Le politica energetica della Germania potrebbe subire un netto cambio di rotta a seguito delle elezioni del 24 febbraio. Dal nucleare al gas, dalle rinnovabili al carbone, fino alle auto termiche. Quel che certamente avrebbe un forte impatto anche sulle politiche dell’Unione europea. Al momento, sono tuttavia grandi le incertezze.
Se la vittoria di Donald Trump ha cambiato la narrazione e i contenuti delle politiche energetico-climatiche americane – 176 i provvedimenti adottati dall’insediamento del 20 gennaio – le elezioni tedesche potrebbero avere un medesimo impatto epocale su quelle europee.
La sconfitta dell’Spd di Olaf Scholz è certamente dovuta alle politiche economiche che ha adottato, ma non vi è dubbio vi abbiano concorso anche le politiche energetico-ambientali. Lo testimonia l‘arretramento del partito dei Verdi che più le aveva volute nella ‘coalizione semaforo’ che ha perso rispetto alle precedenti elezioni del 2021 ben 19 punti percentuali (-9% l’Spd, -7% i liberali, -3% i Verdi).
L’eredità della coalizione semaforo
Risultato tanto più eclatante considerando l’altissima affluenza alle urne: 84% soglia che non si raggiungeva dal 1990, l’anno successivo alla caduta del muro di Berlino.
Le politiche energetico-climatiche hanno duramente colpito l’economia e l’intera industria tedesca. Innanzitutto per il forte aumento dei costi del gas, cui la Germania si era votata in un rapporto speciale con la Russia (le forniture dalla Gnl dall’Artico russo coprono ancora il 9% dei consumi di gas, +500% sul 2023).
Ma anche per l’aver rinunciato al nucleare, decisione presa dall’allora cancelliera Angela Merkel della Cdu nel 2011, ma la cui chiusura definitiva delle infrastrutture è stata imposta nell’ottobre 2022 e completata nel 2023 dal governo Scholz.
Il combinato disposto di meno gas ma a più caro prezzo e niente nucleare ha comportato il predominio delle discontinue rinnovabili (circa il 63% della generazione elettrica nel 2024), solo in parte attutito dal ritorno del carbone sino al 2023.
In particolare, a pesare sulla competizione elettorale è stata la concomitanza con i periodi di dunkelflaute, ovvero la combinazione di minor solarità e bassa ventosità che ha ridotto l’apporto del solare e dell’eolico, causando picchi di prezzo, che si sono ripercossi anche sui paesi vicini, come la Svezia, causando frizioni e titubanze sull’integrazione dei mercati.
Un discorso a parte merita poi la crisi del settore automotive, incalzata dalla decisione di estromettere la vendita di auto endotermiche a partire dal 2035.
Verso una giravolta completa?
Cosa potrebbe accadere alla politica energetica della Germania dopo le elezioni? Stando ai programmi elettorali contenuti nell’“agenda 2030” Cdu-Csu capeggiata da Friedrich Merz, molto probabilmente nuovo cancelliere, è favorevole ad un ripensamento riguardo
- al ruolo delle centrali nucleari da poco chiuse,
- all’abolizione della contestata ‘legge sulle caldaie’ per il phase-out del gas voluta da Scholz nel 2023 (al contrario, Merz ha annunciato la costruzione di decine di nuove centrali a gas per affrontare la volatilità delle rinnovabili, specialmente dopo i periodi di Dunkelflaute),
- al phase-out del carbone al 2038,
- non ultimo, ai termini dello stop alla vendita di auto endotermiche entro il 2035.
Preferenze non collimanti con quelle del partito socialdemocratico, probabile alleato di Merz in una nuova coalizione, contrario alla ripresa del nucleare, favorevole all’ulteriore espansione di solare ed eolico e alla penetrazione dell’auto elettrica.
Difficile una sintesi di questi divergenti programmi, anche se va rammentato che dei 328 seggi parlamentari su cui può far conto una coalizione tra Cdu-Csu e Spd, ben i due terzi sono ad appannaggio dei primi. Un numero di seggi, comunque, di poco superiore alla maggioranza del totale di 630.
Per quanto improbabile, non può invero escludersi che, anche se estranea alla grande coalizione che si va prospettando, il partito dell’estrema destra, Alternativa per la Germania (AfD), possa sostenere alcuni provvedimenti che si ritrovano anche nel suo programma elettorale: sì al nucleare, no alle rinnovabili, no alle auto elettriche.
Quali ripercussioni sull’Europa?
Il cambiamento delle politiche tedesche dopo le elezioni avrà infine ripercussioni su quelle europee considerano il ruolo, sempre massimamente rilevante, che la Germania ha avuto sinora anche e non solo sul fronte della politica energetica e climatica. Tale influenza è stata negli anni forte al punto che alcuni provvedimenti adottati dal governo e parlamento tedesco venivano semplicemente recepiti da Bruxelles una volta tradotti.
Un approccio di realpolitik industriale che Berlino ha imposto all’Europa più per tornaconto nazionale che comunitario. Si pensi, a titolo di esempio, all’imposizione di Berlino a Bruxelles di adottare misure a sostegno delle rinnovabili anche negli altri paesi europei, per evitare che ne derivassero svantaggi per l’economia tedesca che, tuttavia, sopporta prezzi dell’elettricità tra i più alti in Europa a causa dell’alta tassazione e aiuti a sostegno delle rinnovabili.
Insomma: l’energia è sicuramente una delle cause del cattivo andamento della produzione industriale dell’intera Germania. Il drastico cambio che si prospetta nelle politiche energetiche tedesche potrebbe così, anche in una ritrovata sintonia con quelle francesi, modificare i termini sinora dominanti del Green Deal europeo.
Quel che del resto era stato chiesto dagli elettori europei nelle recenti elezioni.
Alberto Clô è direttore della rivista ENERGIA e del blog RivistaEnergia.it
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