Giudizio abbreviato, intercettazioni utilizzabili anche se la motivazione è secretata

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ln tema di indagini preliminari, la Cassazione (sentenza 7647/2025) ha affermato che la possibilità di secretare singoli atti attribuita al pubblico ministero (dall’art. 329, co. 1, Cpp) a tutela della segretezza dell’attività investigativa in corso di svolgimento, esclude che la formazione di atti probatori in parte secretati ne comporti l’inutilizzabilità in sede di giudizio abbreviato, ferma restando la facoltà dell’imputato di eccepire la compressione del diritto di difesa derivante dalla mancata piena conoscenza degli atti secretati, ove deduca un interesse processuale meritevole di tutela.

La causa riguardava diversi imputati coinvolti in un procedimento per traffico di droga. L’eccezione comune sollevata da tre degli imputati riguardava l’inutilizzabilità e/o nullità delle intercettazioni disposte in altri procedimenti ed utilizzate ex art. 270 Cpp come prove a carico degli imputati. La doglianza, in particolare, verteva sul fatto che i decreti di autorizzazione erano privi di motivazione perché omissata ai sensi dell’art. 329, comma 3, Cpp, ragion per cui le difese degli imputati nel corso del primo grado, svoltosi con il rito abbreviato, non erano state messe in grado di valutare la legittimità dei decreti autorizzativi, divenuti del tutto ostensibili (anche con i motivi in precedenza soggetti ad omissis) solo nel giudizio di appello a seguito della produzione dalla Procura generale presso la Corte di appello di Roma.

In altre parole, le difese hanno lamentato, sotto diversi profili, la compressione del diritto di difesa, quantomeno nel giudizio abbreviato, in relazione alle prove acquisite da altri procedimenti penali che sarebbero state decisive ai fini della sentenza di condanna, a nulla valendo la successiva produzione in appello in quanto tardiva rispetto ai termini per la produzione di atti nel giudizio abbreviato.

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Per la II Sezione penale, correttamente i giudici sia di primo che di secondo grado hanno rigettato le diverse eccezioni richiamando il principio secondo cui: «L’obbligo di deposito, a pena di inutilizzabilità, contestualmente all’avviso di conclusione delle indagini preliminari, degli atti relativi alle intercettazioni telefoniche effettuate nel corso delle indagini a carico dell’imputato trova espresso riconoscimento normativo nell’art. 268, co, 4, 5 e 6, Cpp, incontrando un limite nell’esercizio legittimo del potere di secretazione degli atti attribuito all’organo inquirente dall’art. 329, comma 3, cod. proc. pen., nei casi in cui l’ostensione al difensore dell’indagato dei risultati dell’attività captativa sia idonea a pregiudicare le indagini ancora in corso nei confronti di altri soggetti o dello stesso imputato, ma per altri reati, in relazione ai quali le investigazioni non siano ancora concluse e risultino tuttora soggette all’obbligo del segreto» (n. 22164/2017).

La possibilità di secretare singoli atti, attribuita espressamente all’organo inquirente dall’art. 329, comma 3, cod. proc. pen. a tutela della segretezza delle indagini in corso, argomenta la Cassazione, “esclude in radice che si sia in presenza di prove assunte in violazione di legge, risultando perciò infondata sotto questo profilo l’eccezione di inutilizzabilità del contenuto delle intercettazioni indicate dai ricorrenti, che, senza dubbio, furono autorizzate legittimamente nei diversi procedimenti penali in cui furono disposte”. Del resto, osserva la sentenza, le difese non hanno mai eccepito che si trattasse di intercettazioni illegali, perché non autorizzate o effettuate fuori dai casi previsti dalla legge.

Quanto alla possibile sussistenza di profili di nullità ex art. 178, lett. c), cod. proc. pen., per la Corte “va sottolineato che nel giudizio di appello le difese hanno potuto vagliare integralmente i decreti autorizzativi in precedenza omissati, senza però eccepire in quella sede alcuna violazione delle norme processuali in materia di intercettazioni”. Le deduzioni poste dalle difese, conclude sul punto, sono, perciò, infondate anche in ragione del fatto che la pienezza del diritto di difesa si era, per così dire, “riespanso” nel giudizio di appello. Mentre la riproposizione della questione in sede di ricorso per cassazione non può essere accolta perché i ricorrenti non hanno dedotto un interesse processuale meritevole di tutela.

Se anche i difensori, aggiunge la Corte, avessero potuto accedere, già nel corso del giudizio abbreviato, ai decreti autorizzativi senza gli omissis, non avrebbero potuto sollevare alcuna eccezione relativamente alla legittimità delle intercettazioni, “poiché esse erano state autorizzate nei limiti fissati dal codice di rito ed acquisite nel rispetto dell’art. 270 cod. proc. pen. Non a caso, all’esito della “pur tardiva discovery, nessuna doglianza è stata in proposito formulata”.

Le odierne eccezioni, conclude la Cassazione, risultano, pertanto, sollevate in assenza di un effettivo interesse processuale, “come ricostruito dalla Suprema Corte in termini di concreto interesse volto a rimuovere una situazione di pregressa illegalità processuale”.



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