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ALTOPASCIO. Non era un evasore fuggito in Svizzera per non pagare le tasse in Italia come sosteneva l’Agenzia delle Entrate nella richiesta di migliaia di euro di imposte arretrate per cinque annualità.
Lui, chef de rang e maître in alberghi a 5 stelle svizzeri, ha replicato che era in regola con il fisco elvetico, l’unico a cui doveva versare le tasse, visto che ci viveva stabilmente da anni.
Destinatario di avvisi di accertamento per Irpef non pagata in Italia dal 2016 al 2020, il 39enne professionista della ristorazione ha impugnato gli atti vincendo il contenzioso tributario.
Assistito dagli avvocati Federico Marrucci e Maurizio Naseddu, si è difeso, carte alle mano, dimostrando che nulla doveva al fisco italiano che è stato condannato dalla corte di giustizia tributaria di primo grado a pagare 4. 500 euro di spese legali.
Tra le questioni dirimenti quella della differenza tra residenza formale e domicilio sostanziale.
Il 39enne era residente ad Altopascio, ma la sua vita lavorativa era a Ginevra almeno dal 2010 e fino al 2022, il periodo della tassazione oggetto del contenzioso. Il professionista ha fornito le prove di essere stato fiscalmente residente in Svizzera.
L’attestazione elvetica del 7 novembre 2022 certifica che è considerato come residente a tali effetti e, a questo titolo, è assoggettato all’imposta cantonale, comunale e federale in maniera illimitata dal 7 maggio 2010 al 7 novembre 2022.
«Tale elemento, non contestato dall’Agenzia resistente, risulta invero decisivo» si legge nella sentenza in cui viene sottolineato che il 39enne ha provato non solo la piena operatività «di un criterio formale e sostanziale di residenza perfettamente opponibile a quello (solo) formale con riguardo al lavoro svolto, ma anche la presenza, sempre in Svizzera, di un’abitazione permanente e del centro dei propri interessi vitali come da ampia documentazione prodotta».
La tesi dell’Agenzia delle Entrate sulla residenza dello chef de rang ad Altopascio con relativo obbligo di pagare le tasse in Italia viene respinta dai giudici tributari non solo con la dimostrazione del cittadino di aver versato il dovuto in Svizzera, ma anche con l’ininfluenza dei due conti correnti aperti in Italia così come la nuda proprietà di alcuni immobili (non l’usufrutto) .
«Non appaiono argomenti di particolare rilevanza indiziaria nei termini dedotti dalla resistente (Agenzia delle Entrate, ndr) in presenza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato in Svizzera, dell’attestato di residenza fiscale rilasciato dallo stesso Paese e dalle plurime dichiarazioni dei redditi allegate con riguardo a una pluralità consecutiva di anni».
Il 39enne non è un evasore e chi lo sosteneva è stato condannato a pagare 4.500 euro di spese di lite.l
Pietro Barghigiani
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