Gli uomini della Provvidenza …”Grazie, ma no, grazie”

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Conto e carta

difficile da pignorare

 


Pres Draghi Auditoriun conciliazione

«Timori per la salute del Pontefice. Il Vaticano valuta un papato tecnico guidato da Mario Draghi»

(Federico Simoncini)

«Preferisce la pace o il condizionatore d’aria acceso?»

(Mario Draghi)

Deve essere proprio un vizio italiano. Non quello  di affidarsi alla Provvidenza,  (ricordiamo che il romanzo italiano per eccellenza, I Promessi Sposi di Manzoni, è il romanzo della Provvidenza, in cui la medesima ne è la vera protagonista). Ma quell’altro, per il quale, ogni tanto, ma ahimè, a scadenze sempre più ravvicinate, sbuca da un coloratissimo cappello a cilindro non un coniglio, ma un “Uomo della Provvidenza”.

Cominciò, all’inizio degli anni ’20 del secolo scorso un tal Benito Mussolini. Mascella volitiva, calvizie avanzata, sguardo luciferino, camminata un po’ rigida, petto in fuori pancia in dentro.  Il papa regnante dell’epoca, vale a dire Pio XI, quando lo vide all’opera, a rimettere ordine e a flirtare con la Chiesa cattolica, per arrivare al matrimonio del Concordato, se ne compiacque e lo definì “Uomo della Provvidenza”. Stessa cosa il cardinal Gasparri che col cavalier Benito sottoscrisse gli atti della Conciliazione. E pace fu tra Stato e Chiesa, dopo quasi mezzo secolo di scaramucce reciproche. Sull’impatto del ventennio mussoliniano è pleonastico soffermarsi.

Poi venne un altro cavaliere, e siamo già in età repubblicana, all’inizio degli anni ’90. Diversamente alto, sguardo ammiccante, fama di uomo ricco e gran seduttore. Solo che questo signore si autoinvestì di questa bislacca etichetta. E, meglio, si definì “Unto del Signore”, venuto, anzi sceso in campo, a mostrar le meraviglie del suo progetto di difendere l’Italia dal comunismo (a comunismo già cadavere), di garantire benessere, posti di lavoro… Il paese di Bengodi!

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Un Paese, l’Italia, lasciato alle pezze dall’Unto, e siamo all’inizio degli anni ’10 di questo disgraziatissimo secolo, tanto da dover ricorrere ad un altro “Uomo della Provvidenza”. Fatto senatore a vita dall’allora presidente della Repubblica Napolitano, in quattro e quattr’otto, senza che il destinatario del laticlavio, il prof. Mario Monti, avesse, ai sensi dell’art. 59 della Costituzione, “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”.

Uomo longilineo e pacato, aura professorale, eleganza innata, godette, per qualche mese, di una stampa adorante e accondiscendente. Lacrime e sangue furono la sua ricetta per risanare il Paese. Un fallimento.

Ma non basta… Evidentemente tre indizi non fanno una prova. Tre iatture si dimenticano. Tre disgrazie si metabolizzano.

Ed ecco il quarto “Uomo della Provvidenza”!

Questo ha un curriculum più risalente.

Laureatosi coll’indimenticabile prof. Caffè, keynesiano fervente, ne tradisce la causa (come lo stesso Caffè dirà poi), diviene professore di economia all’Università di Firenze. Durante gli anni novanta è direttore generale del Ministero del tesoro, e lo è nel difficile anno 1992 in cui l’attacco speculativo contro la lira porta a un tracollo di tutti i fondamentali monetari nazionali, senza peraltro, che  la lira venga salvata dal tracollo.

Vicepresidente di Goldman Sachs, nel 2005 viene nominato governatore della Banca d’Italia. Dal 2011 al 2019 ricopre la carica di presidente della Banca centrale europea.

Le agiografie sul suo conto si sprecano e passa l’idea che sia un grande economista e un raffinato “banchiere”.

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Si arriva poi, come dire che al peggio non c’è un limite, al 2021, in piena crisi pandemica, da Covid-19, a individuare in  quest’uomo, dallo sguardo di ghiaccio e dalla voce tagliente, la persona giusta per formare un nuovo governo, ancora  in costanza di governo funzionante e mai sfiduciato dal Parlamento, quello presieduto dal prof. Conte, che poi decide con dignità di dimettersi.

Anche questa volta la stampa è adorante, agiografica, acquiescente, Draghi l’uomo perfetto per gestire il momento difficile, l’uomo che non deve rispondere alle domande, l’uomo che non deve consultare nessuno per decidere.

L’uomo che ci porta in guerra contro la Russia e ci costringe a scegliere tra la pace e i condizionatori accesi, garantendoci la guerra e i condizionatori spenti.

E che poi, non pago del ruolo di Presidente del Consiglio dei ministri, si autocandida alla presidenza della repubblica (“è solo lui che può decidere se rimanere a palazzo Chigi o sloggiare al Quirinale” diranno i commentatori dei giornali italiani più importanti, dimostrando di saperla lunga!).

Prende cinque voti e rimane al Governo, salvo poi, nell’estate 2022 gettare la spugna. Ma sempre acclamato, ascoltato come un oracolo infallibile.

E oggi è ancora lì che pontifica sui massimi sistemi, consigliando a destra e a manca, come fare per uscire dalla crisi (investire in armamenti). Per uscire dalla guerra (in cui lui e qualche altra testa “raffinata e pensante”, ci ha precipitato). Insomma, è come un fungo che spunta un po’ ovunque, senza riuscire a mettere radici,  una specie di sant’Antonio in sedicesimo, un signore convinto che la sua opinione non solo conta, ma che deve essere ascoltata, seguita ed eseguita.

Il suo è un invidiabile (?) ego ipertrofico,  non certo alimentato dai risultati scadenti del suo pluridecennale operato, quanto piuttosto da una stampa sempre lì pronta a incensarlo e a divulgarne ai quattro angoli della Terra le qualità taumaturgiche!

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Questo Paese non ha bisogno di “Uomini della Provvidenza”, ma di uomini e donne onesti e competenti.

Ma, come diceva il duce, come si fa a non diventare padrone di un popolo di servi?




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