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L’8 maggio 2024 è stata pubblicata sulla gazzetta europea la nuova normativa europea, la direttiva (UE) 2024/1275 che aggiorna la normativa energetica edilizia. Il testo, entrato in vigore il 28 maggio 2024, dà agli Stati membri due anni di tempo per recepirne i contenuti. Ma, come vedremo, ci sono alcune misure dovranno essere applicate già nei prossimi mesi.
La nuova EPBD IV (Energy Performance of Building Directive) cosiddetta “Direttiva Case Green”, promuove il miglioramento della prestazione energetica degli edifici e la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra provenienti dagli edifici all’interno dell’Unione per conseguire un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050. Tenendo presente che gli edifici sono responsabili del 40% del consumo finale di energia nell’Unione e del 36% delle emissioni di gas a effetto serra, e che il 75% degli edifici dell’Unione è vecchio ed inefficiente sul piano energetico, intervenire sulle abitazioni è quanto mai cruciale per la lotta ai cambiamenti climatici.
La direttiva favorisce gli interventi più urgenti e sensibili, dalle famiglie vulnerabili e povere, ai condomini di periferia e case popolari. Richiede che tutte le nuove costruzioni siano edifici a zero emissioni a partire dal 1° gennaio 2030 (due anni prima per le proprietà pubbliche). Via gli incentivi agli impianti alimentati a combustibili fossili, come le diffusissime caldaie a gas, a favore di impianti di riscaldamento e raffrescamento ad energie rinnovabili come le pompe di calore elettriche.
La versione approvata, con il voto contrario del governo italiano e di quello ungherese, è molto più “soft” rispetto a quella originaria. In attesa che il nostro Paese ne recepisca i contenuti, vediamo gli aspetti salienti di questa direttiva.
Le novità della direttiva EPBD “Case Green”
La nuova direttiva energetica dell’Unione Europea, aggiorna la precedente Direttiva UE 2018/844 (EPBD III), con l’obiettivo di perseguire gli obiettivi climatici dal Green Deal. L’obiettivo è raddoppiare il tasso annuo di ristrutturazioni energetiche degli edifici, il che comporterà la ristrutturazione di 35 milioni di unità immobiliari entro il 2030, con al primo posto i condomini e le fasce meno abbienti della popolazione che non sono in grado di sostenere il costo degli interventi edilizi necessari all’efficientamento energetico.
In linea con il principio «l’efficienza energetica al primo posto», la direttiva ha rinnovato e posto attenzione ai seguenti temi:
- una metodologia per il calcolo della prestazione energetica;
- l’applicazione di requisiti minimi di prestazione energetica agli edifici di nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazioni importanti, agli elementi che fanno parte dell’involucro edilizio (infissi, pareti esterne, solai e copertura) ed ai sistemi tecnici per l’edilizia;
- il calcolo del potenziale di riscaldamento globale nel corso del ciclo di vita degli edifici o GWP;
- le energie rinnovabili;
- i passaporti di ristrutturazione;
- i piani nazionali di ristrutturazione degli edifici;
- le infrastrutture di mobilità sostenibile all’interno e in prossimità degli edifici;
- gli edifici intelligenti (smart building);
- l’ispezione periodica degli impianti di riscaldamento, ventilazione, condizionamento d’aria;
- le prestazioni relative alla qualità degli ambienti interni degli edifici.
Una grossa novità è l’introduzione delle emissioni relative al ciclo di vita dell’edificio. Il potenziale di riscaldamento globale (global warming potential o GWP) nel corso del ciclo di vita dell’edificio misura il contributo complessivo dell’edificio alle emissioni che determinano i cambiamenti climatici. Combina le emissioni di gas a effetto serra incorporate nei materiali da costruzione con le emissioni dirette e indirette rilasciate nella fase d’uso.
Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici
Per conseguire un parco immobiliare altamente efficiente sotto il profilo energetico e decarbonizzato e la trasformazione degli edifici esistenti in edifici a zero emissioni entro il 2050, la direttiva Case Green invita gli Stati membri ad istituire piani nazionali di ristrutturazione degli edifici, come strumento di pianificazione potente e pienamente operativo.
Ogni Paese stabilisce un piano nazionale di ristrutturazione degli edifici per garantire la ristrutturazione del parco nazionale di edifici residenziali e non residenziali, sia pubblici che privati, allo scopo di trasformare gli edifici esistenti in edifici a emissioni zero.
La proposta va trasmessa ogni cinque anni alla Commissione Europea che può rivolgere raccomandazioni specifiche per paese agli Stati membri entro sei mesi dalla trasmissione. La prima proposta di piano di ristrutturazione degli edifici va trasmessa entro il 31 dicembre 2025 o, in deroga entro il 31 dicembre 2026.
Passaporto di ristrutturazione
La direttiva europea esorta gli Stati membri a introdurre un sistema per i passaporti di ristrutturazione entro il 29 maggio 2026, basato sullo schema dell’allegato VIII. Ma, salvo che un Paese non decida di renderlo obbligatorio, proprietari di edifici e unità immobiliari possono decidere volontariamente se adottarlo o meno. Spetterà quindi all’Italia la decisione sulla sua eventuale obbligatorietà.
Il passaporto di ristrutturazione, che è rilasciato in un formato digitale idoneo alla stampa da un esperto qualificato o certificato, a seguito di un sopralluogo, comprende le seguenti informazioni:
- l’attuale prestazione energetica dell’edificio;
- i requisiti minimi di prestazione energetica per gli edifici, le norme e le regole minime di prestazione energetica nello Stato membro sull’eliminazione graduale dei combustibili fossili utilizzati negli edifici per il riscaldamento e il raffrescamento, comprese le date di applicazione;
- le fasi della ristrutturazione profonda prevista con una rappresentazione grafica e tabella di marcia, una spiegazione succinta della sequenza ottimale delle fasi e informazioni su ciascuna tappa, tra cui:
- il nome e la descrizione delle misure di ristrutturazione per la fase in questione, comprese le tecnologie, tecniche e materiali da utilizzare;
- il risparmio nel consumo di energia primaria e finale, espresso in kWh e in miglioramento percentuale;
- la riduzione stimata delle emissioni operative di gas a effetto serra;
- i risparmi stimati sulla bolletta;
- la classe di prestazione energetica ottenibile al completamento della fase in questione;
- il potenziale collegamento a un sistema di teleriscaldamento e teleraffrescamento;
- la quota di produzione individuale o collettiva e di autoconsumo di energia rinnovabile stimata da conseguire a seguito della ristrutturazione;
- le opzioni disponibili per migliorare la circolarità dei prodotti da costruzione e ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra nel corso del ciclo di vita;
- i finanziamenti disponibili e relativi link alle pagine web che ne indicano le fonti;
- la consulenza tecnica e sui servizi, relativi contatti e i link alle pagine web degli sportelli unici.
Gli Stati membri valutano la possibilità di fornire sostegno finanziario alle famiglie vulnerabili che desiderano ristrutturare. Possono inoltre consentire che sia redatto e rilasciato contestualmente all’attestato di prestazione energetica o APE e caricato nella banca dati nazionale della prestazione energetica dell’edilizia.
Calcolo della prestazione energetica degli edifici
La metodologia di calcolo della prestazione energetica degli edifici – adottata a livello nazionale o regionale – deve essere in conformità all’Allegato I della presente direttiva, che va ad aggiungere molti aspetti finora trascurati. Il calcolo della prestazione energetica di un edificio ora comprende altri fattori che svolgono un ruolo di crescente importanza, come l’effetto «isola di calore urbano», il tipo di impianto di riscaldamento e condizionamento, l’impiego di energia da fonti rinnovabili, i sistemi di automazione e controllo dell’edificio, il recupero del calore dall’aria esausta o dalle acque reflue, le soluzioni intelligenti, gli elementi passivi di riscaldamento e raffrescamento, i sistemi di ombreggiamento, la qualità dell’ambiente interno, un’adeguata illuminazione naturale e le caratteristiche architettoniche dell’edificio.
La metodologia di calcolo deve tener conto, oltre al sistema edificio-impianto, ovvero alle caratteristiche termiche dell’edificio (capacità termica, isolamento, riscaldamento passivo, elementi di raffrescamento, ponti termici), e alle componenti impiantistiche (impianto di riscaldamento e di produzione di acqua calda per uso domestico, impianti di condizionamento, ventilazione naturale e meccanica, impianto di illuminazione), anche dei seguenti aspetti:
- capacità di produzione e stoccaggio di energia rinnovabile;
- progettazione, posizione e orientamento dell’edificio, compreso il clima esterno;
- sistemi solari passivi e sistemi di protezione solare (schermature);
- domotica, sistemi di automazione e controllo per monitorare, controllare e ottimizzare la prestazione energetica degli edifici.
Oltretutto, si dà molto risalto alla progettazione dell’edificio secondo i principi dell’architettura bioclimatica e alle energie rinnovabili. Occorre infatti considerare l’influenza positiva dei seguenti aspetti:
- esposizione al sole, illuminazione naturale, sistemi solari attivi e altri impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili;
- sistemi di cogenerazione dell’elettricità;
- sistemi di teleriscaldamento e teleraffrescamento urbano o collettivo;
- sistemi di stoccaggio dell’energia elettrica e termica;
Ai fini del calcolo della prestazione energetica degli edifici, dovrebbero essere classificati adeguatamente secondo le rispettive destinazioni d’uso degli immobili. Il risultato del calcolo della prestazione energetica, viene espresso in forma grafica nell’Attestato di Prestazione Energetica o APE, anche questo investito da importanti novità.
Attestato di prestazione energetica o APE
La direttiva Case Green, obbliga gli Stati membri ad aggiornare l’attestato di prestazione energetica per renderlo conforme al modello di cui all’allegato V. C’è tempo fino al 29 maggio 2026. Vediamo cosa cambia e le novità più rilevanti.
Anzitutto, cambiano le classi di prestazione energetica, che in Italia, attualmente vanno dalla A4 alla G. Via le classi A1, A2, A3, A4: rimarranno solo le classi dalla A – che corrisponde agli edifici a emissioni zero – alla G – per gli edifici con le prestazioni peggiori del parco immobiliare nazionale. Gli Stati membri hanno però la possibilità di definire un’ulteriore classe, la A + per quegli edifici la cui soglia massima per il consumo energetico è inferiore di almeno il 20% rispetto agli edifici ad emissioni zero e che generano più energia rinnovabile di quanto necessaria al suo funzionamento. Anziché la classe A, per identificare gli edifici a emissioni zero, esiste la possibilità di usare la classe A0, se è stata così decisa dallo Stato membro entro il 29 maggio 2026.
N.B.: Gli Stati membri che hanno ridefinito le loro classi di prestazione energetica tra il 1° gennaio 2019 e il 28 maggio 2024, possono posticipare la ridefinizione delle loro classi di prestazione energetica fino al 31 dicembre 2029.
La prima pagina dell’APE, oltre a fornire la classe di prestazione energetica, deve riportare almeno:
- consumo annuo di energia primaria;
- consumo energetico finale annuo;
- energia rinnovabile prodotta in loco in % del consumo energetico;
- emissioni operative di gas a effetto serra e valore del GWP del ciclo di vita.
Oltre ai tanti parametri e indicatori suggeriti dalla direttiva (UE) 2024/1275, i nuovi obblighi includono:
- indicazione che precisi se l’edificio ha la capacità di reagire a segnali esterni e di adeguare il consumo di energia (sì/no);
- indicazione che precisi se il sistema di distribuzione del calore all’interno dell’edificio è capace di funzionare a temperature basse o più efficienti, se del caso (sì/no);
- informazioni di contatto del pertinente sportello unico per consulenza in materia di ristrutturazione.
La validità dell’APE rimane dieci anni al massimo. Gli Stati membri provvedono affinché, qualora per un edificio sia stato rilasciato un attestato di prestazione energetica al di sotto del livello C, il proprietario dell’edificio sia invitato a contattare uno sportello unico per ricevere consulenza in materia di ristrutturazione, alla prima fra le date seguenti:
- immediatamente dopo la scadenza dell’attestato di prestazione energetica dell’edificio; ovvero
- cinque anni dopo il rilascio dell’attestato di prestazione energetica.
Se vengono migliorati solo singoli elementi mediante misure singole o autonome, gli Stati membri mettono a disposizione procedure semplificate per aggiornare l’attestato di prestazione energetica. Se sono predisposte misure indicate nel passaporto di ristrutturazione o nei casi in cui sia utilizzato un gemello digitale dell’edificio, altri metodi certificati o i dati di strumenti certificati che determinano la prestazione energetica dell’edificio, gli Stati membri mettono a disposizione procedure semplificate per aggiornare l’attestato di prestazione energetica.
Grande attenzione viene posta alle raccomandazioni per il miglioramento della prestazione energetica ora comprensive anche della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e il miglioramento della qualità degli ambienti interni dell’edificio. Possono inoltre fornire una stima dei tempi di ritorno o del rapporto costi-benefici rispetto al ciclo di vita economico, informazioni sugli incentivi finanziari disponibili, e altro. Grande novità introdotta dalla direttiva è la possibilità di omettere le raccomandazioni, qualora l’immobile raggiunga già almeno la classe A e nel caso lo Stato abbia previsto che, contestualmente all’attestato di prestazione energetica, sia redatto il passaporto di ristrutturazione. In questo caso, il passaporto sostituisce le raccomandazioni.
La banca dati energetica edilizia
L’art.22 della direttiva prevede che lo Stato membro predisponga una banca dati nazionale della prestazione energetica dell’edilizia dove caricare tutti gli APE, per raccogliere dati sulla prestazione energetica dell’intero parco immobiliare nazionale, informazioni che saranno poi trasferite all’Osservatorio del parco immobiliare dell’UE. La banca dati energetica si auspica sia interoperabile e integrata con altre banche dati amministrative contenenti informazioni sugli edifici, quali ad esempio, in Italia, il SIAPE o catasto energetico di ENEA, può essere integrato con il catasto dei fabbricati, il catasto degli impianti, il registro immobiliare nazionale e il registro digitale degli edifici.
La banca dati permette di raccogliere da tutte le fonti pertinenti dati relativi ad attestati di prestazione energetica, ispezioni, passaporto di ristrutturazione, indicatore della predisposizione all’intelligenza e dati relativi all’energia calcolata o misurata degli edifici contemplati. Per alimentare la banca dati, possono anche essere raccolti dati relativi alle tipologie di edificio e sulle emissioni operative e incorporate e sul GWP nel corso del ciclo di vita.
I dati aggregati e anonimizzati del parco immobiliare sono messi a disposizione del pubblico nel rispetto delle norme dell’Unione e nazionali sulla protezione dei dati. Gli Stati membri assicurano l’accesso agevole e gratuito all’attestato di prestazione energetica completo per proprietari, locatari e gestori degli immobili e istituti finanziari per quanto riguarda gli edifici compresi nel loro portafoglio di investimenti e di prestiti, nonché, previa autorizzazione del proprietario, anche per esperti indipendenti.
Potenziale di riscaldamento globale (GWP): le emissioni del ciclo di vita
Come abbiamo visto, una grande novità, ai fini del calcolo della prestazione energetica inserita sull’APE è la considerazione delle emissioni di gas a effetto serra. Il potenziale di riscaldamento globale (global warming potential — GWP) nel corso del ciclo di vita dell’edificio – secondo i principi dell’economia circolare “cradle to cradle” – misura il contributo complessivo dell’edificio alle emissioni che determinano i cambiamenti climatici. Combina le emissioni di gas a effetto serra incorporate nei materiali da costruzione (il legno rappresenta in questo senso una virtuosità, non solo è un materiale rinnovabile, ma incorpora al suo interno una gran quantità di CO2) con le emissioni dirette e indirette rilasciate nella fase d’uso.
Nella logica di decarbonizzazione del patrimonio edilizio europeo al 2050, è opportuno tener conto delle emissioni degli edifici nell’intero arco della loro vita utile. Agli edifici sono infatti imputabili, non solo le emissioni operative della fase d’uso, ma anche emissioni di gas a effetto serra prima e dopo la loro vita utile. Le variabili nella progettazione e la scelta dei materiali hanno un impatto considerevole. In tale ottica, gli strumenti di progettazione BIM, che permettono il controllo dell’intero processo costruttivo, possono essere un valido supporto.
Per gli edifici di nuova costruzione, il GWP nel corso del ciclo di vita deve essere calcolato conformemente all’allegato III e reso noto nell’attestato di prestazione energetica dell’edificio:
- dal 1° gennaio 2028, per gli edifici con superficie coperta utile superiore a 1.000 mq;
- dal 1° gennaio 2030, per tutti gli edifici di nuova costruzione.
A norma dell’art. 7, paragrafo 2, il GWP totale è comunicato per ciascuna fase del ciclo di vita espresso in kgCO2eq/(m2) (di superficie coperta utile), calcolato per un periodo di riferimento di 50 anni. La selezione dei dati, la definizione degli scenari e i calcoli sono effettuati conformemente alla norma EN 15978 e tenendo conto di eventuali norme successive. Se disponibili, devono essere utilizzati i dati relativi a prodotti da costruzione specifici, calcolati conformemente al regolamento CPR (UE) 305/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio.
Per gli edifici esistenti ristrutturati per rientrare in classe A+, gli Stati membri garantiscono che il GWP nel corso del ciclo di vita sia stimato e reso noto nell’attestato di prestazione energetica dell’edificio.
Entro il 1° gennaio 2027 gli Stati membri pubblicano e notificano alla Commissione una tabella di marcia che specifica l’introduzione di valori limite del GWP totale cumulativo nel corso del ciclo di vita di tutti gli edifici di nuova costruzione e fissano obiettivi a partire dal 2030, tenendo conto di una progressiva tendenza al ribasso, e valori limite massimi, dettagliati per zone climatiche e tipologie di edifici differenti.
Edifici a emissioni zero (ZEB)
Prosegue la grande opera di rinnovamento a vocazione ecologica del patrimonio edilizio europeo. Dopo aver introdotto l’obbligo per i nuovi edifici di essere nZEB (con la Direttiva 2010/31/UE) dal 2021, la nuova direttiva Case Green all’art. 11, obbliga gli edifici di nuova costruzione ad essere a zero emissioni (o ZEB, Zero Energy Building), a partire:
- dal 1 gennaio 2028, per gli edifici di proprietà di enti pubblici (PA);
- dal 1 gennaio 2030, tutti gli edifici di nuova costruzione.
Un edificio a emissioni zero non genera emissioni in loco di carbonio da combustibili fossili. Inoltre, laddove economicamente e tecnicamente fattibile, offre la capacità di reagire ai segnali esterni e di adattare il proprio consumo, generazione o stoccaggio di energia.
La soglia massima per la domanda di energia di un edificio a zero emissioni viene stabilita a livello nazionale, in modo da raggiungere i livelli ottimali in funzione dei costi di cui all’art. 6, ma in ogni caso, deve essere sempre inferiore di almeno il 10 % alla soglia relativa al consumo totale di energia primaria stabilita per gli edifici a energia quasi zero o NZEB.
Gli Stati membri provvedono affinché il consumo totale annuo di energia primaria di un edificio a emissioni zero, nuovo o ristrutturato, sia coperto da:
- energia da fonti rinnovabili generata in loco che soddisfa i criteri di cui all’art. 7 della direttiva (UE) 2018/2001;
- energia da fonti rinnovabili fornita da una comunità di energia rinnovabile ai sensi della direttiva (UE) 2018/2001;
- energia proveniente da un sistema efficiente di teleriscaldamento e teleraffrescamento a norma dell’art. 26, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2023/1791;
- energia da fonti prive di carbonio.
Laddove non sia tecnicamente o economicamente fattibile soddisfare i requisiti anzidetti, il consumo totale annuo di energia primaria può essere coperto anche da altra energia della rete conforme ai criteri stabiliti a livello nazionale.
Sistemi di automazione e controllo, domotica e smart home
La direttiva (UE) 2024/1275, al fine di ottimizzare il consumo energetico dei sistemi tecnici per l’edilizia, prevede che gli apparecchi che gestiscono il riscaldamento o il raffrescamento di ambienti (climatizzazione), la ventilazione, la produzione di acqua calda per uso domestico, l’illuminazione integrata, l’automazione e il controllo, la produzione di energia rinnovabile e lo stoccaggio di energia in loco, siano gestiti in maniera intelligente dalla domotica.
Gli Stati membri impongono che i nuovi edifici, laddove tecnicamente ed economicamente fattibile, siano dotati di sistemi di termoregolazione in ogni vano o, quando giustificato, in una determinata zona riscaldata o raffreddata dell’unità immobiliare. L’installazione di tali dispositivi autoregolanti è richiesta al momento della sostituzione dei generatori di calore o di freddo, se fattibile.
Gli edifici non residenziali a emissioni zero devono essere dotati di dispositivi di misurazione e controllo per il monitoraggio e la regolazione della qualità dell’aria interna. Negli edifici esistenti l’installazione di tali dispositivi è obbligatoria quando l’edificio non residenziale è sottoposto a una ristrutturazione importante, laddove tecnicamente ed economicamente fattibile. Gli Stati membri possono imporre l’installazione di tali dispositivi negli edifici residenziali.
Gli Stati membri stabiliscono requisiti affinché, laddove tecnicamente ed economicamente fattibile, gli edifici non residenziali siano dotati di sistemi di automazione e controllo, degli impianti di riscaldamento e raffrescamento oppure gli impianti combinati di riscaldamento e ventilazione o di condizionamento e ventilazione, a seconda della potenza nominale utile:
- se superiore a 290 kW entro il 31 dicembre 2024;
- se superiore a 70 kW, entro il 31 dicembre 2029.
Diverse sono le scadenze per gli edifici non residenziali. A seconda della potenza nominale utile devono essere dotati di controlli automatici dell’illuminazione per gli impianti suddetti:
- > 290 kW, entro il 31 dicembre 2027;
- > 70 kW, entro il 31 dicembre 2029.
La Commissione valuta la predisposizione degli edifici all’intelligenza – sulla base dei risultati disponibili delle fasi di prova nazionali e di altri progetti pertinenti – e, entro il 30 giugno 2026, presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione basata sull’esame della capacità dell’edificio di adattare il proprio funzionamento alle esigenze dell’occupante, in particolare per quanto concerne la qualità degli ambienti interni, nonché di migliorare l’efficienza energetica e la prestazione complessiva. E nel giro di un anno, entro il 30 giugno 2027, andrà ad integrare la presente direttiva con un sistema comune facoltativo a livello europeo per valutare la predisposizione degli edifici all’intelligenza.
Ispezione degli impianti e rapporti
Gli Stati membri adottano le misure necessarie per stabilire ispezioni periodiche delle parti accessibili degli impianti di riscaldamento, ventilazione e condizionamento d’aria, compresa un qualsiasi loro combinazione, con una potenza nominale utile superiore a 70 kW.
Gli Stati membri possono istituire regimi distinti per le ispezioni dei sistemi residenziali e non residenziali. L’ispezione include una valutazione dell’efficienza e del dimensionamento del generatore o dei generatori di calore e di freddo e dei loro componenti principali rispetto al fabbisogno dell’edificio e tiene conto della capacità dell’impianto di ottimizzare le prestazioni in condizioni di esercizio tipiche o medie, utilizzando le tecnologie di risparmio energetico disponibili. L’ispezione può valutare il funzionamento a temperature diverse e più efficienti, ad esempio a bassa temperatura per gli impianti di riscaldamento ad acqua (tipo pannelli radianti) e la fattibilità della riduzione nell’uso dei combustibili fossili, ad esempio mediante l’integrazione dell’energia rinnovabile o la modifica della fonte energetica.
Dopo ogni ispezione di un impianto di riscaldamento, ventilazione o condizionamento d’aria è elaborato un rapporto di ispezione. Il rapporto di ispezione contiene il risultato dell’ispezione effettuata in conformità dell’articolo 23 e comprende raccomandazioni atte a migliorare il rendimento energetico dell’impianto ispezionato in modo economicamente conveniente. Il rapporto di ispezione indica eventuali problemi di sicurezza rilevati durante l’ispezione.
La certificazione della prestazione energetica degli edifici, la creazione dei passaporti di ristrutturazione e la valutazione della predisposizione all’intelligenza, l’ispezione degli impianti di riscaldamento, degli impianti di ventilazione e degli impianti di condizionamento d’aria devono essere effettuate in maniera indipendente da esperti qualificati o certificati operanti in qualità di lavoratori autonomi o come dipendenti di enti pubblici o di imprese private.
Infrastrutture per la mobilità sostenibile
Per quanto riguarda gli edifici non residenziali di nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazioni importanti, con più di cinque posti auto, gli Stati membri provvedono:
- all’installazione di almeno un punto di ricarica ogni cinque posti auto;
- all’installazione del pre-cablaggio per almeno il 50 % dei posti auto e delle canalizzazioni, segnatamente condotti per cavi elettrici, per i posti auto rimanenti, per consentire un futuro ampliamento dei punti di ricarica per veicoli elettrici;
- a posti bici che rappresentino almeno il 15 % della media o il 10 % della capacità totale di utenza degli edifici non residenziali.
Queste misure si applicano qualora il parcheggio sia interno o adiacente all’edificio e, nel caso di ristrutturazioni importanti, gli interventi comprendano il parcheggio o le infrastrutture elettriche dell’edificio o del parcheggio. Per gli uffici, sia nuovi che sottoposti a ristrutturazioni importanti, con più di cinque posti auto, almeno un punto di ricarica ogni due posti auto.
Per tutti gli edifici non residenziali con più di 20 posti auto, entro il 1° gennaio 2027 gli Stati membri provvedono, all’installazione di almeno un punto di ricarica ogni 10 posti auto. Gli Stati membri posticipano l’attuazione di questo requisito fino al 1° gennaio 2029 per tutti gli edifici non residenziali che sono stati ristrutturati nei due anni precedenti al 28 maggio 2024 al fine di soddisfare i requisiti nazionali stabiliti conformemente all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2010/31/UE
Per gli edifici occupati da enti pubblici o di pubblica proprietà, entro il 1° gennaio 2033 gli Stati membri provvedono all’installazione del pre-cablaggio per almeno il 50 % dei posti auto.
Per quanto riguarda gli edifici residenziali di nuova costruzione o sottoposti a ristrutturazioni importanti, con più di tre posti auto, gli Stati membri provvedono all’installazione di almeno un punto di ricarica e:
- all’installazione del pre-cablaggio per almeno il 50 % dei posti auto e delle canalizzazioni, segnatamente condotti per cavi elettrici, per i posti auto rimanenti, per consentire in una fase successiva di installare punti di ricarica per veicoli elettrici, cicli con pedalata assistita elettricamente e altri veicoli della categoria L; e
- all’installazione di almeno due posti bici per unità immobiliare
Per quanto riguarda gli edifici residenziali, gli Stati membri prendono in considerazione la possibilità di introdurre di regimi di sostegno per l’installazione dei punti di ricarica, del pre-cablaggio o delle canalizzazioni dei posti auto in linea con il numero di veicoli leggeri elettrici a batteria immatricolati nel loro territorio.
Incentivi finanziari e misure di sostegno
Gli Stati membri predispongono finanziamenti, misure di sostegno e altri strumenti consoni al fine di realizzare gli investimenti necessari individuati nei rispettivi piani nazionali di ristrutturazione degli edifici per trasformare il loro parco immobiliare in edifici a emissioni zero entro il 2050.
Gli incentivi finanziari sono destinati in via prioritaria alle famiglie vulnerabili, alle persone in condizioni di povertà energetica e alle persone che vivono in alloggi di edilizia popolare, in conformità dell’articolo 24 della direttiva (UE) 2023/1791 sull’efficienza energetica.
Dal 1 gennaio 2025, l’installazione di caldaie a gas o alimentate a combustibili fossili, ad eccezione di quelle già acquistate, non godranno più di incentivi fiscali, fatti salvo gli impianti di riscaldamento ibridi con una quota considerevole di energie rinnovabili, come la combinazione di una caldaia con un impianto solare termico e pompa di calore. Va promosso lo stoccaggio delle energie rinnovabili negli edifici e anche prevedendo nuovi incentivi e finanziamenti per incoraggiare il passaggio da sistemi di riscaldamento e raffrescamento basati sui combustibili fossili a sistemi fossil-free.
Gli Stati membri incentivano con maggior sostegno finanziario, fiscale, amministrativo e tecnico la ristrutturazione profonda. Qualora non sia tecnicamente o economicamente fattibile trasformare un edificio in un edificio a zero emissioni o ZEB, è considerata una ristrutturazione profonda anche quella che porti ad una riduzione di almeno il 60% del consumo di energia primaria. Gli interventi su larga scala, come programmi di ristrutturazione a livello di quartiere che si traducono in una riduzione complessiva di almeno il 30% del consumo di energia primaria devono prevedere gli incentivi maggiori.
Energia: lo stato dell’arte in Europa e Italia
L’11 settembre la Commissione europea ha pubblicato la relazione sullo stato dell’Unione dell’energia 2024, che descrive il modo in cui l’UE ha gestito sfide senza precedenti nel panorama della politica energetica durante il suo mandato, dotandosi di un quadro normativo per perseguire la transizione verso l’energia pulita. La relazione è pubblicata ogni anno per fare il punto sui progressi compiuti dall’UE verso il conseguimento degli obiettivi dell’Unione dell’energia.
Sono stati compiuti progressi significativi in materia di energie rinnovabili. L’energia eolica ha superato il gas per diventare la seconda fonte di energia elettrica dell’UE dopo il nucleare e, nel primo semestre del 2024, le energie rinnovabili hanno generato il 50% dell’energia elettrica nell’UE. Sono necessari ulteriori miglioramenti, non da ultimo per quanto riguarda l’elettrificazione generale degli impianti di riscaldamento e il tasso di ristrutturazione degli edifici.
Tuttavia, si evidenzia che in Italia “nel 2023 il 4,1% della popolazione ha avuto difficoltà a pagare le bollette e il 9,5% non poteva mantenere la casa calda durante l’inverno”. La Commissione fa dunque un monito all’Italia che deve “aumentare il tasso e l’intensità della ristrutturazione degli edifici, in particolare quelli con le prestazioni peggiori”. E, senza un intervento statale con aiuti economici alle famiglie in difficoltà, è impossibile.
Per sostenere l’efficientamento energetico degli edifici, ricorda il report, l’Italia ha a disposizione i seguenti fondi:
- 21,3 miliardi di euro dal PNRR italiano
- 7,8 miliardi dal Piano nazionale sociale per il clima (PN
Poi si può attingere al Fondo Sociale per il Clima che vale 86,7 miliardi (verrà istituito nel 2026). Esistono poi i Fondi Sociali di Coesione 2021-2027 che valgono 330 miliardi, tra cui c’è il Fondo per la Transizione Giusta che vale 43 miliardi.
Senz’altro cruciali, per riqualificare il patrimonio edilizio in particolare le periferie delle grandi città e le abitazioni delle persone meno abbienti, sono gli incentivi fiscali promossi dallo Stato, come i vari bonus edilizi esistenti (Ecobonus, Bonus mobili ed elettrodomestici, Bonus ristrutturazioni, Bonus facciate, Sismabonus…) e magari crearne di nuovi sull’esempio del Superbonus, pensati ad hoc per le persone che non possono permetterselo. Nessuno dev’essere lasciato indietro: solo così può realizzarsi la diffusa attuazione della riqualificazione energetica nazionale, e quindi dell’Unione.
Quanto costerà applicare la normativa “case green”?
Secondo uno studio a cura dell’Osservatorio Energy&Strategy del Politecnico di Milano, per raggiungere l’obiettivo di riduzione della dispersione termica del 16% o efficientamento energetico, serviranno 100 miliardi di euro da qui al 2030, circa 20 miliardi all’anno per 5 anni.
L’Italia non ha ancora recepito la nuova EPBD, ma considerando i target per edifici residenziali riguardanti la riduzione del 16% dei consumi di energia primaria al 2030 rispetto al 2020, è stato possibile stimare l’ammontare della riduzione complessiva di energia primaria per l’Italia: 6,32 Mtep, di cui il 55% dovrà riguardare i consumi di energia primaria provenienti da edifici nelle peggiori condizioni (per l’Italia è la classe G). La riduzione dei consumi di energia primaria da edifici in condizioni peggiori dovrà coinvolgere almeno il 43% del parco edilizio degli edifici più vecchi e meno efficienti, circa 5 milioni di edifici (stando ai dati Istat, in Italia si contano circa 12 milioni di edifici residenziali).
Quale dovrebbe essere l’investimento necessario per raggiungere l’obiettivo? I ricercatori, dopo aver realizzato un modello ad hoc, sono giunti alla conclusione che, per intervenire sul 43% degli edifici meno efficienti di classe G nel nostro Paese sono necessari tra i 93 ed i 103 miliardi di €.
Scenari Immobiliari – istituto indipendente di studi e ricerche – calcola che l’impatto finanziario sulle famiglie, in base alle specifiche caratteristiche degli immobili, sarà tra 20.000 e 55.000 euro. Secondo il Codacons, gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici comportano un costo medio compreso tra i 35mila e i 60mila euro per un’abitazione di 100 mq: il cappotto termico, ad esempio, ha un costo medio compreso oggi tra i 180 e i 400 euro al metro quadrato, mentre per gli infissi la spesa varia in media da 10 a 15mila euro.
Il futuro dell’efficienza energetica
Lo studio del Politecnico esplora anche le tendenze future sull’efficienza energetica, attraverso l’indice Odyssee-Mure, calcolato tramite la media di 3 sotto-indicatori (livello attuale, trend, policies) che variano tra un minimo di 0 e un massimo di 1. Ebbene, l’Italia si colloca al 22° posto tra i 27 Paesi della UE. risultato deriva dal basso punteggio (22° posizione) del trend storico (Trend) e del quadro normativo in vigore (Policies) in cui il Paese è classificato solo come 18°.
“Cosa succederà però ora che il superbonus è definitivamente uscito di scena e – complice la “sbornia” di incentivi dell’ultimo triennio – anche le altre forme di supporto (ecobonus e bonus casa) sono stati oggetto di ridimensionamento?” Si chiede il rapporto.
Preoccupa la riduzione dei bonus edilizi: il progressivo esaurirsi del Superbonus, il cui ammontare si è attestato intorno a circa 100 Mld di € di investimenti relativi all’efficienza energetica nel triennio 2021-2023, unito alla conclusione dell’Ecobonus, prevista per la fine del 2024 salvo proroghe, e del Bonus Casa che tornerà al 36% su un massimale di 48.000 euro. Considerando l’importanza che i bonus edilizi hanno avuto nel movimentare l’efficientamento del parco edilizio italiano nell’ultimo triennio, si auspicano quindi incentivi stabili che supportino il raggiungimento dei target di sostenibilità nel settore edilizio.
Nella prospettiva dell’economia a zero emissioni al 2050 inseguita dall’Europa, infatti, per liberarsi dai combustibili fossili, oltre all’auto elettrica e alle ricerche sulla batteria ricaricabile per la transizione energetica per ridurre l’uso dei materiali critici, alle energie rinnovabili, la riqualificazione energetica del parco edilizio sarà una tappa fondamentale.
Purtroppo, nonostante l’emanazione della nuova direttiva Case Green, l’Europa recente va nella direzione opposta ai principi di sostenibilità indicati da sé stessa e contenuti all’interno del Green Deal. Il Green Deal non è più la priorità europea, infatti, come ha dichiarato la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, bensì la “sicurezza, spinto dalla guerra della Russia in Ucraina, e quello della competitività hanno avuto un impatto più incisivo sulla progettazione degli orientamenti politici”. Come emerge dalla puntata di PresaDiretta “Casa verde quanto ci costi?”, l’opposizione alle politiche green trova un largo consenso nella popolazione europea, a cui le destre nazionali si stanno aggrappando per raccogliere voti (il fragoroso trionfo dell’estrema destra alle ultime elezioni in Germania, AfD, sembra sia dovuta in particolare alla loro opposizione alla transizione energetica).
Il pieno sostegno, d’economia e d’armi, all’Ucraina nella guerra contro la Russia, sta deteriorando anche le risorse a disposizione della transizione energetica, dirottandole sull’industria delle armi. La spesa militare dell’Europa è in continuo aumento: nel 2023 è arrivata a sfiorare i 590 miliardi di euro, +16% rispetto all’anno precedente, un record assoluto certificato dall’Istituto internazionale per la ricerca sulla pace con sede a Stoccolma (Stockholm International Peace Research Institute – ISPRI). Solo in Italia nel 2023 sono stati spesi oltre 35 miliardi di dollari per l’industria delle armi, equivalenti ad una cifra pro capite di circa 600 euro a cittadino.
C’è clima di guerra nel Vecchio Continente, un tuffo nel passato lungo quarant’anni fino all’epoca della Guerra Fredda. Non possiamo che sperare nel risveglio della memoria storica, quei tragici eventi che hanno segnato il Novecento europeo possano far trionfare la diplomazia e la pace. E che si possa tornare a parlare con rinnovato vigore di ambiente e umanità.
Per approfondire:
- Birgisdotti & Rasmussen, Introduction to LCA of Buildings, 2016
- Commissione Europea, Report sullo stato dell’Unione dell’energia, 2024
- Parlamento Europeo, DIRETTIVA (UE) 2024/1275, 24 aprile 2024
- Politecnico di Milano, Energy Efficiency Report 2024
- Presa Diretta, Casa verde quanto ci costi?, settembre 2024
- Scenari Immobiliari, Rigenerazione urbana e transizione energetica, 2023
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