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Pnrr: 4,28 miliardi di euro erogati, il 41,2% al Mezzogiorno – #finsubito prestito immediato

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Nei musei e nei luoghi della cultura procedono a ritmo sostenuto i lavori per la rimozione delle barriere fisiche e cognitive e per il miglioramento dell’efficienza energetica. Questi obiettivi rientrano nel Pnrr del Ministero della Cultura (4,28 miliardi di euro complessivi) inserito nella missione «Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo», e composto di tre misure

• Misura 1 «Patrimonio culturale per la prossima generazione», risorse totali 1,1 miliardi di euro, suddivise fra piattaforme e strategie digitali per l’accesso al patrimonio culturale (500 milioni); rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi (300 milioni); miglioramento dell’efficienza energetica in cinema, teatri e musei (300 milioni);

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• Misura 2 «Rigenerazione di piccoli siti culturali, patrimonio culturale religioso e rurale», 2,72 miliardi totali, suddivisi fra attrattività dei borghi (1,02 miliardi); tutela e valorizzazione di architettura e paesaggio rurale (600 milioni); programmi per valorizzare l’identità dei luoghi: parchi e giardini storici (300 milioni); sicurezza sismica nei luoghi di culto, restauro del patrimonio Fec, Fondo Edifici di Culto e ricoveri per le opere d’arte (800 milioni);

• Misura 3 «Industria Culturale e creativa 4.0», risorse totali 460 milioni di euro, suddivise fra adozione di criteri ambientali minimi per eventi culturali; sviluppo industria cinematografica-Progetto Cinecittà (300 milioni); capacity building per gli operatori della cultura per gestire la transizione digitale e verde (155 milioni).

Sull’abbattimento delle barriere, il 20% degli interventi è già terminato e collaudato. «Il Ministero, dice Luca Dal Poggetto (Barga, Lu, 1988), analista politico di Openpolis, fondazione indipendente (openpolis.it e openprr.it) che promuove progetti per l’accesso alle informazioni pubbliche, la trasparenza e la partecipazione democratica, si è mosso in anticipo ed è riuscito ad attivare con celerità le misure di propria competenza. A monte c’è stato un grande impegno per la selezione dei progetti e per l’assegnazione dei fondi, avvenuta nel 2022-23. Nello specifico, per l’abbattimento delle barriere architettoniche sono in corso 1.074 interventi che esauriscono tutte le risorse disponibili per la Misura 1. La regione che riceve più fondi è il Lazio, con 43,6 milioni, seguito da Campania (32,6) e Sicilia (24,2). Il 41,2% dei fondi è andato al Mezzogiorno, rispettando la clausola che per il Sud prevedeva almeno il 40% delle risorse. Da questo punto di vista, il MiC è tra le istituzioni che hanno rispettato i tempi. Ma, come per tutto il Pnrr, a preoccupare è il dato sulla spesa sostenuta. Dai dati che siamo riusciti a ricavare dall’ultima relazione del Governo, la cifra è di circa 19,4 milioni, il 6,5% del totale dei fondi assegnati. Resta ancora molto da fare».

Allora, a che punto è davvero, in generale, il Pnrr?
Il problema di fondo, che a noi sta particolarmente a cuore, è quello della trasparenza delle informazioni. La piattaforma openpnrr.it (su cui è possibile monitorare, grazie a indicatori elaborati dalla fondazione, scadenze, riforme e investimenti; Ndr), creata come strumento di monitoraggio civico, si basava su un preciso assunto, ossia che le varie istituzioni coinvolte avrebbero pubblicato periodicamente degli «open data», dati pubblici in formato aperto. Per questo esistono degli obblighi di legge, e sia il governo Draghi sia il governo Meloni si erano impegnati a rispettare tali normative. Ci sono stati oggettivamente dei passi avanti, ma non si è ancora ottenuto ciò che noi chiedevamo con forza, e che continuiamo a chiedere: i dati relativi allo stato di avanzamento di ogni singolo progetto. Solo in questo modo il cittadino, ma anche l’operatore delle istituzioni, può avere una visione complessiva, aggregata, di come sta realmente andando il Pnrr. Questo ad oggi non è possibile perché, nonostante le promesse e le rassicurazioni, i dati non sono pubblici. Sono ovviamente in possesso delle pubbliche amministrazioni, tant’è vero che il 22 luglio è stata pubblicata la V relazione del Governo sullo stato di avanzamento del Pnrr. Alcuni elementi ci sono, fatto positivo, ma mancano i dati che consentirebbero di avere informazioni più strutturate. Non è possibile dire, con certezza, a che punto sia il Piano nazionale. Su che cosa ci basiamo allora, per le nostre valutazioni? Innanzitutto su elaborazioni e studi condotti da rappresentanti del mondo accademico, tra cui l’Osservatorio conti pubblici italiani, che ha recentemente segnalato criticità e ritardi.

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Il 2 luglio il Governo ha ottenuto il via libera della Commissione Ue ai fondi della quinta rata (richiesta a fine 2023), e ha inviato richiesta di pagamento della sesta. Ma la Corte dei Conti ha manifestato preoccupazioni sull’andamento del Piano.
Il Governo ha dichiarato che molti enti internazionali si sono complimentati con l’operato dell’Italia. Ma la stessa Commissione Europea, nel Country report relativo a quanto fatto finora, si è raccomandata di accelerare i tempi. È vero che i governi Draghi e Meloni sono riusciti a rispettare tutte le scadenze previste, ma è necessario tenere conto del fatto che, nel 2023, è avvenuta una profonda revisione del Pnrr stesso, che lo ha modificato, di fatto, in maniera radicale. È opportuno, inoltre, osservare come più della metà delle scadenze del Pnrr, allo stato attuale, debbano essere ancora realizzate. Parliamo di 349 fra «milestone» (fasi rilevanti di natura amministrativa e procedurale), e «target» (risultati attesi dagli interventi) che devono ancora essere completati. Molte delle scadenze, nella revisione del Pnrr, sono state posticipate e questo ci pone nella condizione di dover correre perché, nei restanti ultimi due anni, bisogna portare a termine la gran parte del lavoro. Ultimo elemento critico, cui purtroppo la comunicazione del Governo ha volutamente dato poca importanza, è quello relativo alla spesa. Non possedendo dati sullo stato dei singoli progetti, l’informazione sui fondi impiegati è l’unico indicatore che ci consente di avere un’idea di massima sull’avanzamento del Piano. Sinora sono stati spesi circa 50 miliardi sui 194,4 complessivi, di cui, nei primi sei mesi del 2024, solo 8,5. Naturalmente c’è ancora la seconda parte dell’anno perché questa cifra vada ad aumentare, però dalle informazioni che la Corte dei Conti ha pubblicato, si prevedeva una spesa, per il 2024, superiore ai 43 miliardi: un traguardo che sembra lontano. Negli anni successivi, 2025 e 2026, la cifra da spendere è ancora superiore. Oggettivamente, si intravedono delle difficoltà.

Che cosa dice il Governo?
Dice che, sostanzialmente, è tutto nella norma: la maggior parte dei progetti è partita o sta partendo e, di conseguenza, da qui in avanti ci sarà un significativo incremento della spesa. È certamente giusto, però è anche necessario tenere presente che, quando parliamo di grandi opere, di cantieri e tempi tecnici, non è possibile contingentare troppo le tempistiche. Allo stato attuale delle cose, sembra molto difficile riuscire a completare tutti gli interventi entro il 2026. Lo stesso ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti ha detto, in più occasioni, che auspica un superamento di questa scadenza. Al momento è un elemento invalicabile, su cui la Commissione Europea non è disposta a trattare. Vedremo se con il nuovo esecutivo comunitario cambierà qualcosa, ma al momento non appare probabile.



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