Sostenere e rilanciare l’industria europea e mantenere l’attenzione sulla decarbonizzazione. Sono queste le basi da cui è partita la Commissione Europea per varare il Clean Industrial Deal. Esso intende rispondere alle sollecitazioni e alle necessità di un’industria europea alle prese con la necessità di competere, pur pagando un conto energetico più salato rispetto alle altre economie egemoni, Cina e USA su tutte. Per fornire un sostegno a breve termine, il Clean Industrial Deal mobiliterà oltre 100 miliardi di euro per la manifattura pulita made in UE. Inoltre, la Commissione proporrà il fondo Industrial Decarbonisation Bank da 100 miliardi di euro, per garantire il finanziamento della transizione dell’industria, alimentato con i proventi delle aste EU ETS.
Le priorità del Clean Industrial Deal
L’UE è consapevole che la transizione pulita dell’economia europea richiederà grandi investimenti. “L’UE deve aumentare gli investimenti annuali in energia, innovazione industriale e scale up e nel sistema dei trasporti di circa 480 miliardi di euro rispetto al decennio precedente”, scrive a chiare lettere nel testo presentato oggi, che vale come tabella di marcia comune per la competitività e la decarbonizzazione.
Il Clean Industrial Deal pone sei priorità:
- garantire energia accessibile (a tale proposito è stato adottato, sempre nella giornata odierna, l’Affordable Energy Action Plan);
- aumentare la domanda di prodotti “puliti”;
- finanziare la transizione pulita;
- promuovere circolarità e garantire l’accesso alle materie prime;
- agire su scala globale;
- garantire l’accesso a una forza lavoro qualificata.
Clean Industrial Deal: strumento per tornare a competere
Il Clean Industrial Deal intende costituire una risposta efficace a un contesto geopolitico che rischia di far passare l’Unione Europea come un attore comprimario in tema di cleantech. Basti ricordare quanto evidenziato dalla IEA nell’Energy Technology Perspectives 2024: seppure la maggior parte della spesa cleantech è concentrata nei paesi e nelle regioni che hanno già stabilito una chiara posizione nel settore (Cina, Unione Europea e Stati Uniti, e sempre più India), la Cina è destinata a rimanere la potenza manifatturiera mondiale per il prossimo futuro. In più, l’avvento di Trump sulla scena mondiale, rischia di mettere ancor più in ombra l’Europa, anche dal punto di vista industriale e tecnologico.
Per questo occorrono strategie adeguate a tutelare il proprio mercato e sostenere l’industria, dall’altro a creare condizioni per competere. Un esempio, a questo proposito, è offerto dal Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), che garantisce che gli sforzi di riduzione delle emissioni dell’industria dell’UE non siano compromessi dalle importazioni ad alta intensità di carbonio di beni prodotti al di fuori dell’UE e incentiva la decarbonizzazione e la tariffazione del carbonio a livello globale. Nel Clean Industrial Deal si fa notare che un numero limitato di importatori è responsabile di oltre il 99% delle emissioni di gas serra incorporate nelle merci importate.
Per questo la Commissione UE propone di semplificare in modo sostanziale il CBAM, riducendo gli oneri amministrativi per le industrie e le loro catene di approvvigionamento e continuando a incentivare la fissazione dei prezzi del carbonio a livello globale. “Si tratta di un primo ma necessario passo per rendere il CBAM più efficace”, si legge nel testo del piano, che riporta anche la volontà della stessa Commissione UE, nella seconda metà del 2025, di presentare una relazione di revisione completa del meccanismo.
La decarbonizzazione come motore della crescita
Il Clean Industrial Deal delinea azioni concrete per trasformare la decarbonizzazione in un motore di crescita per le industrie europee. Ciò include l’abbassamento dei prezzi dell’energia, la creazione di posti di lavoro di qualità e le giuste condizioni perché le aziende possano prosperare.
Il piano presenta misure volte a potenziare ogni fase della produzione, con particolare attenzione a: industrie ad alta intensità energetica e il settore cleantech. Forte è l’accento sulla circolarità, prioritaria.
La stessa Commissione Europea ha voluto ribadire che non intende abdicare alla politica e alle ambizioni poste nel Green Deal. “L’Europa si è posta l’ambizioso obiettivo di diventare un’economia decarbonizzata entro il 2050. Manterrà la rotta sugli obiettivi del Green Deal europeo”, intendendo ridurre le emissioni nette di gas climalteranti del 55% concordata per il 2030 e attraverso un obiettivo intermedio del 90% per il 2040”.
Come già messo in evidenza nel rapporto sulla competitività di Mario Draghi, la decarbonizzazione deve essere trasformata in un motore di crescita per le industrie europee, non in un ostacolo percepito.
Energia accessibile, una priorità essenziale
La competitività è possibile contando su condizioni paritarie. Il prezzo dell’energia pagato dalle aziende europee non è tale. Dopo il crollo delle importazioni di gas a basso costo dalla Russia, in seguito all’invasione dell’Ucraina, le aziende dell’UE si sono trovate costrette a pagare per l’elettricità il doppio rispetto alle rivali USA.
Per questo si deve accelerare l’elettrificazione e la transizione energetica, oltre a rendere reale l’Unione dell’energia che sia benefica per tutti. Da qui l’adozione dell’Action Plan for Affordable Energy, che prevede misure per ridurre le bollette energetiche per industrie e famiglie (47,5 milioni di europei vivono in condizioni di fuel poverty, ricorda ETUC) e che intende concretizzare la maggior parte delle misure già nell’anno in corso. A tale proposito, i piani nazionali per l’energia e clima vengono ricordati come strumenti essenziali per garantire il raggiungimento degli obiettivi dell’UE e per sostenere gli investimenti strategici.
“La riduzione del costo della fornitura di energia elettrica inizia con la piena attuazione delle riforme introdotte nel disegno del mercato elettrico recentemente adottato con la promozione dell’efficienza energetica”. A questo proposito si intende sostenere un rapido aumento dei Power Purchase Agreement (PPA), lanciando oggi stesso un programma pilota per PPA per le imprese, per un importo di circa mezzo miliardo di euro.
Inoltre, la Commissione UE semplificherà le norme sugli aiuti di Stato entro il prossimo giugno per accelerare l’introduzione delle fonti energetiche rinnovabili. A tale proposito saranno valutati anche gli aiuti di Stato relativamente alle tecnologie nucleari. Nel testo si ricorda che la Commissione sosterrà l’accelerazione dello sviluppo e della diffusione degli Small Modular Reactor.
Energia: favorire la transizione, promuovendo anche condizioni eque di mercato del gas
È essenziale ridurre i tempi di autorizzazione per lo sviluppo di progetti di rete, di energy storage e di produzione da fonti rinnovabili. Tuttavia, si ricorda nel Clean Industrial Deal, finora solo sette Stati membri hanno notificato il pieno recepimento delle norme di autorizzazione più snelle della direttiva RED III. Tra di essi non figura l’Italia.
Per le aziende energivore che intendono puntare sull’elettrificazione, la lunghezza delle procedure di rilascio dei permessi è una delle principali preoccupazioni. Per questo motivo la Commissione, nel prossimo Industrial Decarbonisation Accelerator Act proporrà misure concrete “per affrontare le strozzature delle autorizzazioni legate all’accesso industriale all’energia e alla decarbonizzazione industriale”, garantendo tutele ambientali e per la salute.
Allo stesso tempo, il Clean Industrial Deal intende promuovere garanzie di un mercato del gas che funzioni in modo corretto, evitando al contempo distorsioni del mercato legate al rifornimento degli stoccaggi di gas.
Decarbonizzazione: promuovere la carbon capture e l’idrogeno verde e a basse emissioni
Nel Clean Industrial Deal si sottolinea l’importanza di prodotti decarbonizzati, che hanno necessità di contare su un mercato. Per questo si intende creare le condizioni per l’emergere di questa domanda. Inoltre, le nuove misure integrano l’obiettivo di lunga data dell’UE di avviare un mercato per la carbon capture.
Nella direzione di aumentare la domanda di prodotti “puliti” va il sopra citato Industrial Decarbonisation Accelerator Act, che intende lanciare anche un’etichetta volontaria di carbon intensity per i prodotti industriali, a partire dall’acciaio nel 2025, seguito dal cemento. La Commissione UE semplificherà e armonizzerà le metodologie di contabilizzazione del carbonio.
Nel quadro della decarbonizzazione, l’idrogeno è un elemento chiave. Per questo, la stessa Commissione Europea adotterà – entro fine marzo – un atto delegato sull’idrogeno a basse emissioni di carbonio, per chiarire le regole per la produzione di questo tipo di idrogeno, fornendo certezza agli investitori. Sarà poi lanciato un terzo bando per la diffusione dell’idrogeno nell’Unione Europea e altre misure utili per sostenere progetti dedicati.
Materie prime critiche ed economia circolare
Un altro punto evidenziato dal Clean Industrial Deal è la necessità di contare su un adeguato approvvigionamento di materie prime critiche. Si tratta di materie prime di importanza economica strategica, ma caratterizzate da un elevato rischio di perturbazione dell’approvvigionamento a causa della concentrazione delle fonti e della mancanza di sostituti validi e a prezzi accessibili. Giusto per fare un esempio, al 2030 l’Europa avrà bisogno di contare su un quantitativo 18 volte superiore di litio e cinque volte superiore di cobalto rispetto ai livelli attuali per fabbricare batterie per veicoli elettrici e per l’accumulo energetico, ricorda il MIMIT.
A tale proposito, la Commissione “creerà una piattaforma per l’aggregazione della domanda e un meccanismo di matchmaking per le materie prime strategiche”. Successivamente, a complemento della legge sulle materie prime critiche e in linea con le raccomandazioni del rapporto Draghi, istituirà un apposito Centro europeo per le materie prime critiche.
L’economia circolare è un altro elemento forte e che caratterizza l’industria europea, considerata all’avanguardia. Tuttavia, questi sforzi oggi sono ostacolati dall’assenza di scala e di un mercato unico per i rifiuti e delle materie prime seconde oltre che dai materiali riciclabili.
Per questo motivo, si intende varare nel 2026 una legge sull’economia circolare che accelererà la transizione circolare, basandosi sul nostro mercato unico.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link