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Camminando insieme: sperare e agire col creato e con i fratelli – questo il tema scelto per la 110a giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si è svolta a Sassari nel pomeriggio di sabato 21 settembre.
L’appuntamento, promosso dall’Arcidiocesi di Sassari, in collaborazione con Fondazione Accademia – Casa di Popoli, Culture e Religioni, ha registrato la presenza di partecipanti all’evento provenienti da Iran, Afghanistan, Pakistan, Algeria, Marocco, Nigeria, Gambia, Tunisia, Senegal, Eritrea, Nepal, Bangladesh e Niger.
Il corteo, partito dai Giardini pubblici di Corso Margherita di Savoia, ha attraversato le vie del centro storico della Città con tappe al Duomo, a Palazzo Ducale e in Piazza Tola, per poi giungere nei locali della Parrocchia di San Francesco d’Assisi.
Questo il commento del sindaco di Sassari, Giuseppe Mascia:
«Grazie a Monsignor Saba, perché l’occasione ci dà l’opportunità di dire alcune cose che riguardano la nostra città, che riguardano voi, credenti e laici. Questi sono messaggi e significati che riguardano tutti. La missione che ha la nostra diocesi incontra la missione della nostra amministrazione, per rendere questa città un luogo di accoglienza. Noi intendiamo lavorare in questa direzione. Il significato che noi diamo a questa missione è quello di lavorare per una città che sappia accogliere, che sappia dare, che sappia offrire per chi è nella città, ma anche per chi semplicemente ci passa. Perché la vita è fatta anche di questo, di persone che passano nei luoghi. Noi abbiamo la responsabilità innanzitutto verso le persone».
Di seguito pubblichiamo il messaggio dell’arcivescovo Gian Franco:
«Cari fratelli e sorelle, amici tutti, vi raggiungo con il presente messaggio per salutarvi in occasione della Giornata per la Cura del Creato e contemporaneamente la 110a Giornata del Migrante e del Rifugiato. L’iniziativa di rendere unita questa giornata non è casuale, dal momento che la Terra è in primo luogo un dono di Dio e nostra casa comune; dentro questa casa, ci rendiamo conto di essere tutti residenti e ospiti, quindi, compresi coloro che vivono la particolare situazione di migranti dalla loro terra di origine; ciascuno di voi porta con sé la ricchezza della propria umanità e della propria cultura.
Accogliere è un atto di amore e di responsabilità, non un semplice atto pratico, ma un modo di pensare e di vivere che ci impegna a riconoscere l’altro come fratello, parte della stessa famiglia umana. L’accoglienza quindi ci apre all’incontro, momento fondamentale per costruire una cultura della pace e dell’inclusione. In questo senso il migrante ci interpella e ci sprona ad aprirci a nuove relazioni, allargare i nostri confini, arricchire la nostra comunità e promuovere una leadership tesa a prendersi cura di tutti in modo inclusivo (Educare al pensiero ospitale, 69).
Prendersi cura della casa comune, nel concreto significa prendersi cura di tutti coloro che la abitano, in particolare della creatura umana fatta ad immagine di Dio. Lo stesso insegnamento di Gesù: “Lo avete fatto a me” (Mt 25, 40), invita ogni credente a riconoscere nel prossimo, nel povero, nell’emarginato, nel migrante, nel rifugiato, la sua stessa immagine. E così la cura della persona si traduce come partecipazione nella storia all’opera di Dio, che mai lascia l’uomo da solo e lo accompagna nei sentieri del tempo (Educare al pensiero ospitale, 68).
Con l’auspicio che questa giornata ispiri sempre più a camminare insieme, come custodi della nostra casa comune e soprattutto come fratelli e sorelle, nella consapevolezza che ogni incontro della nostra vita, ci mette di fronte a un fratello e una sorella da amare e che siamo chiamati a custodire. I segni presenti nel nostro tempo richiedono a tutti la fatica dell’incontro, della conoscenza e della promozione della persona umana. Le culture, le religioni, le tradizioni dei popoli passano attraverso il vissuto concreto di ciascuno».
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