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Il bonus “Natale” da 100 euro sarà pagato a 1,1 milioni di dipendenti. Ieri il governo ha depositato in Senato, dove è in discussione il decreto “omnibus”, l’emendamento per versare insieme alle tredicesime la somma aggiuntiva prevista per i lavoratori con figli a carico e redditi bassi.
Il testo messo a punto dal vice ministro dell’Economia, Maurizio Leo, prevede che il bonus sia erogato ai lavoratori con un reddito massimo di 28 mila euro e con coniuge ed almeno un figlio legalmente a carico.
La somma, chiarisce ancora il testo, sarà esentasse. Non concorrerà, cioè, alla formazione del reddito complessivo del lavoratore dipendente.
L’emendamento conferma anche che il bonus dovrà essere richiesto dal lavoratore, che dovrà attestare di trovarsi nelle condizioni per riceverlo. La relazione tecnica chiarisce che il costo dell’operazione è di poco superiore ai 100 milioni di euro e coinvolgerà 1,1 milioni di dipendenti.
LE COPERTURE
Per quanto riguarda le coperture, 34 milioni saranno presi dai fondi per l’assegno unico dei figli. La parte restante dei soldi arriverà da alcuni fondi che hanno ancora capienza, come quello per gli interventi strutturali di politica economica. Ma sull’emendamento le opposizioni sono salite sulle barricate. Nel corso della seduta delle commissioni Bilancio e Finanze del Senato, che avrebbe dovuto iniziare il voto sugli emendamenti, hanno chiesto chiarimenti sulla misura e i presidenti hanno accettato, stabilendo che questa mattina il viceministro dell’Economia Maurizio Leo dovrà recarsi in Senato alle 10 per illustrare alle commissioni l’emendamento.
LE REAZIONI
Per il Pd è un regalo solo per «le coppie coniugate» e taglia fuori genitori single, non coniugati, o le coppie di fatto. «Esclude oltre 3 milioni di famiglie», dice il senatore del Pd Daniele Manca. Ma fonti del ministero dell’Economia negano che le coppie di fatto non accedano al beneficio: basta avere un figlio fiscalmente a carico. Nel mirino delle opposizioni c’è anche il nodo del ravvedimento speciale previsto per chi aderisce al concordato preventivo biennale delle partite Iva. Sull’emendamento, già criticato dalle opposizioni come un ‘condono’, è arrivata in mattinata una modifica, che riduce di un anno (al 2018-2022) il periodo della sanatoria.
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