La legittimazione degli azionisti di risparmio della società incorporata a contestare la congruità del rapporto di cambio, in funzione di una tutela risarcitoria, resta anche successivamente all’efficacia della fusione

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La Corte di Cassazione, sezione I, con la sentenza n. 1635 depositata il 23 gennaio 2025, intervenendo in tema di tutela degli azionisti di risparmio, ha statuito il principio secondo cui “La legittimazione degli azionisti di risparmio della società incorporata a contestare la congruità del rapporto di cambio, in funzione di una tutela risarcitoria, resta anche successivamente all’efficacia della fusione. La legittimazione processuale del rappresentante comune degli azionisti di risparmio dell’incorporata non si trasferisce al suo omologo dell’incorporante per effetto dell’efficacia della fusione. Il rappresentante comune degli azionisti di risparmio non è organo sociale bensì corifeo dell’organizzazione di categoria, in posizione tendenzialmente contrapposta nei confronti della società alla luce delle esigenze di tutela degli azionisti “risparmiatori” rispetto agli azionisti “imprenditori”

Per i giudici di legittimità il rappresentante comune degli azionisti di risparmio di una società per azioni non è organo sociale bensì un
“portavoce” dell’organizzazione di categoria, in posizione tendenzialmente contrapposta nei confronti della società.
Prevalgono le esigenze di tutela degli azionisti “risparmiatori” rispetto agli azionisti “imprenditori”

Per gli Ermellini il rappresentante comune degli azionisti, istituito dal legislatore in funzione della tutela degli interessi del gruppo, in un regime di eccezione al principio generale stabilito dall’articolo 81 c.p.c., secondo cui «nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui», permane in vita fintanto che sopravvivano quegli interessi che egli ha l’obbligo di tutelare.

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Va da sé che la società può certo estinguersi per effetto di fusione per incorporazione, sicché vengano a cessare le stesse azioni di risparmio di quella ormai defunta società, ma ciò non estingue gli interessi pregressi, meritevoli di tutela, ergo dei diritti, che il gruppo degli azionisti di risparmio della società poi incorporata, per il mezzo del rappresentante comune, era legittimato a far valere nei confronti della società medesima, in un rapporto dialettico che veda ormai come controparte l’incorporante.

(…) a seguito di una fusione per incorporazione, gli azionisti di risparmio della società incorporata conservano, sino alla statuizione definitiva del giudice, la legittimazione ad instare per il risarcimento del danno per erroneità e inadeguatezza del rapporto di cambio, azione esercitata in persona del loro rappresentante comune, in forza della legittimazione attribuitagli dal combinato disposto degli articoli 147 t.u.f. e 2418 c.c., impugnando la deliberazione di fusione della loro società nella società incorporante.

Il Supremo consesso, a conferma delle sue motivazioni evidenzia che secondo il disposto dell’articolo 2378, comma 2, c.c., per proporre l’azione di annullabilità di una delibera assembleare «il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell’impugnazione del numero di azioni previsto dal terzo comma dell’articolo 2377».

In proposito il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, fatto proprio dalla sentenza di cui chiede la cassazione, vuole, in via generale, che l’azione di annullamento delle delibere assembleari di una società per azioni, disciplinata dall’articolo 2377 c.c., presuppone, quale requisito di legittimazione, la sussistenza della qualità di socio dell’attore anche al momento della decisione della controversia, tranne nel caso in cui il venir meno di tale qualità sia diretta conseguenza della deliberazione la cui legittimità egli contesta (cfr. sul punto, Cass. 17 ottobre 2014, n. 22784; Cass. 25 settembre 2013, n. 21889 e Cass. 7 novembre 2008, n. 26842).”



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