Fine vita, nelle Marche la legge è in stallo da tre anni mentre la Toscana approva la sua

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Di MARIA SELENE CLEMENTE e RAFFAELE DI GAETANI

URBINO – Mentre la Toscana diventa la prima Regione in Italia ad approvare una legge sul fine vita, la proposta di legge presentata quasi tre anni fa nelle Marche non è stata ancora discussa. Ad oggi l’iter è fermo: il testo della proposta deve passare il vaglio della commissione Sanità per poi arrivare in Consiglio regionale per l’approvazione. Ma una data della discussione non c’è, né è stata definita dall’incontro di oggi in commissione, durante il quale i consiglieri si sono presi altri 15 giorni di tempo. La Regione, insomma, temporeggia in attesa di capire “come si comporterà la Regione Toscana nell’attuazione della legge approvata sul fine vita” dice al Ducato Giorgio Cancellieri (Lega) membro della Commissione.

In politica posizioni trasversali

Maurizio Mangialardi (Pd), relatore della proposta, già nel febbraio 2024 confidava che entro marzo dello stesso anno venisse decisa una data che, alla fine, non è mai stata fissata. Il rischio è che la situazione possa ripetersi anche ora. “Non accetto altri ritardi”, spiega Mangialardi al Ducato e aggiunge: “Ho chiesto la calendarizzazione della legge, così se arriva in Consiglio e la bocciano qualcuno se ne dovrà prendere la responsabilità”.

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Cancellieri (Lega) concorda con Mangialardi sulla necessità che le Marche procedano con una legge sul suicidio assistito ma chiarisce: “Sarebbe più giusto che se ne occupi il Parlamento. È ora che questo Paese abbia una legge ben definita. Allo Stato manca il coraggio politico: c’è un grosso retaggio ideologico, una forte resistenza cattolica e i partiti hanno paura di perdere consensi”. Su una possibile legge nelle Marche conclude: “Le Regioni fanno però bene ad andare avanti perché sono un pungolo nei confronti del governo, che deve fare assolutamente una legge uguale per tutti”.

Il testo di legge approvato in Toscana

Il 12 febbraio dunque, la Toscana ha adottato una legge che disciplina, nei tempi e nei modi, il suicidio assistito. Potranno fare richiesta solo i residenti della Regione, scongiurando quindi l’eventuale “turismo della morte”. In linea con quanto già stabilito dalla sentenza 242/2019, potranno accedere alla pratica le persone affette da patologie irreversibili, con conseguenti sofferenze fisiche e psichiche ritenute intollerabili e coloro che sono tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale, ma comunque capaci di prendere decisioni ed esprimere la propria volontà in modo libero, autonomo e univoco. Il testo prevede che venga istituita una commissione composta da un medico palliativista, un neurologo e un anestesista oltre a uno psichiatra, uno psicologo e un infermiere. Sarà questo organo che dovrà valutare o meno l’ammissibilità della richiesta di suicidio assistito. Ogni domanda dovrà ottenere una risposta entro venti giorni. In caso di parere positivo, entro una settimana dovrà avvenire l’auto somministrazione del farmaco. Il paziente potrà annullare la propria decisione, o rimandarla, in qualsiasi momento.

C’è chi ha dovuto aspettare

Con la legge toscana, i suoi cittadini potranno quindi accedere al suicidio assistito in meno di un mese. Questa normativa però arriva dopo un percorso in cui molte persone hanno dovuto aspettare anche anni. Un esempio è Fabio Ridolfi, cittadino 46enne di Fermignano, immobilizzato a letto per 18 anni da una tetraparesi. La lunga attesa lo ha spinto a scegliere l’interruzione delle terapie con sedazione profonda, rispetto a quello che avrebbe voluto, ovvero il suicidio medicalmente assistito. Suo fratello Andrea ha commentato il caso della Toscana: “Il fatto che le Regioni comincino ad avvicinarsi a garantire questa libertà è una bella cosa. Però siamo in Italia, e il processo sarà lento, ma l’importante è che questo non si fermi. Quello che non capiscono è che le persone non vogliono ammazzarsi ma avere la libertà di poter scegliere della propria vita”.

Di Andrea e Fabio, il membro della commissione Sanità Cancellieri era allenatore di calcio, oltre che medico di famiglia. “È stata proprio l’esperienza della malattia di Fabio, vissuta da amico e da medico, a farmi capire l’importanza di avere una legge che regolamenti il fine vita. All’interno della sua famiglia ho visto tutto il dramma di questa vicenda devastante”.

Sulla situazione delle persone affette da queste malattie Andrea Ridolfi aggiunge: “Una cosa che i politici devono capire è che un giorno in quello stato di sofferenza non è un giorno normale, non è come stare al bar o davanti alla tv. È una giornata ben più pesante, per molti insostenibile”.





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