nel sottolineare come la riforma sia pensata per fare regali ai ricchi in quanto
prevede, tra le varie misure, una riduzione dell’aliquota per le persone con
reddito superiore ai 300 mila franchi. Una misura sostenuta dalla destra e
adottata dal Parlamento, nonché difesa dalla concorrenzialità fiscale. Ma il
popolo ticinese si è espresso a favore, e – come sottolineato dal vicedirettore
del Corriere del Ticino Gianni Righinetti – non considera le persone benestanti
come un pollo da spennare. Righinetti ha evidenziato come questo sì “produrrà
una cascata di benefici moltiplicati per le casse statali. Una Sinistra che una
volta ancora è caduta nel tranello di quella che è una sacrosanta bugia: gli sgravi
non svuotano le casse pubbliche. Prima di ridistribuire occorre generare”. Il
pacchetto della riforma fiscale interviene inoltre in diversi ambiti, “tutti
meritevoli di attenzione e che considera tutti i cittadini in diverse fasi
della loro vita”. E anche il direttore de laRegione Daniel Ritzer ha voluto sottolineare come da questo esito “emerge rinvigorito il principio che vede nello sgravio fiscale dei più abbienti un probabile beneficio per l’intera collettività, nonostante le numerose esperienze (locali e internazionali) che dimostrano quanto una tale teoria – del presunto sgocciolamento della ricchezza – sia priva di ogni fondamento empirico”.

Vittoria, anche se in maniera decisamente più risicata,
anche per le misure di compensazione per le rendite pensionistiche dei
dipendenti statali, con un 50,6% di favorevoli a fronte del 49,4% dei contrari.
Un tema  su cui si è deciso di votare dopo
che il Consiglio di amministrazione dell’IPCT aveva deciso per una diminuzione
del tasso di conversione dal 6,17% al 5,25%. Una misura che aveva quindi portato
il Gran Consiglio ad accogliere una serie di misure di compensazione per smorzare
l’impatto della riduzione. Tuttavia, queste misure non hanno convinto le file
di destra del Parlamento, che hanno deciso a far scattare un referendum obbligatorio.
Una piccola soddisfazione per la sinistra, dunque, che per mesi si è battuta in
piazza affinché ci si attivasse per delle misure a favore delle pensioni pubbliche. Per riassumere, le misure approvate ieri prevedono in particolare un aumento dei contributi di risparmio pari al 3% dal 2025 al fine di accrescere gli accrediti di vecchiaia e dunque i capitali disponibili al momento del pensionamento. Pertanto, il prelievo sul salario degli affiliati attivi IPCT così come il contributo versato dal datore di lavoro (lo Stato) saranno aumentati al fine di mantenere l’attuale livello delle pensioni. L’aumento del 3% permetterà quindi di mantenere praticamente invariato l’obiettivo di rendita, ad oggi pari a circa il 47,5% dell’ultimo stipendio assicurato. Misure che costeranno al Cantone 14,6 milioni di franchi all’anno, 3,2 milioni ai Comuni e 4 milioni agli altri Enti affiliati.

Infine,
a livello ticinese il popolo ha detto un chiaro “no” ai quasi  80 milioni di franchi (76 per essere precisi) per
l’acquisto dello stabile EFG a Lugano che il Cantone avrebbe voluto trasformare
in una “Cittadella della Giustizia” ticinese. I favorevoli ritenevano l’investimento
necessario per dare degli spazi adeguati e dignitosi ai funzionari della giustizia
e alla popolazione che deve farvi capo. Tuttavia, i contrari hanno sempre
sottolineato e affermato a gran voce che il costo era decisamente troppo oneroso.
Così, il popolo ticinese si è espresso dopo che i parlamentari hanno indetto un
referendum finanziario, bocciando il credito con il 59,47% dei voti. Insomma,
un “no” forte e chiaro per il palazzo alle porte di Lugano che – sempre per
Righinetti – “ha dimostrato  che la Città Ticino
esiste solo nelle buone intenzioni, non nei fatti
democratici per i quali queste votazioni generano un clima da
derby, accentuato dalla componente economica, importante. I
milioni in ballo erano parecchi, come lo sono sempre per progetti
lungimiranti: l’impressione è che se da una parte tutti
hanno messo l’accento sull’investimento, a fare la sua parte
è stato l’impatto di quel sontuoso palazzo che, dopo questo
fallimento potrebbe essere destinato a restare così,
subendo l’erosione del tempo che scorre inesorabile”. Ora, il futuro
della giustizia ticinese è incerto e bisognerà aspettare ancora per una sede
degna di nota. Un esito su cui si è espresso anche il Governo. “La mancata approvazione di questo progetto imporrà ora la ricerca di soluzioni alternative, ciò che richiederà del tempo. Verranno quindi avviate analisi per chiarire il miglior modo di procedere, considerando dell’esigenza di ristrutturare l’attuale vetusto Palazzo di giustizia a Lugano, le cui dimensioni non sono da tempo sufficienti per ospitare le autorità giudiziarie che per legge hanno sede a Lugano”. Un esito che Ritzer ha definito sul foglio bellinzonese come prevedibile e la cui bocciatura quale nuova sede della giustizia ticinese “può essere considerata l’eccezione che conferma la regola. In effetti, dai risultati scaturiti dalle urne emergono nitidi i segnali che parlano di un sistema di valori piuttosto complesso, sorretto da tutta una serie di credenze, tradizioni, miti e leggende. Retaggi ideologici di un passato che sembra non voler passare e che condizionano il presente, ma soprattutto il futuro”.

 

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