Condoni in maschera sul cemento illegale

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Quella «febbre del cemento», descritta da Italo Calvino a proposito della speculazione edilizia degli anni Cinquanta, in Italia non è mai passata, né scesa. Lo testimoniano gli ultimi dati dell’Ispra sul consumo del suolo, che – nonostante il calo demografico – continua ad avanzare al ritmo di circa 20 ettari al giorno. E, in questo quadro, l’abusivismo resta un’autentica piaga che tiene in ostaggio svariati territori, spesso fragili. Anche questo è in aumento, come certificato dell’Istat: un incremento nel 2022 del 9,1% delle case abusive, con una crescita che non si registrava dal 2004.

DI FRONTE A QUESTA EMERGENZA ci si gira dall’altra parte, d’altronde siamo il Paese dei condoni, più o meno tali, da Nord a Sud. Il discusso «Salva Milano», pronto ad approdare in Senato, legittimerebbe per l’Italia intera la deregulation urbanistica che – in barba alle inchieste giudiziarie – ha caratterizzato lo sviluppo del capoluogo lombardo. Il decreto «Salva Casa» targato Salvini, che introduce il meccanismo del silenzio-assenso da parte dei Comuni entro 45 giorni dalla domanda di sanatoria, è stato definito da Legambiente «un condono mascherato».

IL RISCHIO DI UN’ULTERIORE colata di cemento è concreto, quando invece bisognerebbe demolire gli abusi: la vera emergenza è rappresentata dalle mancate demolizioni delle costruzioni illegali. Tranne casi sporadici – soprattutto grazie alle buone pratiche di singole amministrazioni o per l’intervento della magistratura – la lotta al mattone illegale è un problema regolarmente accantonato dalla politica. Lo sanno anche le organizzazioni criminali che nel ciclo illegale del cemento fanno affari. Abusivismo e ciclo illegale del cemento restano ancora questioni centrali nei decreti di scioglimento per mafia delle amministrazioni locali. E, come fotografato dall’ultimo rapporto Ecomafia di Legambiente, gli illeciti legati al cemento continuano a salire (13.008 reati nel 2023, +6,5% rispetto al 2022), confermandosi al primo posto tra i reati ambientali.

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«LA POLITICA – SPIEGA ENRICO FONTANA, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente – sta facendo tutto il contrario di quello che dovrebbe fare nella lotta al mattone illegale. La norma del 2020 che attribuiva ai prefetti il potere sostitutivo di fronte l’inerzia dei Comuni nelle demolizioni degli abusi edilizi è stata piano piano depotenziata. Agisce la magistratura, come si è visto recentemente a Castel Volturno con l’abbattimento delle case del clan Belforte. Noi, tramite il rapporto «Abbatti l’abuso», chiediamo conto ai Comuni delle ordinanze di demolizione emesse. E di queste, nelle regioni più colpite dal fenomeno quali Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Lazio, ne sarebbero stato eseguite poco più del 15%».

A DICEMBRE LEGAMBIENTE, a 30 anni dal primo rapporto Ecomafia, ha fatto il punto sulla situazione complessiva dei reati ambientali (dal cemento ai rifiuti), calcolando un reato ogni 18 minuti per un totale di 902.356 illeciti dal 1992 al 2023. Rappresentano un attacco costante e incessante all’ambiente da parte delle ecomafie. Negli anni sono aumentati la consapevolezza e gli interventi delle forze dell’ordine: 727.771 persone denunciate e 224.485 sequestri, il conto totale per i tre decenni. «Oggi chi indaga – aggiunge Fontana – ha efficaci e importanti strumenti, primo fra tutti la legge sugli ecoreati approvata a maggio 2015, ma c’è ancora molto da fare. Per questo è fondamentale che l’Italia recepisca quanto prima la direttiva europea sulla tutela penale dell’ambiente, pubblicata lo scorso maggio. Finora non c’è nemmeno stato dibattito, sebbene sia fondamentale».

TORNANDO AI DATI, EMERGE CHE IL 45,7% del totale nazionale dei reati accertato dalle forze dell’ordine in questi tre decenni si concentra nelle regioni in cui è radicata la presenza di criminalità organizzate. Triste primato per la Campania (seguita da Calabria, Sicilia e Puglia), la regione che domina con un primo posto assoluto sia la classifica nazionale, sia quella delle regioni con più reati nel ciclo illegale del cemento e dei rifiuti. La Lombardia è invece la prima regione del Nord per ecoreati. In questi tre decenni di ricerca e analisi, dal 1995 ad aprile 2024, sono stati censiti 378 clan, appartenenti a tutte le organizzazioni mafiose, con interessi diretti nelle diverse filiere dell’ecomafia. Il fatturato illegale accumulato, secondo le stime di Legambiente, è stato di 259,8 miliardi di euro. I reati nel ciclo illegale del cemento, che ammontano a 215.831, e quelli del ciclo dei rifiuti, 146.480, si confermano in questi tre decenni quelli privilegiati dagli ecomafiosi.

SPECIFICATAMENTE, NEL 2023 – ultimo dato disponibile – si è registrata un’impennata degli illeciti penali nel ciclo dei rifiuti, 9.309, + 66,1% rispetto all’anno precedente. E salgono così al secondo posto tra gli ecoreati (terza, invece, la filiera degli illeciti contro gli animali). A proposito di rifiuti, dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di condanna nei confronti dello Stato italiano per inazione di fronte all’interramento di rifiuti tossici per mano delle mafie nella Terra dei fuochi, il governo è corso ai ripari istituendo – su proposta del Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto – un commissario unico nazionale per la bonifica dell’area tra le province di Napoli e Caserta. Il prescelto è il generale Giuseppe Vadalà.

«BEN VENGA LA NOMINA di un commissario unico, chiediamo però che si lavori con celerità per far partire le bonifiche in questi territori feriti per troppi anni dagli ecomafiosi e dai trafficanti di rifiuti, responsabili di un vero dramma che ha avuto gravi ripercussioni sull’ambiente, sulla salute dei cittadini e sull’economia locale», dicono Acli, Agesci, Arci, Azione cattolica, Legambiente e Libera, che dallo scorso novembre hanno dato il via alla campagna nazionale «Ecogiustizia subito: in nome del popolo inquinato». Lunedì con un flash mob in piazza Plebiscito a Napoli hanno chiesto che per la Terra dei Fuochi «soffi finalmente il vento dell’ecogiustizia».



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