Bimba sbranata ad Acerra, l’indagato cambia versione sugli orari – Quasimezzogiorno

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Vincenzo Loffredo, il padre della piccola Giulia, sbranata dal pittbull di famiglia la sera dello scorso 15 febbraio (cfr. articolo del 19 scorso), attraverso le parole del suo avvocato Luigi Montano afferma ora di non essere in grado di indicare l’orario in cui si sarebbe svegliato.

L’indagato aveva dichiarato di essersi addormentato intorno alle 22,30 e di essersi risvegliato tra le 23,30 e mezzanotte meno qualche minuto, momento in cui avrebbe trovato la bambina accanto al letto in una pozza di sangue. Ora invece il suo legale di fiducia riferisce che il suo assistito non è in grado di ricordare l’orario preciso in cui si sarebbe svegliato ma che sicuramente si sarebbe precipitato al vicino Pronto Soccorso immediatamente dopo il suo risveglio, una volta accortosi dell’accaduto.

E’ acclarato che alle 24,13 il Loffredo ha chiamato il 118 – e lo avrebbe fatto quando già era sceso di casa – mentre un minuto dopo un testimone dice di averlo visto in strada con la bimba tra le braccia. Il referto indica le ore 24,26 quale orario di accesso alla struttura. Però il Pronto Soccorso dista soltanto 350 metri dall’edificio in cui è avvenuta la tragedia, con un tempo di percorrenza di 5 minuti al massimo, percorsi a passo svelto anche 3. Occorre però dire che il sanitario incaricato della stesura del referto potrebbe anche aver indicato un orario di qualche minuto successivo all’effettivo arrivo del Loffredo, considerando il tempo necessario per la presa in carico della bimba e la possibile imprecisione nella indicazione del minuto esatto.

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Ma più che sul tempo che l’indagato avrebbe impiegato per raggiungere la struttura sanitaria, gli inquirenti stanno cercando di comprendere cosa sia accaduto in quella casa dalle ore precedenti al ritrovamento della bimba fino al momento in cui il Loffredo è stato visto fuori di casa con in braccio la piccola Giulia. Il ritrovamento di hashish nel sangue dell’indagato e la dichiarazione dello stesso di non essersi accorto dell’aggressione da parte del pitbull alla bambina che gli dormiva accanto lasciano aperta anche la possibilità di altri scenari, come per esempio che al momento dell’attacco mortale il Loffredo fosse in un’altra stanza o sul balcone o addirittura non fosse in casa.

Anche per tale ragione si stanno esaminando le telecamere della zona anche negli orari che precedono le 22 oltre che il cellulare dell’indagato. Intanto quest’ultimo non è stato ancora ascoltato dal p.m. incaricato né si prevede che ciò accada in questa fase delle indagini. La procura presumibilmente lo farà soltanto quando si saranno completati tutti gli accertamenti quali i predetti, oltre che gli esiti degli accessi della Polizia Scientifica, in particolare le risultanze degli esami effettuati con il luminol, e l’ascolto dei testimoni, quali la persona che lo avrebbe visto in strada e i sanitari con cui l’indagato ha conferito.

Gli inquirenti stanno anche cercando di fare luce sul momento preciso in cui sarebbero stati apposti i sigilli all’appartamento in cui è avvenuta la tragedia. Infatti l’appartamento è stato ripulito da familiari e parenti della vittima durante le ore notturne, i quali assicurano che al momento del loro accesso non sarebbe stato presente dinanzi alla porta l’avviso di sequestro. Sta di fatto che quando la mattina successiva i RIS si sono recati sul posto hanno trovato l’appartamento completamente ripulito e le lenzuola del letto cambiate. Poi l’altro ieri la Scientifica è nuovamente tornata sul luogo della tragedia per effettuare più precisi rilievi col luminol, trattenendosi per 8 ore all’interno dell’abitazione.

Gli inquirenti hanno anche il sospetto che una prima rapida pulizia dell’appartamento sia potuta avvenire proprio da parte dell’indagato prima che la bimba fosse portata al Pronto Soccorso, mentre, in merito all’accesso dei parenti, mentre da un lato può sorgere il pensiero che lo abbiano fatto per evitare che si scoprissero tracce di una dinamica dell’evento diversa da quella raccontata dall’indagato e altresì immaginabile che familiari e parenti volessero evitare alla giovane madre della bimba la vista di una scena orribile.

Ci si domanda anche perché il padre di Giulia abbia chiamato il 118 solo quando si era già tirato dietro le spalle la porta di casa. Il Loffredo ha dichiarato che lo avrebbe fatto “in quanto temeva che a quell’ora il Pronto Soccorso per i bambini fosse chiuso”. In realtà gli inquirenti sospettano che la ragione risieda nel fatto che l’indagato volesse evitare che gli addetti del 118 vedessero le effettive condizioni nelle quali si trovava la casa. Intanto, dopo l’esito negativo della ricerca di tracce di sangue sul pitbull (anche lui sarebbe stato pulito), si attende l’esito delle analisi sulle deiezioni dell’animale al fine di comprendere se vi siano tracce di dna umano.

Giungono altresì conferme sull’effettivo momento dell’aggressione da parte del pitbull, ovvero almeno un’ora prima dell’arrivo al Pronto Soccorso. Una delle persone presenti al momento dell’arrivo della bimba nella struttura sanitaria ha dichiarato che il sangue della bimba fosse secco, tanto che, nonostante lui lo avesse toccato, non si sarebbe sporcato. Inoltre ha aggiunto che le labbra della piccola fossero già completamente nere.

Quel che purtroppo è certo è che una giovanissima vita è stata spezzata con modalità che fanno accapponare la pelle per la incapacità di difendersi della povera vittima e per il comportamento di un genitore che, a prescindere dai capi di imputazione che gli saranno contestati, ha avuto nella migliore delle ipotesi una condotta profondamente irresponsabile, sia per aver consumato hashish nonostante avesse obblighi di attenta custodia, sia per la falsa dichiarazione resa al Pronto Soccorso, ove aveva dichiarato in un primo momento che la bambina era stata aggredita da un randagio.

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