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Ruffini lascia l’Agenzia delle Entrate e ribadisce l’importanza di pagare le tasse #finsubito richiedi prestito immediato


Si è dimesso il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini. A renderlo noto il Corriere delle Sera, che ha pubblicato oggi, 13 dicembre, un’intervista in cui spiega le motivazioni che hanno portato alla rinuncia dell’incarico parlando di Costituzione e uguaglianza.

Ruffini era alla guida dell’Amministrazione finanziaria dal 2020, con una riconferma da parte del governo Meloni a gennaio del 2023. In precedenza aveva assunto il controllo della riscossione già dal 2015.

Nel passato più recente ha avuto un ruolo di primo piano in diversi processi che hanno interessato il Fisco: dalla dichiarazione dei redditi precompilata alla fatturazione elettronica, passando per l’erogazione dei contributi a fondo perduto e la lotta all’evasione anche attraverso le nuove tecnologie.

Più volte si è trovato a difendere l’Agenzia delle Entrate da una caratterizzazione negativa e a ribadire che l’Amministrazione finanziaria si limita ad applicare le leggi approvate.

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Chi è Ruffini che ha dato le dimissioni da direttore dell’Agenzia delle Entrate?

Le dimissioni del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, annunciate oggi, chiudono un lungo periodo alla guida dell’Amministrazione finanziaria

L’avvocato tributarista cinquantacinquenne, nato a Palermo, ha avuto ruoli di primo piano dal 2015 nella macchina del Fisco.

È alla guida dell’Agenzia delle Entrate ininterrottamente da gennaio del 2020, con una riconferma del governo Meloni a gennaio 2023, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti. Aveva svolto il ruolo di direttore dell’Agenzia delle Entrate anche tra il 2017 e il 2018.

In precedenza, dal 2015, aveva avuto ruoli di primo piano nella Riscossione, allora Equitalia.

Tra gli obiettivi perseguiti negli anni della sua guida c’è la semplificazione degli adempimenti, tema affrontato anche in un’intervista a margine di un incontro al Festival dell’Economia di Trento nel mese di giugno 2022.

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Tra i traguardi raggiunti nel corso del suo incarico c’è l’erogazione dei contributi a fondo perduto nel periodo di emergenza coronavirus: 8 milioni di pagamenti per complessivi 25 miliardi di euro.

Ruffini ha inoltre avuto un ruolo di primo piano nel processo di estensione della fatturazione elettronica e, più in generale, in quello di digitalizzazione del Fisco. Rivoluzioni digitali che hanno contribuito al calo dell’evasione, il risultato di cui si dice più orgoglioso al termine della sua esperienza all’Agenzia delle Entrate nell’intervista rilasciata a Fiorenza Sarzanini, ma anche una dei territori che ha generato maggiori attriti con il Governo.

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Ruffini lascia l’Agenzia delle Entrate richiamando la centralità del Fisco

Se da un lato l’Esecutivo ha più volte festeggiato i risultati sull’evasione che Ruffini sottolinea, un calo di circa il 30 per cento e un record di recupero che è arrivato a superare i 31 miliardi incassati in un solo anno, dall’altro ha più volte messo in cattiva luce il ruolo e l’operato dell’Agenzia delle Entrate creando un corto circuito.

Il Governo, infatti, è chiamato ad amministrare lo Stato e l’Agenzia delle Entrate è parte dell’Amministrazione, “Ente o organo cui lo Stato demanda il funzionamento e l’efficienza dei pubblici servizi”, per adottare la semplicissima definizione suggerita da Google.

Non a caso a una cornice politica per le sue dimissioni, Ruffini ne contrappone una istituzionale in cui ribadisce l’importanza di contrastare l’evasione e la rilevanza del Fisco.

“Come se combattere l’evasione fosse una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi. Se le cose stanno così, mi sono detto, che senso ha rimanere? Passo la mano, nessun problema.”

Spiega durante l’intervista, e con la giornalista Fiorenza Sarzanini, che gli ricorda le critiche ricevute, rompe il silenzio:

“In effetti non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato. Oppure di sentir dire che l’Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore. Ho taciuto sinora, per senso dello Stato. Attenzione però: se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato; tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l’Agenzia”.

L’avvocato, che si avvia a lasciare la guida dell’Agenzia delle Entrate, descrive un meccanismo autoimmune della politica che diventa Governo, e quindi Stato, che attacca sé stesso. E chiudendo la porta, ribadisce a tutti e a tutte il senso del pagamento delle imposte che ha le sue radici nella Costituzione:

“A volte sembra quasi che contrastare gli evasori sia una colpa e ci si preoccupi più di questo che degli ospedali che chiudono, delle scuole che non hanno fondi o della carenza di servizi perché le risorse sono insufficienti. Lo ripeto, se tutti contribuissimo in ragione della nostra condizione economica, tutti pagheremmo meno (molto meno) e avremmo la concreta possibilità di avere a disposizione servizi migliori”.

 

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