Rovigo: sciatore, poi negoziante, politico, nemico dell’ipermercato, socio di un amico, operaio nel colosso di Bezos, infine sindacalista, Benito «Alberto» Borella ricomincia a 60 anni. «Apro una mia cantina accanto al duomo»
Si chiama Benito (non a caso), lo chiamano Alberto, è il delegato Cgil, il sindacato «rosso», nel maxi stabilimento Amazon di Castelguglilemo e il 2 gennaio apre Cantina Duomo, una «salumeria alcolica», addossata all’ingresso della cattedrale Rodigina, di fronte all’ex liceo classico Celio.
Comincia così l’ottava vita (una più dei gatti), di Benito Borella, detto Alberto. Un personaggio capace di andare a sbattere ai cento all’ora, di rialzarsi (illeso o a pezzi) ma di ripartite comunque con un’idea completamente nuova. Come ci fosse un pulsante, alla base di una molla, dentro di lui, più lo comprimi, più riesplode fuori ma con un nuovo travestimento. Non è Carnevale e non è uno scherzo. Borella è il più piccolo di tre fratelli (due maschi e una femmina), è figlio di un commerciante all’ingrosso (non certo di sinistra) che in vita ebbe fortuna con gli affari.
Prima vita
Il piccolo Benito è uno sciatore, si lanciava giù dalle piste dolomitiche quando ancora gli scarponi si legavano con i lacci (ha sessant’anni). Giù, come una bomba, ben prima di Alberto Tomba. Faceva gare, qualcuna vinta. Se perde il controllo si fa male, qualche anno fa si è rotto entrambe le spalle. Lo prende come il consiglio di appendere gli sci al chiodo? Macché, l’anno dopo è alla base della seggiovia prima che apra, dopo quattro ore di guida. Sci no stop fino chiusura impianti. Zero pause.
Seconda vita
Di lavoro ha fatto il commerciante, quasi sempre. Articoli da regalo, diversi negozi in città e fuori. Il centro di Rovigo però, con il proliferare dei centri commerciali, è sempre più i crisi. Serve mettersi insieme, creare eventi, diventare brand di sé stessi. Con questa idea Borella diventa il referente di un Consorzio di commercianti del centro, in quel periodo vende per la Thun, il suo negozio è un monomarca in via Cavour, sotto i portici.
Terza vita
Nel 2015 si candida in una lista civica che sosteneva la ricandidatura di Paolo Avezzù, che fu sindaco per il centrodestra dal 2001 al 2006, arrivano terzi al primo turno, al secondo si alleano con il candidato della Lega, vincono le elezioni e Borella diventa consigliere di maggioranza. Ma la luna di miele con l’alleanza dura poco.
Quarta vita
Il commerciante furioso diventa Don Chisciotte contro il capo del centro commerciale più grosso della città (che nel frattempo gli aveva soffiato il marchio Thun), chiede commissioni d’inchiesta. È scatenato. Una maggioranza assai meno battagliera prende le distanze, lui trova altri compagni di strada in una battaglia che però ha un esercito di nemici, pochi ufficiali, come la punta di un iceberg, tanti sommersi.
Quinta vita
Borella senza Thun apre un altro negozio, poi lo chiude definitivamente, diventa il fac totum di un’altra attività, il titolare è un amico. Anzi, era. Niente contratto e la coppia scoppia dopo un paio d’anni. Il fidanzamento non arriva al matrimonio. Si sente tradito. È spiazzato.
Sesta vita
Senza lavoro in un territorio arido di opportunità come il Polesine vede un’unica strada: Amazon. Da commerciante che non bada a spese (cene, viaggi, motociclette) a fare e disfare scatole e pacchetti, si getta da un dirupo? Nient’affatto. Diventa una piovra, a dispetto dell’età, tant’è che è tra i pochi che vengono immediatamente assunti a tempo indeterminato dal colosso americano. Ma tra pacchi, robot e nuovi colleghi (perlopiù immigrati), vede anche qualcosa che non va, e non tace.
Settima vita
Lo nota infatti il sindacato, quello più a sinistra di tutti. Lui accetta la sfida e diventa il referente. Qualcuno è a disagio? Lui no, la Cgil ancor meno. E via che si va, minacce di scioperi generali, rivendicazioni, marocchini, rumeni e italiani, tutti dietro Alberto (Benito), «la bomba» sindacale.
Ottava vita
Nel frattempo cova il sogno, l’ultimo (per ora), quello di tornare imprenditore, questa volta dietro al bancone. Un calvario il cantiere, i lavori, la data d’apertura che viene continuamente rimandata. Ma cosa ci fanno quelle falci e quei martelli appesi alla trave di legno del locale? «Ricordati che sono un sindacalista Cgil». E ride. Ci siamo, apre Cantina Duomo.
Stay tuned, non finisce qui.
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